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di Leo Lancari

Il Manifesto, 3 maggio 2023

Previsto il voto di fiducia per il provvedimento che taglia la protezione speciale. Tutto come previsto. E tutto di fretta, perché il dl Cutro scade il 9 maggio, tra appena sei giorni, e il governo non vuole rischiare sorprese. Che non ci saranno. Oggi il provvedimento che tra le altre cose taglia la protezione speciale e impedisce ai richiedenti asilo di essere inseriti nel sistema Sai, verrà licenziato definitivamente dalla Camera dove è arrivato dopo essere stato approvato dal Senato. Via libera che sarà dato con il voto di fiducia, come ha annunciato ieri il ministro per i rapporti con il parlamento Luca Ciriani poco prima che l’aula bocciasse le pregiudiziali di costituzionalità. E tagliato, su richiesta della maggioranza, i tempi della discussione, ridotti a Montecitorio dopo che si erano allungati troppo a Palazzo Madama. “Questo decreto usa i migranti come una clava, non risolve il problema dei flussi migratori e mortifica il ruolo parlamento”, dice non a caso il segretario di +Europa Riccardo Magi illustrando in aula la relazione di minoranza al provvedimento.

Sono stati dunque del tutto inutili gli appelli rivolti al governo da sindaci, associazioni e da alcuni governatori perché rimettesse mano al provvedimento varato dopo la strage di Cutro del 26 febbraio scorso e costata la vita a 91 migranti. Le nuove norme, oltre alla stretta sulla protezione speciale, smantellano il sistema di accoglienza e prevedono un aumento dei centri per il rimpatrio (Cpr) con un allungamento dei tempi di detenzione fino a 90 giorni prorogabili di altri 45. Viene inoltre previsto un nuovo reato penale per i trafficanti di esseri umani con pene che possono raggiungere i 30 anni di carcere.

Quando il testo si trovava ancora al Senato un intervento dell’ultimo minuto della premier Giorgia Meloni ha portato alla riscrittura di un emendamento della maggioranza nel quale era inserita un’ulteriore restrizione che prevedeva lo stop al rispetto degli obblighi internazionali nel valutare la concessione della protezione e al momento delle espulsioni. Un passaggio che, se approvato, avrebbe rischiato di aprire uno scontro con il Quirinale.

Le norme che oggi vanno al voto sono comunque più che sufficienti alla Lega per gridare vittoria e dirsi soddisfatta per aver reintrodotto i decreti sicurezza di Salvini. Ma anche per alimentare le preoccupazioni delle opposizioni che denunciano come l’ennesimo giro di vite, oltre a non risolvere il problema degli sbarchi, farà precipitare decine di migliaia di migranti nell’irregolarità. “La verità - afferma il deputato M5S Alfonso Colucci - è che questo e altri provvedimenti del governo Meloni, come il decreto Rave e il decreto Ong, servono per instillare paura e smarrimento nella popolazione, coprire l’incapacità del governo e preparare il terreno ad altre e più gravi limitazioni dei diritti fondamentali delle persone”.

Per la dem Laura Boldrini, si tratta invece di “un insieme di misure affastellate tra loro che a tutto mirano tranne che a prevenire il ripetersi di tragedie come quella avvenuta il 26 febbraio”. “Di fronte all’immensità del problema delle migrazioni - afferma ancora Magi - il governo predilige un’ottica nichilista e sceglie ancora una volta di identificare nemici simbolici: gli “scafisti” e le organizzazioni non governative che svolgono il ruolo che lo spirito di umana solidarietà dovrebbe imporre a qualsiasi paese civile, prima ancora delle norme del diritto internazionale: la salvezza delle vite e l’accoglienza”.