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di Giuliano Foschini e Fabio Tonacci

La Repubblica, 2 febbraio 2023

In tre penitenziari di massima sicurezza sono stati ascoltati dei boss camorristi discutere su come alimentare la protesta contro il 41 bis. L’allerta dell’intelligence: “Rischio saldatura con gli anarco-insurrezionalisti”.

I mafiosi al 41 bis stanno puntando su Alfredo Cospito e sulla sua battaglia per interrompere il carcere duro. “Dobbiamo sostenerlo”, vanno ripetendo i camorristi (e non solo loro) nelle carceri di massima sicurezza d’Italia: a Sassari, dove Cospito era detenuto e ha cominciato lo sciopero della fame, ma anche a Novara e Spoleto, come raccontano le relazioni del Gruppo operativo mobile (Gom) della Polizia penitenziaria arrivate di recente sui tavoli della Direzione nazionale antimafia e del ministero della Giustizia.

Il contenuto di quelle carte è in parte finito, senza alcun benestare della Penitenziaria e dei magistrati antimafia, alla Camera dei deputati, nell’intervento di martedì scorso dell’onorevole di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli. E da lì al centro dello scontro politico tra maggioranza e opposizione. Un esito imprevedibile: mai un parlamentare era andato in Aula a declamare conversazioni raccolte negli istituti detentivi del 41 bis, ancora segrete. Prevedibile, invece, che i mafiosi finissero per sostenere, in qualche modo, la protesta del detenuto anarchico, giunto al 106 esimo giorno di sciopero della fame.

La battaglia di uno degli esponenti più carismatici della Federazione anarchica informale (Fai), condannato per la gambizzazione dell’dirigente di Ansaldo Nucelare Roberto Adinolfi e per i due ordigni piazzati all’ingresso della Scuola allievi carabinieri di Fossano, ha aperto infatti, e fatto fare un salto di qualità, al dibattito pubblico sul 41 bis, il regime del carcere duro. Nonostante le parole di chiusura del ministro della Giustizia, Carlo Nordio (“mai pensato di cambiare le norme che lo regolano”), i boss sperano di poter raccogliere i frutti della lotta di Cospito.

“Sarebbe importante che la questione arrivasse a livello europeo e magari ci levassero l’ergastolo ostativo” gli diceva il boss mafioso Francesco Presta, durante i passeggi di socialità nel carcere sassarese di Bancali. “Pezzetto dopo pezzetto si arriverà al risultato”, ragionava poi Francesco di Maio, un uomo di primo piano del clan dei Casalesi. Ma chiacchiere di questo tipo sono state scambiate da Cospito anche con Pietro Rampulla (l’uomo che confezionò le bombe per la strage di Capaci nella quale morì il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e egli uomini della scorta) e con l’altro siciliano Pino Cammarata.

Che questa comunità di intenti esista, Cospito lo sa. Tanto che negli ultimi giorni - questo per lo meno ricostruisce la Penitenziaria nelle informative - avrebbe chiesto al suo avvocato di non prendere posizioni pubbliche che possano essere strumentalizzate dalla criminalità organizzata. E di concentrarsi invece sulla sua situazione clinica, sull’enormità della condanna ricevuta (30 anni) e sul regime carcerario cui è sottoposto.

I servizi della nostra intelligence già durante la pandemia avevano segnalato il pericolo di un avvicinamento tra gruppi eversivi, sia di sinistra sia di destra, e appunto ambienti della criminalità organizzata. Ne erano state trovate evidenze con le prime manifestazioni di piazza dopo il lockdown e i rapporti - documentano alcune indagini della magistratura - sono continuati nel tempo. Ora l’occasione è ghiotta, motivo per cui la polizia di Prevenzione sta seguendo con attenzione quello che succede all’interno dei movimenti anarchici per verificare chi e se qualcuno si infiltra.

Ed è anche su questo rischio di contiguità tra eversione, anarco-insurrezionalismo e mafie, che si fonda il nuovo parere dato dalla Direzione nazionale antimafia sulla prosecuzione 41 bis a Cospito: pur confermando quanto già detto mesi fa sul suo carisma e sulla sua capacità di istigazione, ragioni alla base della decisione del maggio scroso di spostare l’anarchico nel circuito del carcere duro, i magistrati antimafia segnalano anche elementi che lasciano spiragli alla possibilità della revoca. Sarà il ministro Nordio ad avere l’ultima parola.