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di Andrea Pugiotto

L’Unità, 25 ottobre 2023

Voler imporre un modello dominante di famiglia implica narrare le altre come marginali e devianti, esponendone i componenti al pregiudizio sociale. Ecco quindi la contrarietà alle famiglie arcobaleno e alla loro genitorialità, allo jus soli, gli ostacoli alla procreazione assistita, il reato universale di gestazione per altri: insomma, il rifiuto della declinazione plurale di famiglie.

1. Il privato che si fa pubblico per un fuori-onda televisivo e un fatto personale che diventa politico tramite un tweet. In sintesi, è questa la dinamica del “caso” che vede protagonisti la premier e il suo (ex) compagno di vita. Il linguaggio da trivio e la postura da maschio-alfa di Giambruno sono stati diffusamente stigmatizzati, mentre la reazione di Meloni ha avuto commenti misti per tutti i gusti. Con un riquadro in prima (“Chapeau. Se invece volete gossip leggete un altro giornale”), L’Unità ha scelto di non occuparsene. Non credo di rompere l’embargo se di questa vicenda segnalo la cultura politica che veicola e la trascende. Sta tutta in un interrogativo: quando i leader del centrodestra alzano le loro insegne (“Dio, Patria, Famiglia”), a quale famiglia fanno riferimento?

2. Non è quella tradizionale affermatasi nella storia italiana, a lungo costitutiva della cultura nazionale. Richiamarsi ad essa sarebbe anacronistico (e politicamente controproducente), perché i suoi caratteri un tempo irrinunciabili si rivelano, oggi, regressivi e inaccettabili. L’indissolubilità del matrimonio. Una struttura familiare gerarchica a subordinazione femminile. Un diritto di famiglia che - prima della riforma del 1975 - ammetteva il delitto d’onore e l’estinzione del reato di violenza carnale con nozze riparatrici. La responsabilità penale del marito limitata ai casi di “abuso” nei mezzi di correzione della moglie. Il reato del solo adulterio femminile, inizialmente salvato dalla Corte costituzionale proprio richiamando il “tradizionale concetto della famiglia, quale tuttora vive nella coscienza del popolo” (tranne, anni dopo, rimuoverlo con sent. n. 126/1968). Fino a l’altro ieri, questo era il modello familiare di casa nostra. Nessuno, al governo, credibilmente lo rimpiange.

3. Non è neppure la “società naturale fondata sul matrimonio” (art. 29 Cost.), la famiglia sbandierata dal centrodestra. Sarebbe contraddittorio: i suoi leader passati e presenti (Berlusconi, Fini, Casini, Salvini, Meloni) sono divorziati o non sono sposati o hanno finto di esserlo (pensando all’inedito berlusconiano delle “nozze” simulate con l’ultima “moglie”). Sarebbe anche un uso improprio di quella formula costituzionale che non incorpora un modello familiare fondato sul diritto naturale. Lo scopo dell’art. 29 è ben altro, come spiegò Costantino Mortati in Assemblea costituente: indicare nella famiglia una realtà preesistente allo Stato, con “una sua autonomia originaria, destinata a circoscrivere i poteri del futuro legislatore in ordine alla sua regolamentazione”. I Costituenti intesero così marcare il confine tra autonomia familiare e sovranità statale. In ciò, ammaestrati dalla storia patria che aveva conosciuto obbrobri come l’obbligo di improntare l’istruzione e l’educazione dei fi gli al sentimento nazionale fascista; il divieto (per gli ebrei) di sposarsi in territorio italiano; il divieto di nozze con stranieri per non contaminare la razza. Nessuna prescrizione di un modello, dunque, tantomeno confessionale. Semmai, uno scudo a difesa della libertà di scelta, a cominciare da quella del proprio partner.

4. Forse il centrodestra difende la famiglia monogamica, quale unione tra un solo uomo e una sola donna? Lo si può realisticamente escludere. Le biografi e dei suoi leader raccontano di più relazioni e di più fi gli, di primo e secondo letto. Nulla di illegittimo, anzi: è il nostro ordinamento a non elevare la monogamia a cardine dell’istituto familiare. La sopravvenuta depenalizzazione dei reati di adulterio e di relazione adulterina. L’introduzione del divorzio per scelta legislativa, poi confermata dal referendum popolare. La conseguente possibilità di creare nuove famiglie - anche legittime - senza il passaggio obbligato della vedovanza. I doveri costituzionalmente imposti ai genitori verso i figli, legittimi o naturali che siano. Sono tutti tasselli che hanno ridefinito il paradigma monogamico dei tempi andati. Oggi, “non si può avere più di un coniuge per volta, ma se ne possono avere più di uno in sequenza” (Chiara Saraceno). Oggi, non solo si consente, ma addirittura si ammette l’esistenza di rapporti poligamici di fatto, riconoscendone gli effetti giuridici tra le generazioni.

