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di Viola Giannoli

La Repubblica, 22 settembre 2023

“Ma la scelta italiana è piena di anomalie”. Entra in vigore il decreto Schillaci. I Radicali: “Classificazione priva di fondamento”. Federcanapa: “Per Oms e Corte di giustizia europea non ha effetti droganti”. E le società denunciano: “Il governo ci finanzia ma poi ci mette i bastoni tra le ruote”.

Da oggi l’olio di Cbd è, per l’Italia, una sostanza stupefacente. Quindi può essere venduto solo in farmacia, con ricetta, e non più negli smart shop. Questo perché il 21 agosto scorso in Gazzetta ufficiale è stato pubblicato un decreto del ministro della Salute Orazio Schillaci che sblocca un atto identico che il suo predecessore, Roberto Speranza, aveva emanato e poi congelato dopo le proteste di associazioni, imprenditori e commercianti.

Cosa dice il decreto - Quell’atto, come l’attuale, inseriva “le composizioni per uso orale”, ovvero da ingerire, “a base di cannabidiolo estratti dalla cannabis” nella tabella 2B dei medicinali stupefacenti. Alla Salute si erano mossi dopo due pareri dell’Istituto superiore di sanità, uno di Aifa e uno del Consiglio superiore di sanità. Il principio di base è che il Cbd sia efficace contro alcuni problemi sanitari (nel decreto si cita l’epilessia) e per questo debba essere trattato come un farmaco e non venduto senza prima controlli e autorizzazioni, come se fosse un integratore. Ma sulla classificazione sono piovute decine di critiche: “Non solo - ricordano i Radicali - è priva di fondamento scientifico, ma può avere gravi ripercussioni per l’Italia sul panorama europeo e internazionale”.

“Ma per l’Oms non ha effetto stupefacente” - Lo stop all’olio è però da oggi un fatto. Che si tira dietro una catena di anomalie. Anzitutto, quella tutta italiana di considerarlo uno stupefacente, come fa notare Federcanapa: “Il decreto riesumato dichiara illecito ogni uso non farmacologico degli estratti di cannabis, comprese le destinazioni ammesse dalla normativa italiana ed europea sulla canapa industriale, quali ad esempio l’uso del Cbd per la preparazione di nuovi alimenti, aromi o cosmetici. Dichiarazione sorprendente dal momento che il Cbd non ha effetto stupefacente, come aveva concluso già pochi mesi prima del decreto una Commissione di esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e come aveva ribadito una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del novembre 2020”.

L’Italia controcorrente in Europa - “E anche sul piano farmacologico - aggiunge Federcanapa - la posizione del ministero italiano e? in antitesi con le decisioni assunte dalle analoghe autorita? tedesche, inglesi e francesi, che hanno escluso l’assoggettabilita? di medicinali anche ad alta concentrazione di Cbd, come l’Epidiolex, tra gli stupefacenti, ed e? in contrasto con la normativa comunitaria in materia di organizzazione del mercato comune e di antitrust”.

No alla produzione, sì all’importazione - In secondo luogo c’è un’anomalia che riguarda la libera circolazione del Cbd, e dunque la sua importazione dall’estero, che non può essere impedita, mentre può essere bloccata la produzione italiana. Lo fa notare ancora Federcanapa: “La decisione del Ministero è tanto più illogica in quanto non potrà impedire la libera circolazione in Italia di alimenti e cosmetici al Cbd prodotti legalmente in altri Paesi europei ed è destinata a danneggiare unicamente i produttori nazionali”. Se si parla di prodotti “a uso orale” anche la farina di canapa, i biscotti o la focaccia allora potrebbero essere banditi. Mentre dei prodotti beauty non si parla.

“Il governo mette alle strette società che finanzia” - E infine, l’ultima (forse) anomalia: “L’atteggiamento ambivalente del governo nei confronti delle società che vendono l’olio di Cbd. Da un lato le finanzia, con cifre anche importanti, erogate tramite bandi statali. Dall’altro blocca loro le vendite, impedendo di commercializzare i loro prodotti”, sottolinea Matteo Moretti, ceo di Justmary, una delle più grandi società per il commercio della cannabis legale.

E una delle società che sta affrontando le acque mosse di questa politica. La società vende infatti, fra gli altri, olio al Cbd di alta qualità e, recentemente, ha ricevuto un finanziamento da 65mila euro dal governo italiano, tramite l’agenzia Simest, per sviluppare il proprio business. “In pratica mettono alle strette le società che loro stessi hanno finanziato. Se trattano così i loro investimenti si capiscono i problemi a trovare i fondi per la legge di bilancio - ironizza Moretti - Da parte nostra vorremmo invece fare la nostra parte, pagando le tasse, così da aiutare a coprire le spese dello Stato. Secondo stime, la piena legalizzazione della marijuana, come già avvenuto in California, porterebbe nelle casse dello Stato circa 5 miliardi di euro”.

I timori per la vita breve della cannabis light - Il timore è che il blocco che scatta da oggi sia il primo passo per vietare tout court la cannabis light. Il prossimo obiettivo potrebbero essere le infiorescenze della cannabis leggera anche se non hanno potere drogante. Da anni, del resto, la maggioranza al governo, a cominciare da Lega e Fratelli di Italia, sognano di rendere illegale la cannabis light andando a colpire l’intera filiera. Anche se poi le crociate reazionarie anti-Cbd sono sempre state rallentate.