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di Roberto Scarpinato

Il Fatto Quotidiano, 30 aprile 2022

La riforma dell’ergastolo ostativo, dopo 2 decisioni della Consulta, mette sullo stesso piano i pentiti tipo Spatuzza e i mafiosi stragisti che non collaborano: potranno uscire dopo soli 19 anni e mezzo.

La Cassazione ha annullato il provvedimento con cui il Tribunale di Sorveglianza di Roma aveva rigettato l’istanza di liberazione condizionale del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, ritenendo non pienamente concluso il suo “percorso di rieducazione” malgrado l’oggettiva rilevanza della sua collaborazione.

Tale vicenda offre spunti di riflessione sull’intera tematica della riforma delle norme sull’ergastolo ostativo che il Parlamento si accinge a varare. Come è noto, la normativa vigente, approvata dopo le stragi del 1992, stabilisce un doppio binario nel trattamento penitenziario dei condannati all’ergastolo per delitti di mafia e per altri gravi reati ostativi. Solo chi collabora con la giustizia è ammesso alle misure alternative alla pena, quali permessi premio, semilibertà e liberazione condizionale. L’esperienza sul campo attesta infatti che solo la collaborazione determina la sicura rescissione del legame tra condannato e associazione mafiosa. Tale assetto normativo è stato dissestato da due decisioni della Corte costituzionale: la sentenza n. 253 del 2019 sui permessi premio e l’ordinanza n. 97 dell’11 maggio 2021 sulla liberazione condizionale. In sintesi, con l’ordinanza del 2021 la Corte ha ritenuto irragionevole il carattere assoluto - insuscettibile cioè di prova contraria - della presunzione di legge in base a cui solo la collaborazione con la giustizia è idonea a provare la rescissione del legame del condannato all’ergastolo per mafia con l’associazione criminale, non potendosi escludere che, pur senza collaborare, il condannato abbia reciso tale legame, cessando così di essere socialmente pericoloso e divenendo meritevole di essere scrutinato per l’ammissione a misure alternative alla detenzione.

La Corte ha quindi sospeso il giudizio e dato termine al Parlamento sino al 10 maggio 2022 per ricalibrare la normativa. Dopo mesi di elaborazione, la commissione Giustizia della Camera ha depositato il testo definitivo della riforma che sarà sottoposto a breve all’approvazione del Parlamento. Il dibattito pubblico si è focalizzato esclusivamente sulle misure da adottare per evitare il pericolo di aprire le porte del carcere a ergastolani non collaboranti socialmente pericolosi, e al tal fine, nel testo varato in commissione, si prevede che l’accesso dei non collaboranti alle misure alternative sia subordinato a prove che escludano attuali collegamenti con la criminalità organizzata e terroristica, nonché il pericolo di ripristino di tali legami.

Senonché la vicenda Spatuzza, e ancor prima quella simile del collaboratore Giovanni Brusca, hanno illuminato un altro aspetto fondamentale della riforma rimasto in ombra. Perché un condannato all’ergastolo possa ottenere la liberazione condizionale, non è sufficiente la cessazione della pericolosità sociale. L’art. 176 del Codice penale statuisce infatti che il condannato può essere ammesso alla liberazione condizionale solo se esistono prove che fanno ritenere sicuro il suo ravvedimento. È evidente che la cessazione di pericolosità e l’avvenuto ravvedimento sono concetti e istituti giudici non sovrapponibili. Un condannato può cessare di essere socialmente pericoloso, nonostante non sia per nulla cambiato nel tempo della sua carcerazione. Si consideri a esempio il caso di un ex terrorista condannato all’ergastolo per stragi e vari omicidi, che, pur non ripudiando il suo passato, decide di deporre definitivamente le armi cessando così di essere pericoloso, perché non sussistono più le condizioni sociopolitiche necessarie per proseguire la strategia terroristica, o perché il risultato che si intendeva perseguire è stato comunque conseguito per altre vie non cruente. O ancora il caso del mafioso che analogamente decida di recidere i rapporti l’associazione mafiosa non perché ne rinneghi i codici culturali, tra cui quello fondamentale dell’omertà, ma solo perché stanco della lunga detenzione sofferta e desideroso di riacquistare la libertà, senza rischiare una nuova cattura in caso di ripresa dell’attività criminosa.

