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di Simona Lorenzetti

Corriere di Torino, 2 luglio 2022

Il fenomeno fotografato da una ricerca dell’università di Torino e del Piemonte Orientale condotta da 957 studenti. Due ragazzi su tre non sanno che esiste una legge a difenderli, i genitori non si accorgono del problema, i giovani influencer non sono abbastanza protetti dagli odiatori. Gli atti di bullismo e cyberbullismo sono ripresi dopo il rallentamento registrato durante la pandemia. Il bullismo si è manifestato come prese in giro e insulti secondo la percezione del 24,3% di chi ne è stato vittima.

Due ragazzi su tre non sanno che esiste una legge a difenderli, i genitori non si accorgono del problema, i giovani influencer non sono abbastanza protetti dagli odiatori. Gli atti di bullismo e cyberbullismo sono ripresi dopo il rallentamento registrato durante la pandemia. Appena tornati a scuola nel primo quadrimestre dell’anno scolastico 2020/21, il bullismo si è manifestato come prese in giro e insulti secondo la percezione del 24,3% di chi ne è stato vittima, il 31,1% dei “testimoni” e il 40,5% degli insegnanti. Ma anche come diffusione di informazione false nel 16,6% dei casi, contatti “da chi voleva approfittarsi” per il 14,7% delle vittime, inviti a challenge online.

I dati sono emersi da una ricerca dell’università di Torino e del Piemonte Orientale presentata ieri durante il convegno “Bullismo e cyberbullismo: impatto su salute, socialità e legalità” organizzato dal Consiglio regionale a Palazzo Lascaris. Secondo i dati della ricerca, condotta su un campione di 957 studenti, 297 docenti e 108 Ata in 48 scuole piemontesi, due terzi dei ragazzi intervistati non conoscono la legge 71 del 2017 che riconosce a partire dai 14 anni la possibilità di richiedere ai gestori dei social un’istanza di rimozione dei contenuti diffusi in rete.

Gli ultimi dati dell’ires, illustrati al convegno, segnalano che in Piemonte le condizioni di benessere psicologico sono peggiorate con indici che passano dal 68,5 nel 2019 al 66,8 nel 2021. Più che nel resto d’italia. Le vittime di bullismo possono soffrire di disturbi d’ansia e dell’umore, ideazione suicidaria, autolesionismo.

Violenze che arrivano sempre più spesso nelle aule di Giustizia. “Il fenomeno non viene riconosciuto: quando il caso finisce sulle scrivanie di magistrati e avvocati, tutti cadono dalle nuvole”, ha fatto notare Claudio Strata, intervenuto a nome dell’ordine degli avvocati. “Finché non facciamo leggere le chat, i genitori non ci credono. E poi c’è chi scoppia a piangere, soprattutto le mamme”.

I casi aumentano anche tra i giovanissimi influencer, che da un giorno all’altro si ritrovano con milioni di follower sui social. Odiatori compresi. “Il diritto li equipara a personaggi pubblici come politici o “celebrities”, ma le politiche dei social dovrebbero proteggerli di più da reati come la diffamazione”, ha sostenuto Riccardo Lanzo, consigliere regionale e avvocato di Khabi Lame, 22enne di Chivasso, da poco incoronato il più seguito al mondo su Tik Tok.