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di Errico Novi

Il Dubbio, 21 giugno 2023

Il capo della Lega: “È solo l’inizio, poi toccherà alle carriere dei giudici”. Il meloniano Maschio conferma. Da Palazzo Chigi l’ordine è “tutti col ministro”. Adesso Giorgia Meloni ci crede. La riforma della Giustizia è in campo e non vuole disperderla. Carlo Nordio è dunque meno solo. Ha dalla propria parte il partito della premier, che l’ha candidato e che affida a una batteria di parlamentari dichiarazioni rassicuranti per il guardasigilli.

Il quale sente il sostegno, stavolta chiaro, della Lega, la quale parla, con Matteo Salvini, di riforma che è solo “all’inizio”, e intanto elogia Nordio per aver riportato, con l’addio all’abuso d’ufficio, “un po’ di serenità nei Tribunali e nelle famiglie”, soprattutto di chi, come i sindaci, vive “col terrore della firma”. È scontato il sostegno di Forza Italia, che schiera le prime linee parlamentari sulla giustizia, Tommaso Calderone e Pierantonio Zanettin. E come se non bastasse, da Giuseppe Santalucia, il presidente Anm divenuto pietra dello scandalo, arriva, nella serata di lunedì, un messaggio più distensivo: nessuna “interferenza”, assicura, e sull’abuso d’ufficio dice di confidare che “attraverso il confronto la riforma possa essere migliorata”.

Dopo mesi di sospetto isolamento, di colpi bassi ipotizzati persino tra i collaboratori di Nordio, di aria di sfiducia o almeno di freddezza tra Palazzo Chigi e via Arenula, il ministro della Giustizia sembra ora finalmente blindato. Pronto a difendere nelle Camere il proprio ddl (quasi certamente si parte dal Senato dove a momenti la riforma, ottenuta la bollinatura del Mef, dovrebbe essere depositata). Nordio anzi già prepara ulteriori provvedimenti, per esempio sulle intercettazioni, unico tema sul quale si registri una pur circoscritta puntualizzazione dalla maggioranza, l’alert della salviniana Giulia Bongiorno, che dichiara al Corriere della Sera: “La Lega è rigorosa: mai, mai ridurremo uno strumento indispensabile per la lotta alla criminalità”, e ci si dimentichi di cancellarlo “per qualche reato”.

Ma è un avviso che non arriva a trasmettere un senso di minaccia. Intanto perché la stessa Bongiorno difende per il resto la riforma di Nordio, e spiega pure perché il suo partito ha dato l’ok all’abrogazione tout court dell’abuso d’ufficio: “Il terrore della firma è una certezza”, mentre il “vuoto di tutela” (reclamato anche da giuristi immuni da sospetti di politicizzazione, come Gian Luigi Gatta) è, per la leghista, solo “un’ipotesi”. E poi c’è “la seconda parte della riforma”, in cui “si potranno rimodulare gli altri reati” contro la Pa.

Il tutto incorniciato dall’endorsement totale di Salvini alla linea del guardasigilli. In un quadro simile, si spiega il fair play che stavolta proprio Nordio esibisce, quando dice che ha cambiato idea su molte cose “ma mai sul pensiero liberale”, e che “la frase ‘ non ho le tue idee ma lotterò perché tu le possa sostenere’ è il vangelo per noi liberali, soprattutto in questi giorni di polemiche”. Toni da tregua armata, quanto meno, persino con l’Anm. La strada, per il ministro, per Meloni e l’intero centrodestra è facilitata non solo da giudizi come quelli espressi sul Dubbio da Sabino Cassese (“le toghe travalicano la separazione dei poteri”) e sul Foglio da Luciano Violante, che parla di “proteste smisurate dell’Anm”.

Pesa anche l’insistente campagna pro Nordio dei sindaci dem. Basti pensare al barese Andrea Decaro, presidente dell’Anci, il quale saluta “con sincera gioia” l’assoluzione definitiva di Uggetti e lo definisce “il simbolo del trattamento ingiusto che troppo spesso subiscono gli amministratori quando un’inchiesta irrompe nella loro vita, macchia la loro immagine, spezza le loro carriere”. Fino al messaggio, chiarissimo, per Elly Schlein: “Bisognerebbe tener presente anche storie come questa, nei giorni in cui si dibatte in maniera accesa del rapporto fra amministratori e giustizia”. Inutile dire che il governatore campano Enzo De Luca continua ad attaccare a testa bassa i vertici del suo (ex?) partito per le critiche al ddl Nordio. La segretaria del Pd prova a non annaspare fra le contraddizioni, quando ieri alla Camera giochicchia con le frasi del guardasigilli sulla giungla delle norme fiscali e dice che “legittimano l’evasione”.

Da FdI le repliche sono, come detto, polifoniche. Sulla svista di Schlein, per dire, interviene non un big, ma un uomo- macchina come Lino Ricchiuti, numero due del dipartimento Imprese di via della Scrofa: “La sinistra è capace di travisare le seguenti parole di Nordio: “Se l’imprenditore onesto decidesse di assoldare un esercito di commercialisti dicendo loro io pago fino all’ultimo centesimo di imposte e pago voi e voi mi dovete far dormire sonni tranquilli, non ci riuscirebbe, perché comunque qualche violazione verrebbe trovata’“. Parole”, dice l’esponente di FdI, “limpide, che tuttavia la sinistra usa per accusare il ministro di difendere gli evasori”. Quando a muoversi, oltre al dialogante Luca Ciriani, ministro di Meloni ai Rapporti col Parlamento, sono anche le seconde linee, è segno che l’ordine di tutelare il guardasigilli sotto attacco parte dai vertici.

Se ne ha conferma anche dalle parole di Ciro Maschio, presidente FdI della commissione Giustizia della Camera, che allude agli “altri tasselli in arrivo” sulla giustizia, compresa la “separazione delle carriere” e addirittura “il sistema elettorale del Csm”. Prospettico come Salvini, che pure accenna alla necessità di intervenire sulle carriere dei giudici e chiarisce che sulle intercettazioni non c’è alcun dissenso sostanziale della Lega, anzi: “In un paese civile non leggi sui giornali intercettazioni che riguardano la vita privata senza nessuna rilevanza penale”, scandisce, “io voglio sapere chi è un criminale, non chi va a letto con chi e cose simili: è indegno spiattellare sui giornali notizie senza nessuna rilevanza penale”. Nordio è blindato. Forse non ci sperava più nemmeno lui.