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di Manuela Perrone

Il Sole 24 Ore, 29 giugno 2024

“Troppi vuoti normativi”. L’avvocata e attivista Cathy La Torre mette in evidenza alcune lacune. E sui crimini d’odio rilancia: “Bisogna ampliare la legge Mancino perché sia prevista una protezione rafforzata per chiunque sia aggredito o discriminato per una caratteristica personale”. La storia dei diritti Lgbt+ in Italia è ancora una storia di assenze e vuoti. Niente matrimoni egualitari, nessuna legge che disciplini il riconoscimento dei figli delle coppie formate da persone dello stesso sesso, nessuna tutela specifica dai crimini d’odio. “Dal punto di vista culturale, la previsione di un istituto ad hoc come l’unione civile produce l’idea che le coppie dello stesso sesso abbiano meno diritti e minore dignità - spiega l’avvocata e attivista Cathy La Torre - ma la vera grande diseguaglianza rispetto al matrimonio sta nel fatto che l’istituto non contempla la genitorialità”.

Riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali - Un tasto dolente. “Un figlio nato da una coppia unita civilmente non è automaticamente figlio di quella coppia, bisogna andare davanti a un tribunale”, sottolinea La Torre. “C’è un vuoto normativo mai colmato, nonostante sia la Cassazione sia la Corte costituzionale siano più volte intervenute nel chiedere al legislatore di regolamentare i figli nati da queste coppie. Di conseguenza, la figlia o il figlio nato da una coppia di due mamme o due papà avrà un genitore biologico che verrà immediatamente iscritto all’anagrafe. L’altro, con cui è nato il progetto genitoriale, dovrà invece rivolgersi a un tribunale per chiedere l’adozione in casi particolari, ex articolo 44 della legge 184/1983, che prevede la possibilità di adottare il figlio o la figlia del partner. Lì sta l’anomalia, e l’ipocrisia. Perché sono già figli di quella coppia”.

Per l’avvocata, servirebbe un bagno di realtà: “Questi bambini esistono, lo Stato deve assicurare loro una tutela”. Le cose si complicano per i padri che ricorrono all’estero alla gestazione per altri. “Non voglio parlare di ciò che in Italia è severamente vietato dalla legge- dice La Torre - e non credo che questo Paese abbia tra le sue priorità una legge sulla Gpa”. Pratica a cui, ricorda, fanno ricorso “al 90% coppie eterosessuali sterili”. Più opportuno sarebbe riformare la legge sull’adozione “per permettere anche a singole e singoli e a tutte le coppie, senza distinzione, eterosessuali o omosessuali, conviventi o sposate, di adottare, perché in Italia ci sono circa 13.500 bambini in casa famiglia in attesa di un affido”.

Legge contro la omotransfobia - Allo stesso modo, “abbiamo l’esigenza di estendere la legge Mancino, secondo cui quando una persona viene picchiata, aggredita o discriminata in base alla sua religione o alla sua provenienza, quindi quando il movente è di tipo etnico, razziale o religioso, la pena per quel reato è aumentata. Ma soltanto quei gruppi di persone meritano una protezione rafforzata?”. La strada giusta, per La Torre, è quella di ampliarla in modo netto: “Non mi piace la parcellizzazione delle diversità. Vorrei una legge che stabilisse che chiunque venga aggredito per una caratteristica personale, compreso un corpo non conforme, è protetto maggiormente dallo Stato”.

Questione di linguaggio - Insieme alle mancanze, ci sono le lotte intorno alle parole. A maggio ha fatto discutere la decisione del Governo italiano di non sottoscrivere, insieme ad altri otto Paesi, la dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore delle comunità Lgbt+ presentata dalla presidenza di turno belga. “Siamo a favore dell’inclusione e contro la transfobia - ha chiarito la ministra Eugenia Roccella - ma quel documento parla di “espressione di genere”“. E davanti alla possibilità di legittimare la comunicazione all’esterno del genere autopercepito l’Esecutivo Meloni si è fermato, in difesa del “binarismo sessuale”: “Qui si cerca di negare la biologia - ha commentato Roccella - l’identità maschile e femminile che tante ingiustizie ha prodotto nel mondo, in particolare ai danni delle donne”.

Argomenti a cui La Torre replica citando la sua esperienza: “Quando avevo 4-5 anni e vivevo in Sicilia chiedevo a mia madre: “Chi sono? Perché io non mi sento né maschio né femmina”. Ho imparato che sono una soggettività. Non mi sento completamente a mio agio se mi penso una donna, ma non voglio nemmeno fare una transizione per diventare un uomo. Sono la testimonianza che la teoria del gender non esiste, perché vorrei sfidare chiunque a provare che in un piccolo paese della provincia di Trapani nel 1984 esistesse qualcuno che potesse condizionarmi. Detto questo, io sono una persona non binaria e non disconosco il binarismo. Rispetto l’identificazione di ogni persona cisgender, che si riconosce nel sesso e nel genere di nascita, la stragrande maggioranza della popolazione. Desidero allo stesso modo che venga rispettata la mia identità, proprio perché siamo una minoranza. Il binarismo rimarrà salvo anche se vengono riconosciuti diritti a noi persone non binarie. Qual è il principale che chiediamo? Poter avere nome più neutro, come Alex o Andrea”.

Quali leggi mancano? In definitiva, quale quadro normativo costruirebbe? “Andrei verso leggi che comprendono sempre di più in maniera intersezionale tanti bisogni diversi fra loro. Mi interessa che ci sia parità di trattamento sui luoghi di lavoro, che le donne siano messe al riparo dalle molestie, che possano davvero conciliare vita personale e lavoro. Mi interessa che si possa scegliere come morire, perché conosco il dolore di chi non ha potuto farlo. Il tema della dignità nella morte riguarda chiunque. In questo momento l’Italia può fare tante leggi che non hanno a che fare col colore politico, ma soltanto con il benessere delle persone”.