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di Andrea Malaguti

La Stampa, 26 gennaio 2023

“Il ministro usa la fantasia. Le norme contro gli abusi delle intercettazioni esistono già. Cospito al 41 bis? I terroristi dell’Ira che hanno fatto lo sciopero della fame sono morti”.

Dottor Davigo, il Parlamento italiano è supino ai magistrati?

“Parliamo del ministro Nordio?”.

Di lui e delle intercettazioni.

“Direi che il ministro Nordio è dotato di una notevole fantasia. Quello che succede è l’esatto opposto. Ho dedicato l’intera seconda parte di un libro (“L’occasione mancata”) al racconto delle iniziative poste in essere dalla politica per tentare di fermare indagini e processi. Di indagini ne hanno fermate poche. Ma di processi molti. Lei ricorda chi era Dato Param Cumaraswamy?”.

Temo di no.

“Dovrebbe”.

Perché?

“Era un giudice malese inviato dall’Onu in Italia perché le Nazioni Unite erano preoccupate per la perdita di indipendenza dei nostri giudici. Scrisse due relazioni terribili, in cui segnalava che i nostri politici cambiavano le leggi, azzeravano le prove o abolivano reati per non finire in tribunale. Eravamo all’inizio del nuovo millennio. Il ministro della giustizia era Roberto Castelli. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi”.

Siamo ancora nella situazione del giudice malese?

“No. L’indipendenza della magistratura fino ad ora ha retto. Ci sono in giro pessime intenzione, ma per fortuna tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il mare. E, soprattutto, la Costituzione, i trattati e le corti internazionali”.

Crede che Nordio voglia ridimensionare i magistrati?

“Io non lo so che cosa abbia in testa Nordio. Mi baso sulle cose che dice. E oggettivamente sono cose non vere”.

Che cosa c’è di male nel combattere l’abuso delle intercettazioni?

“Nulla, infatti è già previsto. Proprio da quel reato di abuso d’ufficio che il ministro vuole abolire”.

Nessun altro Paese intercetta quanto noi.

“Bugie, appunto”.

Sono numeri.

“Ma quali numeri? Il punto è che la nostra Costituzione prevede che tutte le intercettazioni debbano avere il lasciapassare dell’autorità giudiziaria. Persino quelle dei servizi segreti. In Francia, in Canada, o in Inghilterra, dove ne fanno milioni, non è così e la polizia si muove per conto proprio”.

Uso le parole di Silvio Berlusconi al Corriere della Sera: non possiamo trattare ogni singolo cittadino come se fosse un sospetto mafioso.

“Ma di che parla? Per autorizzare le intercettazioni servono indizi di reato e l’assoluta indispensabilità delle stesse”.

Il Cavaliere le rinfaccia anche la famosa frase: non esistono innocenti, solo colpevoli non ancora scoperti.

“Di nuovo? Spiego per la ventesima volta. Parlavo di un caso specifico. Le tangenti per la linea 3 della metropolitana di Milano, in cui l’impresa capogruppo raccoglieva denaro dalle imprese associate e consegnava le tangenti a un referente politico che divideva tra tutti i partiti. Nessuno che avesse vinto quegli appalti era estraneo, c’era un sistema. Che infatti portò al 100% di condanne”.

Che cosa pensa quando le danno del giustizialista?

“Chi lo sostiene appartiene invariabilmente a due categorie. A quella dei ladri e degli amici dei ladri (e allora non me ne curo). O a quella meno nutrita di chi è in buonafede ma non sa di che cosa parla”.

Dottor Davigo, nella cattura di Matteo Messina Denaro hanno contato di più le intercettazioni o le trattative sottobanco?

“Non credo a trattative sottobanco. Se ci fossero state, Matteo Messina Denaro sarebbe stato preso da solo, senza coinvolgere altre persone. E non sarebbero state trovate tutte quelle tracce biologiche e documentali”.

Il ministro Piantedosi si era augurato l’arresto di U Siccu pochi giorni prima.