La vicenda di Spatuzza ha evidenziato la grande differenza tra cessazione di pericolosità e rieducazione. Egli ha iniziato a collaborare nel 2008 dopo l’ergastolo definitivo per le bombe del 1993 e l’omicidio Puglisi. Ha reso dichiarazioni di estrema rilevanza autoaccusandosi di tanti altri omicidi e della partecipazione alle stragi di Capaci e via D’Amelio, ha consentito la condanna di altri corresponsabili di tali stragi rimasti ignoti, il ritorno in libertà di 7 innocenti condannati all’ergastolo su prove falsificate e la cattura di altri pericolosi mafiosi, impedendo che continuassero a mafiare, uccidere e praticare violenza contro tante vittime. Tale sintetico inventario dei benefici resi alla società dalla collaborazione di Spatuzza e di tanti altri fa riflettere sulle gravi e negative conseguenze che l’imminente riforma dell’ergastolo ostativo determinerà nella risposta statale alla criminalità mafiosa. Con la riforma, infatti, il trattamento di collaboratori come Spatuzza sarà sostanzialmente parificato a quello riservato agli “irriducibili”, cioè ai condannati all’ergastolo per delitti di mafia che, pur avendo informazioni preziose per ottenere risultati analoghi a quelli propiziati da Spatuzza, si sono sempre rifiutati di collaborare. Malgrado l’abissale diversità di comportamenti, sia gli uni sia gli altri potranno usufruire della liberazione condizionale dopo 26 anni di carcere, che in realtà si riducono a 19 anni e 6 mesi (per il cumulo con lo sconto di 3 mesi ogni 12 mesi di detenzione che, per l’art. 54 dell’Ordinamento penitenziario, si applica a tutti i condannati che hanno tenuto buona condotta in carcere): 19 anni e 6 mesi che non decorrono dalla condanna, ma dall’inizio della custodia cautelare.

Tale regime riguarderà tutti i soggetti condannati all’ergastolo prima dell’entrata in vigore della riforma. Solo per gli omicidi di mafia commessi dopo l’entrata in vigore della riforma, i condannati potranno accedere alla liberazione dopo 30 anni nominali, riducibili a 22 anni e 6 mesi effettivi. Grazie al medesimo meccanismo cumulativo di sconti di pena, tutti gli irriducibili condannati all’ergastolo potranno inoltre ottenere permessi premio sino a 45 giorni per ogni anno di detenzione, dopo appena 7 anni e 6 mesi dall’arresto. Tenuto conto che i tre gradi di giudizio hanno una durata media complessiva di 6-7 anni, dopo pochi mesi dalla sentenza definitiva, perduta la partita in sede giudiziaria, l’irriducibile potrà valutare conveniente scegliere la resa definitiva, iniziando a riprendere gradualmente una vita normale. È evidente come la sostanziale parificazione di trattamento tra collaboranti e irriducibili sortirà l’effetto di disincentivare la collaborazione di tutti coloro che hanno già riportato una condanna definitiva all’ergastolo. Perché accollarsi tutti i pesanti prezzi conseguenti alla collaborazione - l’autoaccusa di ulteriori delitti con conseguenti nuove condanne, l’esposizione al rischio di rappresaglie, l’obbligo di dichiarare tutto il patrimonio illecito accumulato, inclusi i cespiti occultati e sfuggiti alla confisca - quando lo Stato dal maggio ‘22 farà uscire dal carcere tutti gli attuali ergastolani a costo zero, solo a condizione di una definitiva e certa deposizione delle armi?

Poiché il destino vuole che la riforma dell’ergastolo ostativo venga approvata in prossimità del trentennale di Capaci e via D’Amelio, va ricordato che tra i suoi potenziali beneficiari vi sono una quindicina di esponenti di rango delle mafie che sono a conoscenza di fatti e informazioni in grado di far luce su tanti grandi buchi neri delle indagini sulle bombe del 1992-’93. Per ragione di sintesi, mi limito a pochi esempi.

1) Chi erano gli importanti personaggi che indussero Salvatore Riina a mutare il piano di uccidere Giovani Falcone a Roma con un commando capitanato dal Matteo Messina Denaro, per eseguire invece una strage eclatante a Palermo in prossimità delle elezioni del nuovo presidente della Repubblica? Soggetti talmente autorevoli e affidabili da indurre i fedelissimi di Riina ad assicurare gli altri uomini d’onore che Cosa Nostra aveva le spalle ben coperte.

2) Chi era il supervisore che partecipò ad alcuni sopralluoghi per la strage di Capaci la cui identità era nota solo a un ristretto numero di fedelissimi di Riina, e veniva invece celata anche ad alcuni degli altri uomini d’onore presenti, ai quali era interdetto di avvicinarsi a tale personaggio?