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di Federica Angeli

La Repubblica, 17 novembre 2022

Da Nord a Sud lo stupefacente a base di cocaina, bicarbonato o ammoniaca, che si assume inalandolo sta dilagando tra gli adolescenti, con effetti irreversibili su corpo e mente. Ma i dati ufficiali raccontano tutt’altro.

Una dose si trova anche a 5 euro, la “botta” che dà è immediata, farla è facilissimo: così il crack è diventato lo sballo dei giovanissimi. Lo tsunami crack per ora coinvolge solo alcune grandi città e per questo l’allarme è definito dagli esperti “a macchia di leopardo”, ma il rischio che la mareggiata di cristalli di cocaina approdi ovunque è davvero alto. “Il crack - spiega Riccardo Gatti, psichiatra direttore del Dipartimento interaziendale prestazioni erogate nell’ambito delle dipendenze - viene segnalato in alcune realtà come Firenze, Palermo, Bolzano, Torino, Napoli e nelle periferie romane. Insomma in diversi luoghi d’Italia c’è un problema crack che aleggia come un fantasma”. Ma i dati ufficiali non rispecchiano la realtà.

Minidosi a 5 euro: effetti forti in piccole dosi - Il crack è una droga che si ottiene dalla cottura della coca mischiata a bicarbonato o ammoniaca che chiunque può fare nella propria cucina. Si assume per inalazione, dopo aver sciolto sulla carta stagnola il cristallo (l’aspetto è simile al sale grosso) poggiato sul collo di una bottiglia forata da cui si aspira il fumo. È uno stupefacente insidiosissimo: effetti forti in piccole dosi. Il prezzo va dai 5 ai 20 euro. “ll 20% dei ragazzi che abbiamo in cura su un totale di 600 pazienti - spiega Enrico Coppola, presidente dell’associazione Genitori antidroga di Milano - fuma crack, sia in un contesto di policonsumo che in quello di assunzione esclusiva. Hanno 16 anni. Per una dose basta davvero una quantità infinitesimale di cocaina, lo 0,10%. Il resto è ammoniaca o bicarbonato, ecco perché costa così. Ma quella minidose poi crea shock, deliri, psicosi, e più dipendenza della cocaina stessa, perché l’organismo la assorbe molto di più inalandola”.

Fumare coca senza sapere che si chiama crack - “Negli anni è cresciuta la percentuale di consumo di crack tra gli adolescenti - dice Sabrina Molinaro, responsabile del Cnr, il Consiglio nazionale delle ricerche - Gli operatori dei servizi ci raccontano di un numero sempre crescente di giovani e giovanissimi che fumano cocaina e dai focus group fatti emerge che molti utilizzatori non identificano la cocaina fumata con il crack: non sanno che si chiama così”. Nei dati ufficiali della Relazione al Parlamento sulle tossicodipendenze si legge che la percentuale media di principio attivo ritrovata nei campioni di crack sequestrati è cresciuta dal 63% nel 2019 all’83% nel 2022.

Le ostie stupefacenti - L’ultimo sequestro eccellente, di 400 grammi, risale al 2020 ed è avvenuto a Torino: in quel caso il crack non aveva l’aspetto di cristallo ma di ostie sottili, tonde e bianche. “L’aumento del consumo di crack inizia prima della pandemia, quindi alla fine del 2019 - spiega il questore di Pescara, Luigi Liguori - e per quanto riguarda la mia realtà posso attribuirlo al crollo del prezzo della cocaina. All’ingrosso al chilo è passata dai 50 a meno di 40mila euro, con il 90% di purezza. Per fidelizzare il cliente, i pusher offrono prodotti ottimi e siccome di crack ne basta pochissimo, anche la quindicesima parte di un grammo, si può frazionare in tante dosi”.

La droga fantasma - Eppure, a leggere i dati del Viminale, a parte il primo posto detenuto da Palermo con 213 dosi sequestrate nel 2020 e 98 nel 2021, si osserva che nei primi 8 mesi del 2022 a Milano sono state sequestrate 24 dosi e a Firenze appena 2, mentre “i dati del Serd - afferma l’assessora al Welfare del capoluogo toscano, Sara Funaro - dicono che il crack è la droga più diffusa tra i giovani qui da noi”. Ma che il crack sparisca dai dati ufficiali è facilmente spiegabile, fanno sapere fonti del ministero: “Nei sequestri non risulta perché il crack è classificato come cocaina”. “La sua enorme diffusione - dichiara Riccardo De Facci, presidente di Cnca, il Coordinamento nazionale comunità di accoglienza - è molto legata a piccoli gruppi, non alle grandi consorterie, e soprattutto nelle situazioni dove ci sono dei progetti di prossimità per i giovani. Il fenomeno rischia di essere sottovalutato perché, nei dati attuali di ricerca e rilevazione, va sotto altre categorie e nei sequestri della polizia figura alla voce cocaina. Anche nelle segnalazioni dei consumatori fatte dalle prefetture rientra nelle macrocategorie (oppiacei) e non si troverà mai il dettaglio di assuntori di crack, ma solo il totale degli assuntori di cocaina. E così si rischia di perdere la misura di questo fenomeno in allarmante crescita”.

Il trend delle “cose stimolanti” - “Il boom del crack - analizza lo psichiatra Gatti - si spiega perché da una parte questa sostanza risponde a un trend economico-commerciale simile a quello dei mercati di consumo. perché è un prodotto che apparentemente costa poco ma è molto potente. Rispetto all’effetto della cocaina dà una botta più forte. E siccome se ne usa meno si ha la sensazione che costi meno.Ma in realtà si tende a ripetere l’assunzione non appena l’effetto svanisce, dopo qualche ora, e quindi non è vero che risparmi, ma l’idea è quella. Il crack entra poi anche nel trend delle ‘cose stimolanti’, che in questo momento va forte e diventa interessante per chi ha pochi soldi. Tanto forte è l’up, altrettanto forte il down. E il cervello ha alti e bassi pazzeschi, le persone rischiano tanto dal punto di vista fisico (anche sugli organi vascolari) che a livello psichico: vanno proprio fuori di testa”.