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di Vladimiro Zagrebelsky

La Stampa, 29 maggio 2023

Ricordando don Milani, maestro di democrazia, il presidente Mattarella ha dedicato poche e secche parole per indicare che egli “cercava di instaurare l’abitudine a osservare le cose del mondo con spirito critico. Senza sottrarsi mai al confronto, senza pretendere di mettere qualcuno a tacere, tanto meno - vorrei aggiungere - un libro o la sua presentazione”. Impossibile non coglierne il nesso con la contestazione che un gruppetto ha scatenato per zittire la ministra Roccella, che nel Salone del Libro si accingeva a presentare il suo libro Una famiglia radicale. Gli slogan lanciati in quella occasione, nella loro rozzezza, non esprimono ed anzi umiliano gli elementi di verità che possono esser propri delle posizioni che si volevano sostenere e promuovere. Ma soprattutto colpisce il rifiuto di sentire gli argomenti altrui, così rinunciando al rafforzamento che alle proprie convinzioni potrebbe derivare dal confronto con la debolezza mostrata dalle idee dell’avversario. Per avvalersene bisogna ascoltarne gli argomenti, valutarli, pensarci su. Udirli, prima di tutto, “da persone che ne sono realmente convinte, che li difendono accanitamente e al massimo delle loro possibilità”, come insegnò J.S. Mill nel suo classico e intramontabile On Liberty (1859): per non “rinunciare a quella parte della verità che viene incontro all’obiezione e la elimina”.

Chi non lo fa, non solo nega agli avversari il diritto di esprimersi, ma priva se stesso di occasioni di approfondimento delle proprie ragioni o di aggiustamento, adattamento, conferma o abbandono.

E non si considera la differenza che corre tra l’utilità di ciò che si fa e la responsabilità politica che ne deriva, e il diritto di critica che, specialmente quando si rivolge contro chi detiene il potere politico, è tutelato dallo scudo costituzionale che protegge da querele e richieste di danni. Tira una brutta aria, non da ora, ma soprattutto adesso in questo tempo di cambio di maggioranza politica dopo le recenti elezioni. Troppo spesso e da ogni parte si leggono espressioni offensive o irridenti verso gli avversari, invece che contrapposizione di idee e proposte. Ogni minima ed enfatizzata circostanza diviene occasione di attacchi ad alzo zero.

Per la parte che riguarda l’opposizione, mancano altre idee e proposte? Migliori e più accoglibili da parte della pubblica opinione? Il rischio è che, anche quando queste ci sono e sono in altra sede sviluppate, l’attenzione ne sia allontanata e l’impatto politico e intellettuale ne sia appannato. Eppure le ragioni di allarme, che richiedono vigilanza e seria denuncia, sono numerose. Le ripetute, gravissime cose dette da La Russa, presidente del Senato, ne sono manifestazione e c’è da sperare che non finiscano messe da parte per il sopravvenire di altri episodi.

E il sistematico attacco alle istituzioni di garanzia, giudiziarie e non, con il rivolgimento in corso nella televisione pubblica ne è ulteriore esempio; da verificare e seguire quotidianamente, tanto grande è il suo effetto sulla formazione dell’opinione pubblica e dell’orientamento elettorale. Ma appunto la gravità e serietà dei motivi di denuncia e attenzione, offerti da chi ora esprime il governo e gestisce il vasto potere che gli appartiene, richiama anche chi si colloca all’opposizione alla necessità di non indebolire le proprie posizioni con il compiaciuto ricorso a parole e gesti offensivi, confondendoli con i necessari argomenti forti. E offrendo a chi è al potere il destro paradossale di presentarsi come vittima.