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di Simone Marani

altalex.com, 17 giugno 2022

Nella superficie minima pro capite di 3 metri quadrati per detenuto non è computabile lo spazio occupato anche dai letti singoli, se ancorati al suolo (Cassazione n. 18681/2022). Ai fini della determinazione della superficie minima pro capite di tre metri quadrati, da assicurare ad ogni detenuto affinché lo Stato non incorra nella violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, stabilito dall’art. 3 della Convenzione ECU, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU, non è computabile lo spazio occupato, oltre che dai letti a castello, anche dei letti singoli, ove questi siano ancorati al suolo. Questo è quanto emerge dalla sentenza della Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione del 11 maggio 2022, n. 18681.

Da tempo, infatti, le Sezioni Unite hanno affermato il principio secondo il quale, nella valutazione dello spazio individuale minimo di tre metri quadrati, da assicurare ad ogni detenuto, si debba avere riguardo alla superficie che assicura il normale movimento nella cella e, pertanto, vanno detratti gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, tra cui rientrano i letti a castello (Cass. pen., Sez. Un., 24 settembre 2020, n. 6551).

Secondo la giurisprudenza della Corte EDU si può attribuire rilievo, ai fini della possibilità di movimento in una stanza chiusa, quale è la cella, ad un armadio fisso oppure ad un pesante letto a castello che equivalgono ad una parete; in tale ottica la superficie destinata al movimento nella cella è limitata dalle pareti nonché dagli arredi che non si possono in alcun modo spostare e che, quindi, fungono da parete o costituiscono spazio inaccessibile.

Detta regola può essere interpretata nel senso che, quando si afferma che il calcolo della superficie disponibile nella cella deve includere lo spazio occupato dai mobili, ci si intende riferire soltanto agli arredi che possono essere facilmente spostati da un punto all’altro della cella ed è escluso dal calcolo lo spazio occupato dagli arredi fissi.

L’importanza attribuita al movimento del detenuto, ovvero alla possibilità di camminare e di spostarsi nella stanza si comprende, ovviamente, alla luce della condizione carceraria; le persone non detenute dimorano tranquillamente in stanze nelle quali la superficie pro capite è inferiore a quella stabilita nella sentenza ma hanno la possibilità di uscire da quella stanza e di muoversi liberamente nell’abitazione o fuori dall’abitazione.

Qualora la camera sia una cella nella quale il detenuto è obbligato a rimanere per un lungo periodo di tempo senza poter uscire, la possibilità di movimento, il poter compiere alcuni passi per spostarsi, diventa vitale, rilevantissimo e la relativa impossibilità rischia di essere intollerabile, degradante ed inumana. È del tutto irrilevante ai fini del sovraffollamento carcerario che il letto ancorato al suolo possa essere utilizzato per finalità ulteriori rispetto al riposo, come leggere, parlare o giocare a carte perché se il letto è ancorato al suolo i detenuti all’interno della cella non possono utilizzare lo spazio dallo stesso occupato per camminare e per spostarsi. Qualora il letto singolo non sia ancorato al suolo, sussiste la possibilità di spostarlo durante il giorno per specifiche necessità, al pari delle sedie e dei tavolini, e quindi di poter utilizzare il relativo spazio.