palermotoday.it, 7 marzo 2023
La Cassazione ha definitivamente bocciato l’istanza del mafioso che chiedeva di poter incontrare i bambini, nipoti di suo fratello. Per i giudici sono parenti di quarto grado e non è previsto. Se fossero stati discendenti dei suoi figli, invece, avrebbe potuto avere un colloquio con loro.
Il vecchio boss di Pagliarelli, Settimo Mineo, 84 anni, chiedeva di poter incontrare - nonostante sia recluso al 41 bis - i suoi pronipoti, tutti minorenni e nipoti del fratello, ma la prima sezione Cassazione, come già avevano fatto il magistrato e il tribunale di Sorveglianza di Sassari, ha rigettato definitivamente la sua istanza in quanto si tratta di parenti di quarto grado e che, dunque, non rientrano tra quelli autorizzati da una circolare del Dap del 2017.
La mappa dei boss palermitani al 41 bis - Il mafioso, che avrebbe dovuto essere a capo della ricostituita Commissione provinciale di Cosa nostra, come emerso con l’operazione “Cupola 2.0” di dicembre 2018, è stato condannato dal collegio presieduto da Angela Tardio a pagare le spese processuali. Secondo i giudici, infatti, i colloqui sono ammessi solo con parenti fino al terzo grado e i pronipoti da parte del fratello sono invece di quarto grado.
Il boss Spera vuole lasciare il 41 bis e rifiuta le cure - Mineo aveva fatto ricorso contro la decisione del tribunale di Sorveglianza di Sassari, città in cui è detenuto, del 9 giugno dell’anno scorso, che a sua volta aveva confermato quella del magistrato di Sorveglianza: secondo la sua difesa, infatti, nella tabella del Dap sono inseriti tra i famigliari con cui è possibile avere colloqui al 41 bis pure i pronipoti. E di fatto è proprio così, ma come spiega adesso la Cassazione in quel caso ci si riferisce ai nipoti del figlio (che sono parenti di terzo grado) e non già di un fratello, come nel caso del boss.
Anche Pippo Calò contro il carcere duro - La Suprema Corte ha stabilito che il ricorso di Mineo “non merita accoglimento”, spiegando che “la circolare del Dap ha opportunamente chiarito chi siano i famigliari con i quali il detenuto può svolgere i colloqui, individuandoli nei parenti e affini entro il terzo grado, con un corretto esercizio del potere organizzativo che assicura un adeguato contemperamento tra le esigenze di sicurezza, da un lato, e quelle di conservazione e mantenimento delle relazioni affettive famigliari del detenuto, dall’altro”, si legge nella sentenza. Per i giudici “i figli del nipote ex fratre, a differenza dei figli del nipote ex filio, sono parenti di quarto grado e quindi, al di là di quanto possa desumersi dalla tabella riepilogativa contenuta nella circolare dell’Amministrazione penitenziaria”, i pronipoti “sono prima indicati quali parenti (ovviamente di terzo grado) del coniuge e poi (sempre nello stesso grado) per definire il rapporto di affinità del coniuge con gli stessi”.