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di Maria Berlinguer

La Stampa, 27 giugno 2023

La vedova di Luca: “L’utilizzo di alcuni termini serve soltanto alla manipolazione delle persone”. Giorgia Meloni nella giornata mondiale contro le droghe ha attaccato a muso duro l’antiproibizionismo e ha redarguito +Europa e Riccardo Magi che ha esposto un cartello con “Se non ci pensa lo Stato ci pensa la mafia” con un “non ci faremo intimidire”. Parole respinte al mittente da Maria Antonietta Farina Coscioni, presidente Istituto Luca Coscioni e membro di Segreteria del Partito Radicale.

Meloni dice “io non mi faccio intimidire”. Era questo lo scopo di Magi?

“Non m’interessa qui, ora, dare una valutazione di quanto si sia sentita minacciata. A me interessano i dati e soprattutto i risultati da sempre evidenziati dal Partito Radicale. Dovrebbero interessare anche la presidente del Consiglio. Della “guerra alla droga”, le consiglierei di leggere il premio Nobel per l’economia Gary Becker che assieme al collega Kevin Murphy, ha scritto per il “Wall Street Journal” un piccolo saggio dove dimostra come gli esiti di questa guerra siano fallimentari e controproducenti. E inoltre rileggere quanto scriveva il premio Nobel Milton Friedman”.

La premier ha detto che i risultati delle vostre battaglie li abbiamo sotto gli occhi, la situazione delle droghe è fuori controllo. È così?

“Si potrebbe “incominciare” dal significato stesso della parola “droga”, come questo termine viene utilizzato. La parola è seria, le approssimazioni sono sempre da evitare. Ci si addentra in un terreno che è anche medico-scientifico, da tempo studiato. Cito solo due nomi: quello di un amico da tempo scomparso, i cui libri meritano ancora di essere letti, Giancarlo Arnao, e lo psichiatra Thomas Szasz. Letture da affiancare a uno studio prezioso, “Il governo della paura”, di Jonathan Simon, che esamina come la percezione della centralità del crimine nella vita sociale contribuisca a ridefinire i poteri del governo, il ruolo della famiglia e della scuola, la posizione dell’individuo nella società”.

Le droghe fanno tutte male senza distinzioni. E l’alcol e il tabacco?

“Prendiamo appunto il termine “dipendenza da sostanze”. Nell’accezione comune, viene associata a cocaina, eroina, droghe chimiche. Non ci viene davvero in mente che si possa essere tossico-dipendenti da alcol, da tabacco È “parola”, in questo specifico caso, associata a mancanza di conoscenza. Siamo quotidianamente bombardati da dati relativi ai danni che può provocare l’abuso di sostanze come cocaina ed eroina. Dei danni provocati dall’alcolismo se ne parla, sì, ma solo quando qualcuno si mette alla guida di un’auto e investe pedoni o altri automobilisti provocando disastri. Sui danni che possono provocare altre sostanze se assunte in dosi e quantità massicce si preferisce sorvolare”.

Meloni dice: “Serve un’altra narrazione sul piano educativo e culturale. Basta con le serie tv che raccontano come un eroe uno spacciatore”...

“È necessario prestare molta attenzione all’uso di certe parole, alla loro manipolazione. Dietro l’uso e la manipolazione di questo o quell’altro termine ci sono precise volontà politiche. Ci sono “fatti” concreti, che comportano scelte e conseguenze rilevanti. Va denunciata la grande confusione che si fa nell’uso dei termini “legalizzazione” e “liberalizzazione”. E poco importa se lo si fa per dolo o per colpa. Fatto è che si tende a equiparare i due termini, come se fossero “interscambiabili”. Sono al contrario due concetti diametralmente opposti. La liberalizzazione è connaturata con il regime proibizionista, nel senso che tutti sappiamo come la disponibilità di sostanze stupefacenti sia sostanzialmente “libera”, “incontrollata”, proprio perché il proibizionismo non “controlla”. È una grida manzoniana, retorica, inefficace, dannosa, perfino. “Legalizzazione” invece presuppone un regime di regole che si prefiggono appunto di “normare” una situazione, la “governano”.