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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 10 gennaio 2023

L’allora guardasigilli Angelino Alfano ha abrogato la norma che dava questa facoltà. La misura, nata per evitare che un boss invii pizzini al suo gruppo criminale, non si attaglia all’attività palese e non occulta dell’anarchico.

L’anarchico Alfredo Cospito, detenuto in regime 41 bis nel carcere sassarese di Bancali, dal 20 ottobre è impegnato in un drammatico sciopero della fame. E ciò ricorda molto da vicino quello di Holger Meins nel 1974 o di Bobby Sands nel 1981. C’è una mobilitazione generale per chiedere una revoca del carcere duro, a partire dall’appello sottoscritto da 39 intellettuali. L’obiettivo è sensibilizzare soprattutto il ministro della Giustizia Carlo Nordio affinché intervenga.

Da sottolineare che il governo Berlusconi, in particolar modo l’allora guardasigilli Angelino Alfano, ad opera dell’art. 2, comma 2, legge n. 94 del 2009, ha abrogato il comma che dava la possibilità al ministro di revocare il 41 bis con decreto motivato. Quindi, tecnicamente, il potere politico ha le mani legate e si aspetta, infatti, la decisione della Cassazione a seguito del ricorso del legale di Cospito contro il diniego del tribunale di Sorveglianza di Roma.

Alfredo Cospito, assieme ad Anna Beniamino, rischia anche l’ergastolo ostativo da quando una sentenza della Cassazione ha cambiato l’imputazione di un reato per cui era già stato condannato a vent’anni. La condanna (da premettere che gli imputati si professano innocenti) era giunta per aver collocato di notte del 2 giugno 2006 due ordigni nei pressi di uno degli ingressi della scuola allievi di Fossano. Non causarono né morti né feriti. Furono condannati definitivamente per strage contro la pubblica incolumità (articolo 422 del codice penale) che prevede una pena non inferiore ai 15 anni.

A luglio scorso la Cassazione ha riqualificato il reato a strage contro la sicurezza dello Stato. Parliamo dell’articolo 285 che prevede appunto l’ergastolo. Nel caso specifico ostativo. Si tratta del reato più grave del nostro ordinamento che non è stato nemmeno applicato per le stragi di Capaci e Via D’Amelio. La corte d’Appello di Torino, però, ha recepito le questioni sollevate dalla difesa, sollevando il caso di illegittimità costituzionale alla Consulta. Nello specifico è la parte che prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante. Se verrà accolta la questione, i due anarchici non rischiano più l’ergastolo, ma la pena sarà tra i venti e i ventiquattro anni.

Ma il problema principale, motivo per cui Cospito sta conducendo lo sciopero della fame, è un altro. Da un giorno all’altro, senza alcun nuovo episodio o elemento concreto a giustificarlo (la sua condotta in carcere non era cambiata, le azioni compiute molti anni prima restavano le stesse), è stato messo in regime del 41 bis. Ed è a quel punto che, come forma estrema di protesta e di resistenza, ha smesso di nutrirsi. Il motivo per cui è stato condotto al 41 bis è che, durante la detenzione, Cospito inviava i suoi scritti come contributo personale alle assemblee o ai giornali anarchici, e che venivano poi a sua volta - altrettanto pubblicamente - divulgati da questi ultimi attraverso i siti on line di controinformazione. In sostanza, come ha anche ribadito il tribunale di Sorveglianza di Roma nel rigetto, tali scritti vengono equiparati ai cosiddetti pizzini, ovvero ai messaggi criptici che vengono veicolati dal detenuto all’esterno. Il 41 bis nasce, appunto, per evitare che un boss invii pizzini al suo gruppo criminale di appartenenza. Ma cosa c’entra con il caso di Cospito?

Come ha ben argomentato l’avvocato difensore Flavio Rossi, nonostante la difesa ha puntualmente evidenziato come lo strumento del 41 bis non si attagli all’attività comunicativa posta in essere da Cospito, nella misura in cui la stessa non è veicolata all’esterno in maniera occulta ovvero segreta, ma si sostanzia in un’attività interamente pubblica che viene dallo stesso destinata non agli associati, bensì a soggetti gravitanti nella cosiddetta galassia anarchica, “il tribunale di Sorveglianza non ha in alcun modo affrontato il profilo de quo - scrive l’avvocato Rossi nel ricorso in Cassazione -, ovvero non ha in alcun modo spiegato come si compatibilizzi lo strumento in esame con una siffatta modalità di manifestazione del pensiero, assolutamente antitetica e inconciliabile rispetto a quella che viene fisiologicamente sanzionata tramite il 41 bis”. Il problema è serio, perché il 41 bis nasce con uno scopo ben preciso. È stato esteso a Cospito con lo scopo di evitare le sue istigazioni, mentre in realtà tale regime - già al limite della costituzione - nasce per evitare collegamenti tra il detenuto e l’associazione criminale e verticistica (un ossimoro per il pensiero anarchico) di appartenenza. Ancora un’altra condanna da parte della Cedu, e il 41 bis cade a causa del suo stesso inappropriato utilizzo.