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di Giulia Torlone

La Repubblica, 14 agosto 2023

Un terzo delle strutture sono sovraffollate e manca il personale. Nel carcere di Poggioreale i detenuti sono 2.035 e in estate i problemi aumentano. Così i detenuti più fragili rischiano di più,

Agosto è il mese più duro per i detenuti. Non solo perché il caldo è insopportabile per la poca aria che filtra dalle finestre o perché nella metà delle carceri italiane non c’è la doccia. L’estate è la stagione peggiore perché in cella si è più soli, il personale penitenziario in ferie e molte attività sono sospese. E in condizioni come queste gli episodi di autolesionismo e violenza inevitabilmente aumentano. Come a Barcellona Poggio di Gotto, in Sicilia, dove il tasso di aggressione tra detenuti è al 33 per cento, il più alto in Italia, e le aggressioni al personale sono al 13,4 per cento, dato che ha subito un incremento nei mesi estivi. “In questo periodo, all’interno delle carceri, è difficile intercettare e seguire le situazioni più critiche, il personale è troppo poco” racconta Alessio Scandurra, coordinatore dell’osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione dell’associazione Antigone.

Un terzo delle carceri italiane sono sovraffollate - Dopo i sei suicidi nel solo mese di agosto, che fa salire a 47 il numero totale dall’inizio dell’anno, è evidente che sono molti i punti critici che il sistema penitenziario deve affrontare e probabilmente non basterà la conversione delle caserme dismesse in nuove carceri, come ipotizzato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. Il sovraffollamento, secondo Scandurra, è sicuramente un indice che evidenzia il malfunzionamento di tanti istituti, perché da questo, a pioggia, scaturiscono problemi e sofferenze. Secondo i dati del ministero dell’Interno, su 187 carceri italiane, sono 121 quelle sovraffollate. A Poggioreale, Napoli, ad oggi ci sono 2035 detenuti per una capienza di 1632 (il 124 per cento in più); nel carcere di Rebibbia, a Roma, dietro le sbarre ce ne sono 1499 invece dei 1170 consentiti (+ 128 per cento) e in quello di Opera, a Milano, la capienza è di oltre il 143 per cento con 1321 detenuti, quando quella ufficiale è di 918. È la Lombardia la regione che, nel suo complesso, vive la situazione più critica: gli istituti di Varese, Brescia e Como, hanno una presenza nelle carceri quasi al 185 per cento. C’è un filo rosso che lega i casi più eclatanti di sovraffollamento: sono tutte Case Circondariali. Queste strutture sono, o dovrebbero essere, il primo approdo in attesa di una sentenza di primo grado, quindi momentanee. Ma il meccanismo si inceppa. In primis c’è la difficoltà nella redistribuzione nelle Case di Reclusione definitive e poi c’è la fragilità dei detenuti. Secondo Antigone gli episodi di autolesionismo e suicidio accadono all’inizio della detenzione e, soprattutto, li compiono coloro che si macchiano di reati minori come i piccoli spacciatori, spesso con dipendenze o problemi psichiatrici. “Con persone così fragili, dovrebbe esserci un agente per ogni sezione. Nella realtà ne abbiamo una ogni tre” racconta Aldo Di Giacomo, segretario generale del sindacato della polizia penitenziaria. “Solo quest’anno nelle carceri di Torino, Milano e Viterbo 17 tra medici e psicologi hanno dato le dimissioni perché i ritmi di lavoro erano insostenibili” conclude Di Giacomo.

Manca il personale - Nel carcere di Foggia il sovraffollamento è al 177 per cento e l’anno scorso ha avuto il triste record di suicidi, ben cinque. “La Puglia è una regione da attenzionare con rapidità” avvisa Mauro Palma, Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà. Tra le criticità, Palma ravvede anche quella di avere pochi direttori ovunque. “In Sardegna ce n’è solo uno per quattro istituti e in Lombardia la provveditrice deve occuparsi anche del Veneto, del Trentino e del Friuli. Come può avere un rapporto diretto con la struttura?” Palma denuncia anche la carenza generale di educatori e mediatori culturali, problemi che creano estremo isolamento nelle persone detenute straniere. Nel carcere romano di Regina Coeli sono tre gli educatori a fronte degli 11 previsti, per un totale di 1002 detenuti. “Negli ultimi anni chi lavora nelle carceri pensa a sopravvivere nel caos, non c’è più quel sentirsi all’interno di una missione condivisa” Questa, per Palma, è la prima rotta da invertire.