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di Luisa Brambilla

iodonna.it, 6 marzo 2024

Donne in carcere: la pena è più gravosa perché il sistema è pensato per gli uomini. Intervista a Micaela Tosato, di Sbarre di Zucchero. A dar vita a Sbarre di zucchero, movimento che sensibilizza su tutte le tematiche inerenti la vita carceraria, in particolare quella delle donne in carcere, è Micaela Tosato. Ha avviato l’associazione come account social nell’agosto di due anni fa e in breve tempo si è affermata come associazione che ha referenti in tutta Italia. È oggi uno dei canali che testimonia quotidianamente sulla condizione due volte penalizzante delle donne in carcere.

Perché la pena delle donne in carcere è doppia - Doppia pena perché le 2392 donne “ristrette”, secondo i dati del più recente rapporto pubblicato, dall’associazione Antigone nel 2023, sono il 4 per cento della popolazione carceraria complessiva. Doppia pena perché “tutto quello che riguarda le donne in carcere è di risulta, il carcere è un’istituzione pensata su misura per gli uomini. E se per i maschi le difficoltà sono tantissime, per le femmine sono ancora di più” spiega Micaela.

Come è nato “Sbarre di Zucchero”?

“Sbarre di Zucchero nasce nell’agosto 2022 come un gruppo social perché nella notte tra l’uno e il 2 agosto si suicida Donatella Hodo nel carcere di Verona. Donatella è stata mia compagna di cella e amica di molte ragazze con cui abbiamo aperto il gruppo. Se ne è andata inalando tre bombole di gas. Non se ne sono accorti né al momento del cambio turno, né a quello di consegna della terapia medica, né alla colazione né per molto tempo dopo. E quando l’hanno trovata morta, l’intenzionalità del gesto era resa evidente dal fatto che ha lasciato un biglietto al fidanzato in cui era palese la sua intenzione di uccidersi” spiega l’attivista per i diritti delle carcerate e dei carcerati.

I numeri dei suicidi e del malessere psichico...

Donatella è una delle 85 persone che si sono tolte la vita nelle carceri italiane nel 2022, di cui cinque donne. I tentati suicidi delle donne sono 3,7 ogni 100 detenute contro l’1,6 ogni cento negli istituti maschili. Una doppia pena, anche in questo caso, una doppia fatica di vivere. Fuori dal carcere in Italia il tasso di suicidi, sopra i 15 anni, è dell’11,8 per centomila tra gli uomini e 3 per centomila tra le donne. Sempre il report di Antigone 2023 segnala come nelle donne detenute i casi di autolesionismo siano il doppio che negli uomini, l’uso abituale di psicofarmaci, precedente o contemporaneo all’ingresso in carcere riguardi il 63 per cento delle ristrette.

Perché la morte di Donatella ha messo tutto in moto?

Torniamo a Micaela Tosato: “Ci sono state fatte pressioni perché non si parlasse del suicidio. Tra le donne presenti nelle due sezioni femminili era già stata fatta girare la voce che Donatella aveva “esagerato” a stordirsi con il gas e che la sua morte fosse perciò un incidente. Ne ho parlato con Monica Bizaj, che oggi è la presidente di Sbarre di Zucchero, e siamo state d’accordo che non si potesse stare ancora una volta in silenzio. Abbiamo cominciato raccontando le nostre storie su Fb, nel giro di un mese era davvero imponente il numero di quanti ci spronavano ad andare avanti, familiari, detenuti ed ex, avvocati, garanti dei detenuti, medici che lavorano nelle carceri. Centinaia di persone. Abbiamo deciso di parlare dell’abbandono più forte che c’è nel femminile rispetto al maschile, e di questo ghetto nel ghetto, a metterci la faccia. Abbiamo organizzato eventi in presenza, siamo andate a parlare a Roma, Verona, Napoli. E e ci siamo costituiti in associazione nazionale dal settembre del 2023. Abbiamo un tavolo di lavoro con l’università di Roma sulla detenzione femminile.

“Sbarre di zucchero” e l’8 marzo...

Sbarre di zucchero l’8 marzo a Verona ha organizzato Donne fragili scarto nello scarto dalle 16 alle 18 in collaborazione con Demos e Azione comunitaria. E alle detenute del carcere di Verona, Santa Maria Capua Vetere e di alcune sezioni femminili della Calabria saranno donati prodotti per il make up. Il 12 aprile poi a Milano in Sesta opera andiamo a parlare di donne in carcere, anche nel carcere minorile, una altra realtà di cui nessuno parla” anticipa Tosato.

Perché Sbarre di zucchero è un punto di riferimento?

