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di Alessandro Capriccioli*

Il Dubbio, 7 marzo 2023

La nuova campagna radicale accompagna cittadine e cittadini nei luoghi di detenzione, “che non possono essere destinati all’oblio”. Non c’è posto più chiuso del carcere. Detta così pare una banalità, perché (ovviamente) il carcere è un luogo progettato apposta perché chi ci vive dentro non possa uscirne.

Eppure, per rendersi conto che l’affermazione non è poi così banale basta riflettere su un fatto: quella chiusura non vale in una sola direzione. Non si limita, cioè, a essere una protezione del “fuori” da ciò che sta “dentro”, ma si spinge fino a proteggere ciò che sta dentro da quelli che stanno fuori. O per meglio dire a nasconderglielo. Per capirci: non soltanto dal carcere non si può uscire, ma nel carcere non si può neppure entrare; circostanza che, a ben guardare, appare decisamente più singolare.

Tralasciando ogni considerazione (che pure sarebbe interessante svolgere) sulla ratio di questa inaccessibilità, ciò che interessa in questa sede è constatare che essa si traduce nella sostanziale sottrazione del carcere, e con esso delle persone che sono costrette a viverci, dal resto della comunità: sottrazione che da una parte allontana dalla percezione comune l’idea che le persone detenute rimangano titolari di diritti malgrado i reati commessi (è ancora così, con buona pace dei sempre più numerosi “manettari” che sembrano di avviso contrario), e dall’altra contribuisce a relegare le carceri alla dimensione di “non luoghi”, sospesi in una sorta di dimensione spazio- temporale parallela, irraggiungibile e misteriosa per la maggior parte di noi. Entrare negli istituti penitenziari, rompere quella barriera di marginalità che rappresenta il primo presupposto del nostro ormai conclamato fallimento rispetto alla finalità “rieducativa” sancita dalla nostra Costituzione, fare in modo che le persone possano verificare coi loro occhi cosa siano quei luoghi e incontrare chi ci vive, è di per sé un’iniziativa politica.

Per questo, come Radicali, abbiamo lanciato la campagna “Devi vedere”, il cui obiettivo è accompagnare i cittadini e le cittadine in una serie di visite nelle carceri del nostro Paese, estendendo un’attività che i militanti radicali svolgono da decenni con passione e dedizione, quale che sia la loro appartenenza politica.

Abbiamo ripetuto tante volte, anche da queste pagine, come il vero obiettivo di fondo per tenere insieme sicurezza e Stato di diritto non possa che essere il progressivo superamento del carcere: poiché, però, è impossibile superare ciò che non esiste, “aprire” le porte delle prigioni, perlomeno dall’esterno verso l’interno, rappresenta il primo passo per restituire a quei “non- luoghi” la materialità che è stata loro sottratta dall’oblio e dall’oscurità. Sembra un piccolo passo, ma noi siamo convinti che possa essere quello più importante.

*Segretario di Radicali Roma