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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 4 novembre 2023

Dal carcere di Rebibbia, si è levata un’invocazione urgente e appassionata. Nella forma di una lettera aperta rivolta a tutte le autorità dalla Asl fino al ministero della giustizia, i detenuti hanno rivolto il loro sguardo fiducioso e speranzoso verso i medici e il personale sanitario, chiedendo aiuto, assistenza e umanità. Questo appello, proveniente direttamente dalla redazione di “Non Tutti Sanno”, il notiziario della Casa di Reclusione di Rebibbia, si è levato come un grido di speranza nel buio, richiamando l’attenzione sulla loro condizione, sulla loro dignità umana e sul diritto fondamentale alla salute.

In una società spesso veloce nel giudicare e nell’isolare coloro che hanno commesso errori, questa lettera ha lanciato un appello carico di umanità. I detenuti, nel riconoscere i loro errori, non hanno rinunciato al diritto alla dignità e alla cura. Con coraggio e determinazione, hanno sfidato le criticità del sistema sanitario penitenziario italiano, evidenziando le difficoltà che devono affrontare quotidianamente.

La lettera ha ribadito l’importanza cruciale del personale medico e sanitario nel contesto carcerario. Sottolineando le numerose patologie fisiche e mentali che affliggono la popolazione carceraria, gli autori dell’appello hanno evidenziato la necessità di una maggiore prevenzione e cura. Hanno sottolineato il fatto che, senza l’impegno costante dei medici e degli operatori sanitari, il diritto costituzionale alla cura rimane un concetto vuoto all’interno delle mura delle prigioni italiane.

Un tema particolarmente toccante è stato il ruolo cruciale che la presenza dei medici svolge nel contrastare il disagio psicologico derivante dalla detenzione. La carcerazione può abbattere le difese immunitarie e aggravare problemi psichiatrici preesistenti, rendendo la presenza di professionisti della salute mentale ancora più essenziale. La lettera ha sottolineato la necessità di risorse aggiuntive e di una maggiore presenza di specialisti per affrontare le patologie psichiatriche, insieme alla richiesta di luoghi adeguati fuori dalle prigioni per coloro che necessitano di cure psichiatriche o di disintossicazione.

L’appello ha anche posto l’accento sul bisogno di continuità nell’assistenza medica. I detenuti hanno condiviso le loro preoccupazioni riguardo alla sostituzione insufficiente dei medici in pensione e alla difficoltà nel reclutare nuovi professionisti. Questo ha creato un vuoto nell’assistenza sanitaria all’interno delle carceri, causando ulteriori disagi per coloro che sono già afflitti dagli effetti del sovraffollamento e delle condizioni carcerarie difficili.

Nonostante le sfide, l’appello si è concluso con una nota di speranza. I detenuti hanno chiesto ai medici di non abbandonarli, di condividere la loro competenza e il loro impegno, di entrare nelle prigioni e di accettare giovani medici in formazione, offrendo loro un’opportunità unica di apprendimento e crescita. Hanno chiesto anche ai medici in pensione di prolungare la loro attività nel carcere, se possibile, per garantire continuità e stabilità nell’assistenza sanitaria.

Questo appello appassionato ha sottolineato l’importanza vitale di un sistema sanitario penitenziario compassionevole, competente e umano. Ha richiamato l’attenzione sulla necessità di affrontare le sfide del sistema carcerario italiano e di garantire che ogni individuo, anche dietro le sbarre, abbia accesso a cure adeguate, rispetto e dignità. Ora, spetta a tutte le autorità competenti, politica in primis, a rispondere a questo appello, riconoscendo l’umanità dietro le sbarre e lavorando insieme per far fronte a questo gravoso problema che rende, di fatto, illegale il sistema penitenziario stesso.