“La nostra popolarità, dire successo mi sembra brutto, dipende dal fatto che non ci siamo mai nascoste, ci abbiamo sempre messo la faccia e che riferiamo situazioni a prova di smentita. Riteniamo che il detenuto sia uomo che donna sia un portatore di diritti. Tu mi prendi la libertà e io pago quello che è giusto, ma quando ho pagato ho il sacrosanto diritto di ricominciare e di rifarmi una vita. Invece, anche questo è molto difficile, sia per i pregiudizi che trovi fuori, sia per la mancata preparazione all’uscita che è fatta fuori. Donatella è il simbolo di tutto quello che non funziona in carcere” prosegue Micaela.

Di che cosa parlate sui vostri canali?

“La nostra attività è di denuncia, ma fatta da chi il carcere lo vive, chi entra nel carcere a ogni livello e ne sente la puzza. E poi siamo riusciti ad acquistare ulteriore autorevolezza, attraverso i referenti regionali, che sono professori universitari e che hanno un certo ambito intorno, che entrano in carcere che non hanno scontato pene e che credono in questo lavoro. Noi ci troviamo con tantissime segnalazioni da parte delle famiglie di problemi all’interno del carcere, perché succede di tutto dentro e riusciamo a intervenire, e quindi abbiamo una rete di volontari che entrano, di avvocati e riusciamo a risolvere qualche problema dentro. Ci segnalano chi è picchiato. Magari da altri detenuti, perché si ponga rimedio. O dove manca l’acqua. Ad Avellino l’acqua qualche settimana fa veniva chiusa alle 18. Avendo portato alla conoscenza dell’opinione pubblica la circostanza, il problema si è risolto” racconta la nostra interlocutrice.

Sbarre di Zucchero si concentra sui problemi delle donne?

“Siamo partiti dalle donne. Il nome completo dell’associazione è … quando il carcere è donna in un mondo di uomini. Adesso è per donne e uomini perché non era mai stata fatta una cosa così per i maschi. Ora è diventato sbarre per tutti. Il nostro focus è la detenzione femminile ma il diritto è per tutti. Le donne sono più penalizzate perché avendo solo 4 carceri femminili - Trani, la Giudecca a Venezia, Roma e Pozzuoli, il resto, 40 sezioni, è ricavato da spazi delle carceri destinate agli uomini. È una detenzione di risulta fai fatica ad aver corsi ad avere istruzione. Al femminile fai uncinetto, non hai una formazione professionale seria come succede per i maschi”

La scuola in carcere per le donne non esiste quasi...

A Verona, da dove la nostra iniziativa si è messa in moto, ad esempio, per i detenuti maschi c’è un corso di formazione alberghiera e uno per gli odontotecnici. C’è un’area cani e uno spazio per i cavalli, che potrebbe essere di svago anche per le donne; invece, è solo per il maschile. Donne e uomini sono tenuti separati e le donne sono troppo poche per organizzare corsi. Così sono doppiamente penalizzate. Ci sono solo corsi di alfabetizzazione, in pratica” dice la promotrice di Sbarre di Zucchero.

Chi sono le donne in carcere?

Sono le donne sinti che fanno tantissimi furtarelli, ma proprio perché sono tanti scontano in carcere la detenzione. E sono in carcere anche il tempo in custodia cautelare, prima dell’erogazione della pena, con il processo. Infatti, le roulotte non sono considerate domicilio, in quanto non hanno numero civico e quindi non abilitano agli arresti domiciliari. Molte di queste ragazze non sanno né leggere né scrivere, per cui serve un corso di alfabetizzazione, prima che di formazione. E poi sono le donne tossicodipendenti che rubano per procurarsi le sostanze e che spesso sono senza dimora. E senza famiglie che le sostengono.

Cosa dice il rapporto Antigone?

Le donne straniere sono il 4 per cento degli stranieri detenuti, quindi con una percentuale pari a quella dell’intero universo carcerario. E sono però il 30 per cento delle donne detenute, un dato in flessione rispetto al 2022. Le donne in carcere hanno un’età media maggiore degli uomini: il 21 per cento ha tra i 50 e i 59 anni. il 14 per cento dei reati sono per droga, un altro 14 per cento contro la persona, il 28 per cento dei reati per cui le donne sono in carcere sono furti e rapine. Delle donne ristrette al momento della stesura del rapporto su 2392 donne, 1598 condannate. Le altre in attesa di giudizio.

Anche finita la pena per le donne è più dura?

“Il reinserimento comincia con la formazione, con la possibilità di lavorare, magari anche con la possibilità del regime di semilibertà, uscire di giorno per lavorare e tornare in carcere di notte. Uscire per lavorare permette di riprendere in mano i rapporti con la società. Esco che ho una rete e qualcosa da spendere. Ma se io resto sempre dentro, ed esco all’improvviso con le mie cose dentro un sacco della spazzatura, tutto è tremendamente difficile” risponde l’attivista di Sbarre di Zucchero. Solo l’8,6 per cento delle detenute svolge un lavoro commissionato dall’esterno, il 41 per cento all’interno della struttura, sono compiti a basso impegno e bassa retribuzione, segnala ancora il rapporto Antigone.