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di Carlo Alberto Romano*

nlr.plus, 7 ottobre 2023

Le persone detenute nelle carceri italiane al 31 luglio 2023 erano 57.749 e di essi 18.044 (pari al 31,2 %) erano cittadini stranieri. Come è composta questa consistente fetta di popolazione del carcere? Le nazionalità censite dal Ministero nelle statistiche carcerarie nazionali al 31 luglio sono oltre 150 cui si sommano 18 detenuti di nazionalità non definita. Fra quelle maggiormente rappresentate, e citando solo valori superiori al migliaio, troviamo il Marocco con 3748 detenuti, la Romania 2049, l’Albania 1879, la Tunisia 1812 e la Nigeria 1176. Molte nazionalità sono però rappresentate da un unico cittadino recluso. Un numero così elevato di persone straniere recluse non può non produrre una rilevante difficoltà nella loro gestione, in un sistema già alle prese con molte e altre cronicità. Una su tutte: il sovraffollamento, che dopo la parentesi dell’emergenza pandemica, è tornato a farsi sentire in modo preoccupante.

Sempre al 31 luglio u.s., i posti disponibili nei 189 istituti penali italiani, calcolati sulla base del criterio di 9 mq per singolo detenuto + 5 mq per gli altri, (cit. Ministero della Giustizia, infra) risultavano infatti 51.285, che a fronte del già citato totale di 57.749, produce un indice di sofferenza del 112,6. Valore non certo irrilevante. Al problema del sovraffollamento si è cercato di rispondere attraverso l’edilizia penitenziaria, aumentando la capienza tra il 2010 e il 2018 del 12,3 %, (ISTAT, annuario statistico,2019) e tuttavia il risultato non è stato per nulla soddisfacente e la questione resta tragicamente di attualità.

Un più efficace (ed “europeo”) programma di intervento, da un lato avrebbe dovuto consentire ai condannati di accedere più agevolmente all’esecuzione penale esterna, e dall’altro avrebbe dovuto limitare gli ingressi con finalità cautelari (ovvero il carcere sofferto prima che una sentenza accerti definitivamente la responsabilità, per motivi specificati dal vigente codice di procedura penale). Non sembrerebbero queste essere le strategie adottate. Specialmente per gli stranieri. Esiste infatti uno scarto molto evidente fra detenuti cautelari italiani e stranieri.

Perché accade ciò? Un motivo potrebbe risiedere dalla maggior facilità con cui gli italiani accedono a misure non detentive (il cd. piede libero o gli arresti domiciliari); la difficoltà, comune a molti stranieri, di dimostrare di possedere un alloggio idoneo o un lavoro regolare o una rete relazionale attiva sembrerebbe incidere sulla scelta del provvedimento cautelare applicabile nei loro confronti dalle autorità giudiziarie.

Gli stranieri accedono meno anche alle misure alternative alla detenzione; Antigone, da tempo, (XV rapporto sulla detenzione in Italia, Antigone) prendendo a riferimento la detenzione domiciliare ai sensi della Legge 199 / 2010, rilevava già nel 2019 un disvalore di circa il 5% . La questione della scarsa disponibilità di alloggi per le persone in esecuzione penale è ben conosciuta da chi si occupa di questi temi, e la enorme difficoltà a reperire alloggi idonei per gli stranieri (lato sensu intesi) è cosa analogamente nota.

Indicazioni sui reati commessi dagli stranieri ce le fornisce sempre Antigone, il cui report afferma che “La maggior parte dei reati che interessano i detenuti stranieri sono contro il patrimonio (25,7%), contro la persona (22%), e per violazione del testo unico in materia di stupefacenti (18%).”

Purtroppo queste tipologie di reato, sono proprio quelle che possiedono un evidente, stretto, rapporto con la percezione di insicurezza generatasi in alcuni settori della cittadinanza e questo non favorisce una lettura attenta e pacata del fenomeno.

Guardando alle fasi antecedenti la carcerazione, Istat (dati.istat.it) dice che in Italia, nel 2021, il numero degli autori di reato stranieri denunciati o arrestati dalle Forze di Polizia è pari a 265.150, su un totale di 831.137 denunciati, il che rappresenta un preoccupante valore percentuale del 31,9 %.

Vi è da dire che la maggior parte delle denunce a carico degli stranieri riguarda l’area della presenza irregolare, e che gli stranieri, a causa della loro vulnerabilità soggettiva, specialmente se costretti nella suddetta condizione di irregolarità, sono assai spesso a rischio di vittimizzazione più che di divenire autori di reato; inoltre, talo stato di vulnerabilità, li espone notevolmente al reclutamento del lavoro nero o addirittura della criminalità organizzata (ma spesso le due cose coincidono). Anche solo per questo motivo, le posizioni di irregolarità, andrebbero sanate con la maggior efficacia e rapidità possibile.

Insomma, il problema degli stranieri all’interno del circuito penale richiederebbe di essere inquadrato in modo corretto, partendo dal presupposto che si tratta di un tema da affrontare non disgiuntamente dall’analisi del sistema giustizia in generale e dalla normativa vigente in tema di immigrazione.

La corretta lettura delle statistiche relativa a dimensioni e tipologie delle condotte illecite degli immigrati unita a un impegno concreto nella formazione alla legalità, magari partendo proprio da una significativa riflessione riguardante il rapporto fra le diverse comunità etniche e i connazionali detenuti in carcere, potrebbe essere un buon punto di partenza.

*Docente di Criminologia all’università degli Studi di Brescia