5. A cosa alludono allora i leader di centrodestra? Quando invitano a difenderla, pensano a una famiglia trinitaria: etero, bianca, procreativa. È questa che vogliono tutelare legislativamente, agevolare con specifiche misure economico-sociali, culturalmente difendere e diffondere. Nella loro visione, le tre componenti devono suonare in stereo: l’assenza anche di una sola, infatti, cambia la musica e giustifica un diverso spartito. Serve esemplificare? La contrarietà alle famiglie arcobaleno e alla loro genitorialità, di cui si vieta la trascrizione. Il rifiuto di una legge sulla cittadinanza improntata allo jus soli (per quanto temperato), perché favorirebbe successivi ricongiungimenti familiari da paesi extraeuropei. Le agevolazioni per le famiglie a prole numerosa, purché italiane. Gli ostacoli legislativi alla procreazione assistita. Il divieto penale universale della gestazione per altri, anche quando solidale (così, se ieri nascevano i figli del peccato, oggi nasceranno i figli del reato). È la declinazione plurale di famiglie che non piace e che, dunque, va avversata. Tutto si tiene. Purché si resti entro il perimetro della famiglia etero-bianca- procreativa, nella propria vita privata ogni altra possibile combinazione è tollerata. Lo testimoniano le loro biografi e, da questo punto di vista per nulla incoerenti.

6. Senonché, il diritto (costituzionale, in particolare) parla un lessico familiare diverso. Quanto alla nostalgia per la famiglia “granaio della Nazione”, contrarre matrimonio non è mai stato un diritto esclusivo di chi è idoneo a procreare naturalisticamente. Può sposarsi la coppia di anziani. Lo può fare il transessuale con il partner del suo sesso originario. Si celebrano nozze in punto di morte. Dentro o fuori dal matrimonio, avere figli è una libera scelta individuale: infatti, la sterilizzazione volontaria non è più reato; quello di propaganda delle pratiche contraccettive è stato dichiarato incostituzionale (sent. n. 49/1971); la legge sull’aborto riconosce il diritto soggettivo alla procreazione cosciente e responsabile (art. 1, legge n. 194 del 1978). Sono tutti esempi di come, giuridicamente, sia stato da tempo tagliato il cordone ombelicale che univa famiglia e funzione procreativa. È vero: il calo demografi co rappresenta un problema nazionale. Lo si potrebbe affrontare con una politica migratoria inclusiva. Se non lo si fa è perché ne uscirebbe divelto uno dei tre picchetti (la famiglia bianca) che si vuole ben piantato a terra. Quanto al paradigma eterosessuale, resiste solo nell’istituto matrimoniale, come ha confermato la Consulta con una sentenza (n. 138/2010) tra le più discusse in dottrina. Ma non permea di sé le formazioni sociali a vocazione familiare che vediamo intorno a noi: unioni civili, coppie di fatto, famiglie unipersonali, allargate, omo-genitoriali, monoparentali. Famiglie che tali sono (non per il diritto, ma) per la vita, perché capaci di inedite e autentiche relazioni di cura: “è così difficile capirlo? Quello che fa davvero la differenza è la legge dell’amore” (Massimo Recalcati). Non la legge della natura o del codice civile.

7. Se le cose stanno così, l’opposizione farebbe bene allora ad abbandonare il moralismo di chi addita l’ipocrisia altrui. Irridere i leader di centrodestra perché amano così tanto la famiglia da averne più d’una è inutile ed anche sbagliato: infatti, le loro sono - tutte - unioni etero, bianche, procreative. La posta in gioco è molto più alta. Voler imporre, attraverso il diritto, un modello dominante di famiglia implica narrare le altre come marginali e devianti, esponendone i componenti al pregiudizio sociale. Serve forse ricordare che, nella storia, sono sempre iniziate così tutte le discriminazioni peggiori?