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di Marco Perduca

L’Unità, 7 marzo 2024

Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Farnesina nel settembre scorso, nel 2021 erano 2058 le persone con passaporto italiano in carcere all’estero. Di queste 861 erano in attesa di giudizio, 31 in attesa di estradizione e 1166 con sentenza definitiva; 1526 detenute in Unione europea (713 in Germania, 230 in Francia, 229 in Spagna e 157 in Belgio), 810 condannate, 709 in attesa di giudizio e 7 in attesa di estradizione.

Non avendo una struttura a questo dedicata, il Ministero degli esteri fa quel che può, ma non sempre si tratta di situazioni gestibili con qualche visita consolare né è detto che un intervento governativo possa cambiare le cose, anzi. Di fronte a denegata giustizia sarebbero necessarie interlocuzioni politiche ai massimi livelli, là dove necessario la Repubblica italiana dovrebbe ricorrere a giurisdizioni superiori. Dovendo eccepire circa l’amministrazione della giustizia di un altro stato sovrano, anche il meno democratico, le azioni sono molto delicate, potenzialmente controproducenti e si vanno a sovrapporre alle relazioni bilaterali tra gli Stati e nessuno accetta accuse su violazioni dello Stato di Diritto. Altra questione è la critica fattuale delle condizioni detentive e il rispetto dei diritti fondamentali di chi vi è ristretto - oltre che il far parte di organizzazioni internazionali come il Consiglio d’Europa che obbliga a tempi certi per la giustizia e sanziona i trattamenti inumani e degradanti.

Tanti sono i nostri connazionali nelle prigioni del mondo. Nordio sostiene che dopo l’estradizione di Baraldini gli altri paesi non si fidano di noi, ma checché ne dica lui i patti con l’America furono rispettati. Le strumentalizzazioni politiche non aiutano. Se non si avviano contatti politici “paralleli” alle procedure ufficiali, da sole le cose non si risolvono

L’11 gennaio il Ministro della giustizia Carlo Nordio al question time su Ilaria Salis aveva affermato: “L’Italia non ha una buona reputazione per quanto riguarda il principio del ‘pacta sunt servanda’ ricordiamo il caso di Silvia Baraldini, estradata dagli USA con la solenne promessa che avrebbe finito di scontare i 43 anni inflitti. Fu accolta con tutti gli onori all’aeroporto e scontò la pena in modo molto parziale. Gli americani se lo ricordano ed è questo che ostacola le procedure a livello fiduciario”.

Militante comunista, negli anni 70 Silvia Baraldini si trasferì negli USA dove si unì alla Black Liberation Army; nel 1982 fu arrestata con l’accusa di rapina. Mentre era in regime di carcere duro le fu diagnosticato un tumore, nel 1999 fu trasferita in Italia grazie anche a una mobilitazione internazionale. L’indulto del 2006, che andò moderatamente di traverso all’amministrazione Bush, la scarcerò definitivamente. Checché ne dica Nordio, i patti erano stati rispettati: l’indulto includeva casi come quello di Baraldini e in Italia, salvo ergastoli ostativi, 22 anni per reati come quelli a lei imputati sono oltre quanto previsto dalle nostre leggi.

Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Farnesina nel settembre scorso, nel 2021 erano 2058 le persone con passaporto italiano in carcere all’estero. Di queste 861 erano in attesa di giudizio, 31 in attesa di estradizione e 1166 con sentenza definitiva; 1526 detenute in Unione europea (713 in Germania, 230 in Francia, 229 in Spagna e 157 in Belgio), 810 condannate, 709 in attesa di giudizio e 7 in attesa di estradizione.

Non avendo una struttura a questo dedicata, il Ministero degli esteri fa quel che può, ma non sempre si tratta di situazioni gestibili con qualche visita consolare né è detto che un intervento governativo possa cambiare le cose, anzi. Di fronte a denegata giustizia sarebbero necessarie interlocuzioni politiche ai massimi livelli, là dove necessario la Repubblica italiana dovrebbe ricorrere a giurisdizioni superiori. Dovendo eccepire circa l’amministrazione della giustizia di un altro stato sovrano, anche il meno democratico, le azioni sono molto delicate, potenzialmente controproducenti e si vanno a sovrapporre alle relazioni bilaterali tra gli Stati e nessuno accetta accuse su violazioni dello Stato di Diritto. Altra questione è la critica fattuale delle condizioni detentive e il rispetto dei diritti fondamentali di chi vi è ristretto - oltre che il far parte di organizzazioni internazionali come il Consiglio d’Europa che obbliga a tempi certi per la giustizia e sanziona i trattamenti inumani e degradanti.

Salis è accusata di lesioni aggravate nei confronti di alcuni manifestanti di estrema destra. In rete si trovano video in cui un gruppo di persone picchia qualcuno che sembra un naziskin - le facce non sono riconoscibili ma le didascalie sostengono che si tratti della militante antifascista italiana. Non si rinvengono online smentite o conferme ufficiali mentre, vista la tendenza dei media italiani ad affidare il commento di situazioni complesse al primo che capita, da settimane subiamo strumentalizzazioni politiche che non di rado complicano la ricerca di soluzioni oltre che della verità processuale.

Anche se la Farnesina non specifica le accuse o le sentenze, molto spesso gli arresti avvengono per traffico - o detenzione - di sostanze stupefacenti illecite. L’allora Deputata radicale Elisabetta Zamparutti, tesoriera di Nessuno Tocchi Caino, seguì il caso di Angelo Falcone arrestato in India nel marzo 2007 con l’accusa di traffico internazionale di droga. Falcone era stato fermato con 18 chili di hashish nelle valigie che tranquillamente trasportava in taxi. Circostanze letteralmente stupefacenti che, si scoprì, si ripetevano spesso lasciando intendere collusioni e corruzioni tra polizia e micro-criminalità. A fine 2009 Falcone fu assolto. La vicenda si sarebbe risolta “presto e bene” senza l’intervento in Italia e in India di Zamparutti? Difficile dirlo, certo è che se non si tenta proattivamente quanto consentito dalle leggi e non si avviano contatti politici “paralleli” alle procedure ufficiali, da sole le cose non si risolvono.

Poi ci sono casi come quello di Niccolò Figà-Talamanca, arrestato a dicembre 2022 per il cosiddetto Qatargate, che pur avendo per giorni invaso i giornali italiani non ricevette visite di Console o eletti. Ogni caso fa giustamente storia a sé e un ufficio che alla Farnesina sistematicamente si interessasse dei singoli potrebbe limitare (almeno) le violazioni dei diritti umani degli italiani ristretti in giro per il mondo, dopotutto abbiamo eletti in circoscrizioni estere, no? Da anni si ritiene che i detenuti non italiani debbano scontare le condanne nel loro paese indipendentemente dalle condizioni delle carceri verso cui li si trasferirebbero. Nei confronti dell’Italia non manca la fiducia, manca semmai la reputazione per scagliare la prima pietra. Quel che scarseggia nelle istituzioni abbonda tra le associazioni, un’alleanza informale potrebbe essere molto efficace.