“Forse un caso. O forse sapeva che le indagini erano in fase avanzata. Magari, più semplicemente, le cose capitano”.

Capita anche che Salvatore Baiardo, considerato vicino ai fratelli Graviano, annunci a Giletti malattia e arresto imminente del super boss.

“Baiardo ha detto cose che chiunque abbia conoscenza di quel mondo avrebbe potuto dire, immaginare o dedurre. Suppongo sapesse che Messina Denaro è malato. E gli uomini malati tendono ad abbassare la guardia”.

Perché ci sono voluti trent’anni per prenderlo?

“Perché una catena è debole quanto il più debole dei suoi anelli”.

Non mi è chiaro.

“Sono operazioni difficilissime. Che coinvolgono migliaia di persone. Basta che una di loro sia infedele, o superficiale, perché salti tutto”.

Lei non pensa che esistano due Stati, uno che agisce alla luce del sole e uno che si muove nell’ombra?

“Bah. Ovviamente esistono anche i servitori infedeli dello Stato. Ma non mi sentirei di dirlo”.

Lei citava prima le corti internazionali. Quella di Strasburgo per i diritti dell’uomo ci ha condannato più volte per il ricorso al 41 bis e al carcere ostativo.

“Forse perché a Strasburgo non siamo stati capaci di difenderci bene”.

Deduco che lei sia favorevole a entrambi.

“Non si tratta di essere favorevoli e contrari, ma di spiegare la reale situazione italiana. Altrove non hanno avuto la strage di Capaci. E subito dopo quella di via D’Amelio. Non hanno avuto via dei Georgofili o l’attentato fallito a 500 carabinieri davanti allo stadio Olimpico. Non credo esista un altro paese del G7 che ha dato la caccia per 30 anni a latitanti come Riina, Provenzano o Messina Denaro”.

Capisco il punto. Capisco meno perché uno Stato forte rinunci a riabilitare anche i criminali più incalliti o a trattarli con maggiore umanità.

“Non rinuncia affatto. È sufficiente che i condannati recidano i loro legami con la mafia”.

E se non lo fanno vai con il carcere duro.

“Non è duro. Serve per impedire che i mafiosi ordinino omicidi dal carcere come è successo in passato. O che continuino a guidare la loro organizzazione dando ordini e facendosi ubbidire. Angelo Epaminonda, collaboratore di giustizia, una volta mi disse che la forza di un’organizzazione all’esterno del carcere è direttamente proporzionale a quella che ha in carcere”.

Serve il 41 bis se l’avvocato di Matteo Messina Denaro è sua nipote?

“Questo è un altro problema da affrontare”.

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Articolo 27 della Costituzione.

“Lo conosco bene e lo condivido. Ma fino a quando l’obiettivo non è raggiunto la collettività ha il diritto di difendersi”.

Conosce anche la vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito?

“Certo”.

Si sta lasciando morire in carcere.

“In Gran Bretagna i combattenti dell’Ira che hanno fatto lo sciopero della fame sono morti”.

È disumano.

“Non è questione di umanità, ma di credere nei valori delle nostre leggi”.

Sembra disumano anche credendoci.

“Uno Stato non può lasciarsi ricattare se crede nei suoi valori. Per altro il ministro può revocare il 41 bis. E il presidente della Repubblica può concedere la grazia”.

Dottor Davigo, dichiarando il non luogo a procedere nei confronti della sua ex segretaria, Marcella Contraffatto (accusata di calunnia nel caso Amara-Loggia Ungheria), il gup di Roma, scrive che lei si sarebbe “spinto ben oltre i confini dei poteri conferitigli come membro togato del Csm”. Vuole rispondere?

“No. Non voglio parlare delle vicende che mi riguardano come imputato, perché anche da imputato mi comporto come un fedele servitore dello Stato e certamente non attacco i giudici”.

Ma si fida ancora di loro?

“Assolutamente sì. Magari possono anche sbagliare, ma qual è l’alternativa, mi giudico da solo?”.