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di Alessio Nisi

vita.it, 7 novembre 2023

Intesa Sanpaolo e Caritas lanciano “Aiutare chi aiuta”, programma dedicato quest’anno al sostegno ai detenuti. Èun programma che ha l’obiettivo di contrastare le diseguaglianze e le povertà nel nostro Paese, con interventi capillari su tutto il territorio. Giunta al quarto anno, nata nel 2020 con la pandemia, guidata da Intesa Sanpaolo e Caritas Italiana, è un’iniziativa che conferma, come sottolinea Paolo Bonassi, Executive Director Strategic Initiatives and Social Impact Intesa Sanpaolo, “la comunanza di valori, ideali e prospettive con Caritas”.

Il programma, “nato come misura emergenziale e poi strutturatosi negli anni”, si chiama “Aiutare chi aiuta” e questa mattina è stato confermato anche per il 2023-2024, con un focus sul mondo del carcere e sul reinserimento delle persone detenute. “Il mondo del carcere”, spiega Bonassi, “è un ambito su cui Intesa Sanpaolo interviene con impegno e risorse per dare dignità e nuova speranza a chi ha sbagliato e vuole ricominciare sul binario giusto”. Nel triennio 2020-2023 Intesa Sanpaolo ha stanziato per il programma “Aiutare chi aiuta” 4,5 milioni di euro.

Perché il carcere - “La popolazione carceraria è composta spesso dalle fasce più svantaggiate della popolazione”. Per Bonassi poi “la continuità è un importante fattore di efficacia nel contrasto alle disuguaglianze. Dopo i rilevanti risultati raggiunti rinnoviamo il nostro impegno al fianco della Caritas Italiana per proseguire il programma di collaborazione “Aiutare chi aiuta” a sostegno della sua attività meritoria”.

Cabina di regia - Identità di vedute e di azione con Caritas, si diceva, a partire dalla creazione di una “cabina di regia nella quale andiamo a individuare le tematiche più urgenti per il nostro Paese e idonee per la soluzione di questi bisogni”. Tra gli aspetti del programma anche la volontà di “raggiungere in maniera capillare tutti i territori”.

Il tasso di recidiva - L’azione di Intesa Sanpaolo e Caritas italiana poggia sulle necessità espresse dai numeri. “La popolazione dei detenuti in Italia”, precisa Bonassi, “conta oltre 57 mila persone, con un tasso di sovraffollamento pari al 118%”. In questo quadro, “i detenuti coinvolti in un programma di formazione professionale sono appena il 5,4% del totale”. Partendo da questi dati, spiega sempre Bonassi, “abbiamo deciso di raggiungere quanti più istituti possibili, grazie anche alla rete della Caritas”.

Nuove strade e modalità di lavoro - “È importante”, sottolinea Don Marco Pagniello, Direttore Caritas Italiana, “avviare cooperazioni in un’ottica di corresponsabilità per cercare insieme nuove strade e modalità di lavoro, coinvolgendo la comunità, ad ogni livello, e opporre alla società dello “scarto” un nuovo modello economico che metta al centro le persone, valorizzando i talenti di cui ognuno è portatore. La partnership strategica con Intesa Sanpaolo è un esempio di co-progettazione virtuosa fra enti non profit e organizzazioni profit. Più riusciamo a fare rete più opportunità costruiremo per gli altri. Per Pagniello quello in è atto “è un tentativo di coniugare, a servizio del bene comune, il ruolo delle imprese per la crescita del Paese e il ruolo della rete Caritas per accompagnare le persone più ai margini, con particolare attenzione alle nuove forme di povertà”.

I valori, i beni, la formazione, l’occupabilità - Il programma, “un’iniziativa multilivello”, si svilupperà lungo quattro direttrici: promozione e condivisione dei valori del rispetto delle regole, della legalità, degli altri, al fine di promuoverne il superamento delle condizioni di disagio e di esclusione. Distribuzione di beni primari e altri beni di prima necessità, in particolare pasti, indumenti, prodotti per l’igiene sia in carcere sia presso strutture protette, a cui si aggiungono servizi di accoglienza e accompagnamento per i detenuti in permessi premio, agli arresti domiciliari o che hanno da poco concluso il percorso di pena. La formazione, con corsi professionalizzanti e di accompagnamento al lavoro all’interno e all’esterno del carcere, con incarichi lavorativi durante e al termine del periodo di detenzione. “Non da ultimo c’è il tema della occupabilità: con l’individuazione di incarichi durante la detenzione e iniziative di avviamento al lavoro, con tirocini da poter fare anche al di fuori del carcere”.

Le nuove fragilità - Il quadro in cui si muovono gli interventi di “Aiutare chi aiuta” è quello delle nuove fragilità. “Come ha riportato l’Istat”, mette in evidenza Bonassi, “in Italia ci sono 2 milioni e 180 mila famiglie sono in uno stato di povertà (un numero che corrisponde a 5 milioni e 600 mila individui), il 5,7% della popolazione in Italia”. Il nostro Paese conta 3 milioni di giovani che non studiano e non lavorano, il 25% della popolazione tra 15 e i 34 anni. “Se associamo questo dato a quello dell’occupazione femminile, 7 milioni di donne escluse dal mondo del lavoro”.

Il progetto negli anni - Dal 2020 quando in periodo pandemico è iniziata la collaborazione, un milione di interventi (pasti, posti letto, farmaci e indumenti) hanno raggiunto 40 mila beneficiari con il coinvolgimento di 80 Caritas diocesane in tutta Italia. “Era necessario”, ricorda Bonassi, “immettere risorse nel sistema per sostenere le Diocesi chiamate a rispondere ai bisogni urgenti nel nostro Paese”. Tra gli ambiti di intervento, l’offerta di beni e aiuti materiali, casa e accoglienza, sostegno nella ricerca di lavoro e nell’avviamento di nuove imprese in particolare in aree periferiche del Paese dove risorse e opportunità sono limitate. Nel secondo anno 2021-2022 l’attenzione è stata rivolta alle persone anziane, mentre nel terzo alla povertà giovanile e all’inclusione della popolazione anziana.