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di Francesco Lo Piccolo*

vocididentro.it, 31 marzo 2024

Si chiama Wail Boulaied, ha 24 anni, ha un passato di tossicodipendenza, è instabile, con accertato disturbo borderline di personalità, ed è anche a rischio suicidio. Ovviamente che fa il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria? Usa il buon senso? Previene? No. Fa tutto il contrario: lo trasferisce dal carcere di Padova - dove era richiuso con una condanna a 26 anni di carcere per concorso in omicidio - e dove era avviato in un percorso di recupero (stava meglio, non minacciava più di tagliarsi o di uccidersi) e lo manda, oltre che lontano dai parenti, in un carcere dove ci sono pochi medici e psicologi e dove le condizioni di vita carceraria sono carenti sotto tutti i punti di vista.

È così che può essere riassunta la storia che mi racconta in questa mattina di viglia di Pasqua Igor Zornetta, avvocato: “Wail Boulaied, nato in Marocco, ma in Italia da quando aveva 7 anni, è poco più di un ragazzo: ha avuto un’infanzia devastante, un padre che lo picchiava e un passato fatto di droga, furti, incendi. Si era messo con una donna di quasi sessant’anni, amante e mamma insieme e che forse voleva aiutarlo. Quattro anni fa, dopo una notte di alcol e psicofarmaci, Wail in compagnia di un amico uccide la donna”.

L’avvocato Zornetta continua: “I parenti di Wail mi raccontano che sta male, da quando lo hanno trasferito dal carcere di Padova a quello di Vigevano non ha più alcun aiuto, è solo, in una cella sporca, e mangia poco. Loro, il fratello e gli zii, hanno difficoltà a spostarsi; per motivi di lavoro non possono andare a trovarlo e al telefono lo sentono strano, peggiorato. Nel carcere di Padova, grazie al personale medico e ai volontari la sua esistenza aveva cominciato a prendere la giusta strada, addirittura lavorava come portavitto. Insomma un inizio di cambiamento, ma improvvisamente interrotto: per mancanza di spazio a causa di alcuni lavori di ristrutturazione, Wail viene trasferito a Vigevano”.

Pessima scelta: nel carcere di Vigevano ci sono 380 detenuti quando i posti sono 242, gli educatori sono 4 quando nella pianta organica dovrebbero essere 8, gli agenti in servizio sono 190 anziché 240 come previsto. Tantissimi i detenuti con problemi psichiatrici, venti casi di autolesionismo nel 2022, altrettante le aggressioni al personale di polizia. In un recente rapporto così parla dell’Istituto di Vigevano l’associazione Antigone: celle piccole e buie, generalmente da 2 posti, senza doccia in cella, pochi spazi per attività trattamentali, scolastiche, lavorative, sostanzialmente inadatto a offrire attività trattamentali tipiche di una casa di reclusione. Inoltre, l’edificio presente consistenti problemi di infiltrazioni, il che comporta perdite d’acqua in alcuni bagni e l’inagibilità di alcune delle già poche sale comuni.

E non è finita. Sempre dall’ultimo rapporto di Antigone: “Il responsabile ASL per il carcere riferisce di grandi difficoltà nel reperire risorse adeguate in ambito sanitario. Sono presenti 29 medici che si dividono i tre istituti di Pavia, Voghera e Vigevano, il che non consente di garantire sempre la presenza di un medico h24 in istituto. Per sopperire alla carenza di risorse, si fa spesso utilizzo di medici specializzandi come liberi professionisti, i quali però non garantiscono una presenza fissa e di lungo periodo, ma spesso sono di passaggio. in generale il 98% di detenuti presenti in istituto assume terapie di ogni tipo. In particolare, viene segnalato l’uso massiccio di un farmaco allucinogeno, che verrà a breve sostituito con altra terapia”.

Mi dice l’avvocato Zornetta che ha fatto richiesta per il riavvicinamento del detenuto presso un carcere vicino ai parenti e che la richiesta è rimasta lettera morta. Insomma, per concludere, si aspetta forse il suicidio? Non bastano i 28 avvenuti dall’inizio dell’anno a oggi?

*Direttore di Voci di Dentro