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di Lorenzo De Cicco

La Repubblica, 23 maggio 2022

A Montecitorio c’è una proposta di legge sulla possibilità di coltivare “quattro piantine” per uso personale, mentre a Palazzo Madama il ddl gradito a Salvini punta all’opposto: “tolleranza zero” anche per lievi entità. Un regolamento stabilisce che “vince” la proposta fatta prima.

Alla Camera la chiamano la disputa della Cannabis. Perché sul tema i due rami del Parlamento sono piuttosto agitati. Da un lato, quello di Montecitorio, c’è una proposta di legge che punta a depenalizzare la coltivazione domestica, col tetto di “4 piantine” per uso personale, non terapeutico. Dall’altro, a Palazzo Madama, a fine aprile è stato incardinato un ddl, graditissimo a Matteo Salvini che l’ha ribattezzato “Droga Zero”, che pretende l’opposto: pene più severe e via la “lieve entità” anche per la semplice detenzione di stupefacenti. Le due Camere insomma marciano in direzione ostinata e contraria, sullo stesso argomento. E in teoria non si potrebbe fare, dato che i regolamenti parlamentari lo dicono chiaro: non si può procedere all’esame di un progetto di legge che ha “un oggetto identico o strettamente connesso rispetto a quello di un progetto già presentato” nell’altro ramo del Palazzo (articolo 78 del regolamento di Montecitorio e numero 51 di quello di Palazzo Madama). L’unica via d’uscita, così dicono le norme interne di deputati e senatori, è che i vertici delle due Camere si scrivano e si mettano d’accordo.

Ecco perché il presidente della Camera, Roberto Fico, ha spedito una lettera riservata alla presidente del Senato, Elisabetta Casellati, per raggiungere le “possibili intese”. Nella missiva, che risale a due settimane fa, il grillino chiede in sostanza che sia data priorità alla proposta in discussione a Montecitorio per la depenalizzazione. Non perché Fico ne sposi il contenuto (anche se il suo partito sostiene la legge), ma perché, per prassi parlamentare, ha la precedenza il testo presentato prima. E la proposta al vaglio dei deputati è stata adottata come testo base in Commissione Giustizia a settembre 2021, su richiesta di Riccardo Magi di Più Europa e dalla 5 Stelle Caterina Licatini, che avevano presentato il progetto di legge addirittura nel 2019. La contro-proposta del Carroccio, primo firmatario il capogruppo Massimiliano Romeo, che estenderebbe le pene per la detenzione di lieve entità da un minimo di 3 anni a un massimo di 6 (contro i 6 mesi e 4 anni previsti oggi), è stata invece adottata dal Senato solo a fine aprile.

L’intesa sull’asse Montecitorio-Palazzo Madama però non c’è, almeno per ora. Casellati, affaccendata su altri temi, vedi il ddl Concorrenza, non ha risposto al messaggio di Fico. E tra i deputati serpeggia qualche malumore. Il più crucciato, naturalmente, è il radicale Magi: “La nostra proposta dovrebbe arrivare in Aula a giugno, è già in calendario. Ma qualcuno vuole evitare qualsiasi intervento sul tema per via parlamentare, dopo che è stato impedito per via referendaria”. Pensare che a novembre, aggiunge Magi, la Conferenza nazionale sulle droghe, cioè il principale appuntamento istituzionale governativo che dovrebbe fornire indicazioni al Parlamento, “ha giudicato necessarie sul piano penale proprio le misure contenute nella nostra proposta”.

A Montecitorio i lavori sono entrati nel vivo. Mario Perantoni, presidente della commissione Giustizia in quota M5S, fa di conto e spiega che sono stati già votati “23 dei 26 emendamenti all’articolo 1, che al comma C stabilisce il cuore del provvedimento”. Cioè che sono “consentite a persone maggiorenni la coltivazione e la detenzione esclusivamente per uso personale di non oltre quattro piante femmine di cannabis, idonee e finalizzate alla produzione di sostanza stupefacente, e del prodotto da esse ottenuto”. In settimana, aggiunge Perantoni, “proseguiremo i lavori”. Aspettando Casellati.