sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Carlo Galli

La Repubblica, 19 marzo 2024

Sono le sfide che si stagliano davanti alle democrazie liberali lo sfondo della relazione annuale che il presidente della Corte Costituzionale, Augusto Barbera, ha svolto ieri in un documento la cui importanza travalica lo specialismo degli addetti ai lavori, e merita di entrare nel più ampio discorso pubblico. Il punto di vista è ovviamente quello del giurista, ma l’elemento più significativo sta proprio nel fatto che l’argomentazione ha un ampio respiro e mette in gioco, con tutte le cautele del caso, oltre all’attività della magistratura ordinaria anche la politica e l’evoluzione della società.

Come dire che la democrazia non vive nella sola dimensione del diritto - pure, evidentemente, imprescindibile - ma che il suo obiettivo costituzionale, la fioritura della persona umana, esige la collaborazione fra diritto e politica. Certo, nella distinzione dei ruoli, ma nella comune proiezione verso la realizzazione del disegno che la Carta reca in sé. Se la Consulta è il Custode della Costituzione, non può costruirsi, secondo le parole di Barbera, una “fragile Costituzione dei Custodi”, un santuario autosufficiente di norme avulse dalla realtà.

La crisi della democrazia in Occidente è dovuta a dinamiche economiche che acuiscono le diseguaglianze sociali, al crescente dominio della tecnica che soffoca il cittadino in una rete di crescenti adempimenti e controlli, al proliferare delle emergenze interne ed internazionali che generano ansie e aggressività nella società; ma è dovuta anche al fatto che il motore politico della democrazia fatica a intervenire per normare le nuove esigenze individuali e le nuove sensibilità a cui dare risposte in linea con i principi costituzionali. Questa latitanza della politica è un potente fattore di delegittimazione delle procedure democratiche, e dello Stato al cui potere legislativo spetterebbe il compito di agire.

Il caso del “fine vita”, richiamato nella relazione, è l’esempio più evidente, e il più doloroso, di un’incapacità del parlamento già da tempo denunciata dalla Corte, che ha anche provvisoriamente stabilito alcune linee guida per indirizzare il riluttante legislatore. Non un’invasione di campo, ma un sentiero aperto perché un diritto - quello di morire in libertà e dignità - possa essere fruito. Ma, nella perdurante assenza della legge nazionale, è un percorso molto lungo, davanti alla giustizia ordinaria, e ciò ha spinto alcune regioni, prima il Veneto e poi l’Emilia-Romagna, a tentare la via della legislazione regionale. Una tutela dei diritti “fai da te”, discutibile, e anch’essa di difficile applicazione (in Veneto già bocciata).

Allo stesso fenomeno di disunione della compagine della democrazia repubblicana appartiene un’altra prassi criticata da Barbera: la disapplicazione immediata, senza passare per la Consulta, da parte dei magistrati ordinari, delle norme che essi ritengono in contrasto con la Costituzione. Dopo avere ricordato la vasta gamma di opzioni pratiche che la Corte ha messo in campo per consentire il buon funzionamento dell’iter giudiziario anche in presenza di eccezioni di costituzionalità, il presidente ha insistito sull’esigenza che sia la Corte l’unica istanza decidente, perché vengano tutelate l’uniformità e la certezza del diritto. Anche a livello giudiziario il “fai da te” è una china pericolosa.

Di fatto, le sfide alla democrazia esigono, per essere superate, il buon funzionamento dello Stato democratico - la dimensione europea è ovviamente fatta salva, ma se lo Stato non c’è non sarà l’Europa a supplirlo, proprio come l’attività del parlamento non può essere supplita dalle regioni o dai singoli magistrati giudicanti, né (se non provvisoriamente) dalla stessa Corte. È quindi una democrazia complessa quella disegnata da Barbera - fatta di molti livelli e di molte funzioni, in dialogo e in collaborazione - in cui ciascuno deve fare la sua parte, se si vuole evitare che l’inazione di alcuni e l’iniziativa di altri generino una diffusa sfiducia nelle istituzioni democratiche e trasformino la società in una giungla in cui ciascuno - e ovviamente prima di tutto i gruppi più forti e agguerriti - si prende da sé i propri diritti (o quelli che presume tali) a scapito dei diritti altrui. Una società “fai da te”, in cui i diritti diventano desideri, pretese, e poi intolleranza e prevaricazione.

Della democrazia, ci dice Barbera, tutti - il parlamento e l’intera politica, la Corte e l’ordine giudiziario, lo Stato e l’Unione Europea - devono essere leali fautori e custodi. Per rimettere la democrazia sulle sue gambe, e per consentire ai cittadini di esserne protagonisti, si deve insomma capire che i diritti non sono solo una questione individuale, ma anche di sistema. E di un sistema che deve tornare presto a funzionare.