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di Paolo Pandolfini

Il Riformista, 3 febbraio 2024

Con un ritardo di oltre un anno sulla iniziale tabella di marcia, la prima parte della riforma della giustizia voluta dal ministro Carlo Nordio approderà martedì prossimo nell’Aula del Senato. La Commissione giustizia di Palazzo Madama, relatrice del testo la presidente Giulia Bongiorno (Lega), ha concluso infatti nei giorni scorsi il voto sugli emendamenti. Il testo, otto articoli in tutto, prevede l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, la revisione del reato di traffico d’influenze illecite, una stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni quando riguardano persone esterne al perimetro delle indagini, alcune modifiche ai provvedimenti cautelari, ad iniziare dalla collegialità riguardo la loro emissione, una rivisitazione dell’avviso di garanzia, il potere di ricorso del pm sulle sentenze di proscioglimento. Sul testo, messo personalmente a punto da Nordio il quale in ogni occasione ne ha sempre sottolineato il carattere “liberale” e “garantista”, la Commissione giustizia del Senato ha svolto un ciclo particolarmente approfondito di audizioni, con l’intervento di professori, magistrati, avvocati, esponenti dell’Anm e delle Authority, che hanno inevitabilmente allungato i tempi della discussione.

Il provvedimento, approvato in Consiglio dei ministri lo scorso 15 giugno, era stato presentato il successivo 19 luglio in Senato, dopo il via libera da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il primo ‘pacchetto’ di riforme targate Nordio, come detto atteso all’inizio dello scorso anno, è propedeutico ad una riforma complessiva che dovrebbe includere la separazione delle carriere fra pm e giudici, per la quale servirà però una modifica della Costituzione. Gli emendamenti al testo erano stati circa 160 ed erano stati presentati dalla maggioranza e dalla opposizione.

Grillini, dem e Avs, raccogliendo gli appelli dell’Anm, avevano chiesto che il reato di abuso d’ufficio non venisse abolito e che il pm potesse continuare ad appellare le sentenze di assoluzione. Il Pd, riguardo l’abuso d’ufficio, aveva anche proposto una modifica del Testo unico degli enti locali del 2000 per separare le responsabilità dei sindaci da quelle dei dirigenti. Una modifica che però, era stato sottolineato, non avrebbe risolto il problema della “paura della firma”, consentendo ancora una volta ai pm la facoltà di contestare il reato, ipotizzando ad esempio il suo concorso, e lasciando quindi sindaci ed amministratori sotto la scure degli inquirenti.

Molti emendamenti di Lega e Forza Italia, poi recepiti, avevano invece riguardato soprattutto la divulgazione delle intercettazioni e dei documenti d’indagine. Sulle intercettazioni, comunque, in Parlamento è in corso la discussione per la loro riforma, anche con la regolamentazione del trojan, il virus spia che trasforma il cellulare in un microfono sempre acceso. L’aspettativa per il ddl Nordio è innegabilmente molto alta, arrivando dopo una lunga serie di provvedimenti governativi in materia di giustizia (decreto Rave, Cutro e Caivano) voluti dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

Se la sua approvazione dovesse essere celere, sarebbe un segnale molto positivo per le altre riforme, come appunto la separazione delle carriere, le modifiche al sistema di elezione dei pm e giudici al Consiglio superiore della magistratura, le valutazioni di professionalità o il disciplinare dei magistrati e, soprattutto, la responsabilità civile per le toghe che sbagliano.

Le opposizioni sono sempre state alquanto critiche. “Nordio esalta riforme che non servono ai cittadini né a far funzionare meglio la giustizia. Viene a rincalzo di Meloni che usa la giustizia come collante della sua litigiosa maggioranza. Con le sbandate quotidiane e gli schiaffi in economia, a Meloni rimangono solo le battaglie di bandiera ideologica, come migranti e giustizia”, aveva dichiarato Debora Serracchiani, responsabile Giustizia del Pd. Serracchiani ha comunque già messo le mani su cosa potrà succede in futuro sulla giustizia: “Dalla separazione delle carriere che dividerà il Paese e lederà i principi fondanti della nostra Costituzione alla famigerata prescrizione che allunga i processi e mette a rischio i fondi Pnrr, dal Csm con il folcloristico sorteggio dei magistrati, all’obbligatorietà dell’azione legge penale. Nessuno crede che così migliorerà il sistema giustizia in Italia ma in molti temono che si scivoli verso modelli meno garantisti ed equilibrati”.

A dare un aiuto alle opposizioni nelle scorse settimane era scesa in campo Bruxelles. La riforma Nordio “decriminalizza reati e rende difficile individuarli”, aveva affermato Christian Wigand, portavoce della Commissione europea, commentando la decisione della maggioranza di abolire il reato di abuso d’ufficio. “La lotta alla corruzione - aveva aggiunto Wigand dimostrando di non conoscere il diritto penale italiano - è un’alta priorità per la Commissione europea che nel maggio scorso ha adottato delle proposte su questo”. “Siamo al corrente - aveva infine sottolineato Wigand - della proposta legislativa in Italia che intende modificare le misure che regolano i reati contro la pubblica amministrazione.

Come abbiamo spiegato nel nostro Rapporto sullo stato di diritto del luglio 2023, i cambiamenti proposti porterebbero a decriminalizzare importanti forme di corruzione, e potrebbero avere un impatto sull’effettiva individuazione dei casi di corruzione e sulla lotta contro di essa”. L’importante, adesso, è andare avanti senza farsi condizionare.