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di Filippo Femia

La Stampa, 19 gennaio 2023

Il fondatore di Libera: “Nella lotta alle cosche è necessaria una rigenerazione culturale. Cosa Nostra affonda le radici nel vuoto dei diritti, si può battere con la giustizia sociale”. La lunga latitanza di Messina Denaro è stata favorita da quella di alcuni politici: “Non hanno capito che le mafie si combattono anche con le politiche sociali, garantendo i diritti fondamentali come lavoro, istruzione e salute”. È la convinzione di Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e Gruppo Abele. Da oltre trent’anni sotto scorta per le minacce di Cosa Nostra (Totò Riina diede l’ordine di ucciderlo), il “prete degli ultimi” auspica una “rigenerazione culturale” e la fine della “diserzione etica della politica”: in quel modo la mafia diventerà “un fenomeno criminale circoscritto, slegato dal resto della società”.

Don Ciotti, l’esultanza per la cattura di Messina Denaro è ancora fresca. Teme che quegli applausi svaniscano in fretta per lasciare il posto a connivenza e omertà che hanno protetto il boss?

“È un rischio che non possiamo permetterci. La cattura di Messina Denaro è importantissima, ma certo non è la conclusione della lotta alla mafia né a Cosa Nostra. È una tappa importante, non il traguardo. Non dobbiamo commettere gli stessi errori seguiti agli arresti di Riina e Provenzano”.

Una latitanza così lunga può essere considerata anche un fallimento della politica?

“La latitanza del boss è stata indubbiamente favorita dalla latitanza di quella politica che non ha capito, o fatto finta di non capire, che le mafie non si contrastano solo con indagini e arresti ma con le politiche sociali, garantendo i diritti fondamentali come lavoro, istruzione e salute. E con il superamento di un modello economico (quello neoliberista, che ha nel profitto il valore assoluto) terreno di conquista e razzie per tutte le mafie, nazionali e internazionali. C’è una convergenza stretta tra crimine mafioso, reato economico e diserzione etica della politica”.

Serve un nuovo approccio nella lotta alla mafia?

“Le mafie non si combattono soltanto con gli strumenti investigativi e la repressione. Le organizzazioni criminali affondano le radici nel vuoto dei diritti, nella debolezza e nella malattia delle democrazie: senza un cambiamento, una rigenerazione sociale e culturale, continueranno a sopravvivere, a trasformarsi, ad assumere forme adeguate ai tempi. In ogni caso bisogna riconoscere e ammirare l’impegno e la tenacia dei magistrati e delle forze di polizia, che non hanno mai gettato la spugna”.

Qualcuno ventila una trattativa di Messina Denaro con lo Stato per la sua consegna. Nel caso fosse vero, troverebbe l’ipotesi scandalosa?

“Se è dotato di un’etica, lo Stato non può trattare con chi vuole distruggerlo. Non l’ha fatto con le organizzazioni terroristiche e non può farlo con quelle mafiose. Ciò detto, credo che non sia più tempo di ipotesi e illazioni: abbiamo bisogno di documentate verità”.

Il boss può contribuire a fare luce su alcuni dei più sanguinosi misteri d’Italia. Crede che collaborerà?

“Me lo auguro di cuore, per le vittime di quei fatti ancora avvolti dal mistero e anche per lui. Sarebbe un modo non di sgravarsi la coscienza, ma di nutrirla con l’unico alimento che rende una vita degna di essere vissuta: la ricerca di verità”.

Se si trovasse di fronte a lui, cosa gli direbbe?

“Gli augurerei, dopo aver scatenato la guerra attorno a sé e provocato una miriade di vittime e dolore, di scatenare la guerra dentro di sé: sono i conflitti di coscienza a indicarci la strada della dignità e dell’umanità. Se diventassimo tutti più consapevoli del nostro essere vulnerabili smetteremmo di farci del male”.

La mafia non è più quella stragista, i clan sono infiltrati ai più alti livelli politici ed economici. Crede che la società civile possa essere un antidoto?

“Se non lo credessi non sarebbe nata nel 1995 Libera, con l’intento di dare all’impegno dei cittadini contro le mafie una strategia e un orizzonte. Per questo invito a non parlare di “società civile”: siamo tutti cittadini, il punto è come interpretiamo quel ruolo. È necessario uno scatto: se fossimo “società responsabile”, se ciascuno di noi avesse fatto la sua parte, la mafia sarebbe oggi un fenomeno criminale circoscritto, slegato dal resto della società. Un male individuabile e debellabile con il solo impegno di magistratura e forze di polizia”.

“La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani avrà un inizio e una fine”, diceva Giovanni Falcone. Condivide?

“Lo incontrai a un convegno sulla lotta al narcotraffico pochi mesi prima della strage di Capaci. Se oggi fosse ancora con noi, ripeterebbe quelle parole. Ma aggiungerebbe, credo, che per sconfiggere la mafia dobbiamo diventare tutti più umani, cioè più responsabili, più giusti, più partecipi di quei beni comuni che ci rendono comunità”.

Crede che i giovani si espongano poco nella lotta alla mafia? All’interno di Libera siete riusciti a passare il testimone alle nuove generazioni?

“Per facilitare questo passaggio di testimone, ovvero di responsabilità, da circa vent’anni organizziamo i campi estivi di Libera. È bello vedere giovani arrivare da tutta Italia e anche da diversi Paesi europei, che capiscono quanto lavoro ci sia dietro la tutela dei beni comuni confiscati alla criminalità organizzata. Cittadini in formazione che fanno esperienza della democrazia come etica, come superamento di quell’individualismo che ha portato l’Occidente sull’orlo del collasso”.

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha proposto che il 16 gennaio diventi la festa della lotta alla mafia. Cosa ne pensa?

“Più che di “feste” abbiamo bisogno di strumenti e politiche che imprimano alla lotta alla mafia quel cambio di marcia e prospettiva necessario a estirparla una volta per tutte. Almeno da vent’anni le mafie non sono più un “mondo a parte” ma parte di questo mondo: un mondo forte quanto a egoismo e avidità, debole quanto a diritti, democrazia e giustizia sociale. Vorrei poi ricordare a Meloni che esiste già il 21 marzo, Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, creata con una legge dello Stato”.