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di David Romoli

L’Unità, 9 marzo 2024

“Violazioni anche in passato ma ora è il punto di non ritorno”, chiosa il ministro. Che pensa a una nuova stretta sulle carte riservate. Imbarazzo nel Pd. È il turno di Nordio. Il guardasigilli dice la sua sul dossieraggio, faccenda i cui contorni e le cui reali dimensioni continuano a essere incerti e offuscati, e ci mette il carico pesante: la commissione d’inchiesta. Nordio parte dall’audizione in effetti fragorosa di Cantone: “Ha usato parole estremamente forti, quindi credo sia necessaria una riflessione profonda sulle violazioni del diritto alla riservatezza. C’erano già state in passato ma ora abbiamo raggiunto un punto forse di non ritorno”.

Di qui la proposta di una commissione parlamentare d’inchiesta, ipotesi già discussa la sera prima con Crosetto, il ministro che con la sua denuncia ha dato fuoco alla miccia e che si dice ora “disponibile” a essere audito dal Copasir.

Lunedì il cdm affronterà l’argomento ed è evidente che verrà discussa anche l’idea della commissione d’inchiesta, informalmente dato che è di pertinenza non del governo ma del Parlamento. Non si prevedono obiezioni: tutta la maggioranza si è già detta d’accordo con il governatore della Lombardia Fontana aggiuntosi al coro col suo acuto. Le parole di Nordio sembrano però indicare anche la possibilità di nuove misure restrittive sulla pubblicazione di materiale coperto dal segreto d’ufficio. È significativo che una proposta simile non sia stata commentata a caldo da nessun esponente del Pd. Per chiunque conosca i codici della politica l’imbarazzo del Nazareno è evidente, messo a nudo dal silenzio degli ultimi due giorni nonostante la massiccia carica della destra e forse anche più dalla brusca correzione di rotta alla quale è stata costretta la segretaria Schlein.

Prima, probabilmente dando voce ai suoi veri umori, aveva gridato allo scandalo. Ma non era quella la posizione assunta fino a quel momento dagli esponenti del Pd, impegnati invece a fare muro in difesa delle testate sotto i riflettori. Schlein ha corretto: scandalo sì ma che non coinvolge né giornalisti né magistrati. Un mariuolo insomma, forse un paio. Ma neanche questa è la posizione degli opinion makers di area Pd, quelli che dettano la linea in tv. Da revocare in dubbio è proprio l’esistenza di uno scandalo. Una montatura destinata a sgonfiarsi presto. Ai pezzi grossi del partito non è rimasto altro che il silenzio, in attesa che i contorni del fattaccio si chiariscano definitivamente. Chi parla in privato lo fa per segnalare che il vero problema sono le falle nel sistema che si sono appalesate, tali che chiunque può fare incursioni a piacimento.

Non che sia sbagliato, però è un evidente tentativo di parlar d’altro. Schlein ha solo risposto, nella tarda nottata di giovedì all’affondo della premier, che aveva chiamato direttamente in causa sia il Pd che De Benedetti. La segretaria definisce le accuse “deliranti” e conferma che quanto accaduto è “gravissimo” ma non può essere adoperato per ledere la libertà di stampa. L’imbarazzo evidente del partito di Elly non prova affatto il suo eventuale coinvolgimento. Non è neppure un indizio. Ma il Pd sa perfettamente come funziona in questi casi la giostra mediatica, avendola sfruttata più volte. Commissione d’inchiesta vuol dire trovarsi sotto un fuoco martellante e quotidiano, efficace o letale, a seconda dei punti di vista, indipendentemente dalle conclusioni dell’inchiesta.

Tutt’altro stile adottano Conte e il M5s che replicano alla maggioranza con decibel altrettanto alti ma senza sminuire la portata dello scandalo. “La Procura deve andare fino in fondo e io sono la prima parte lesa: quando ci sono stati gli accessi abusivi su una sfera di persone ero premier”. La preoccupazione dei 5S è diversa da quella del Pd, anche se Conte aggiunge sempre il doveroso richiamo alla difesa della libertà di stampa.

Ma quel che preme al Movimento è la difesa dell’Antimafia e in particolare del suo ex presidente eletto nelle liste pentastellate Cafiero De Raho. “Contro di lui e contro la Dna sono stati mossi attacchi indecenti. Nel centrodestra c’è chi teme la sua pluriennale esperienza e le conoscenze che mette a disposizione della commissione Antimafia”. In parte Pd e M5s sono certamente preoccupati per le possibili ricadute dello scandalo sul voto in Abruzzo, che però saranno probabilmente inesistenti. I problemi veri e lo scontro realmente all’arma bianca tra maggioranza e opposizione, con l’eccezione di Iv che stavolta è schierata con il centrodestra, inizieranno dopo il voto di domenica.