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di Luca Censi

Il Manifesto, 8 novembre 2023

Quale è la valutazione dei giovani sul fenomeno delle sostanze e come giudicano le politiche di informazione, prevenzione e gestione delle droghe nelle loro vite, sia negli ambiti formali che in quelli informali? Questa è la domanda che un gruppo di quattro cooperative, Coop Borgorete (Perugia), Coop PapaGiovanni XXIII (Reggio Emilia), fondazione La Grande Casa (Padova) e Coop CAT (Firenze), voleva raccogliere e portare a Roma in occasione della Summer School 2023 promossa da Forum Droghe e CNCA. Quattro focus group hanno visto la partecipazione di 24 ragazze e ragazzi, con una età media di 16 anni, con una restituzione che ha aperto l’evento formativo.

Va precisato che la raccolta del punto di vista di questo gruppo non rappresentava valore statistico, però restituiva un dato qualitativo importante riconducibile ad un “sentire comune” sull’argomento. Leggendo le risposte infatti si è notato chiaramente che, sugli argomenti oggetto d’indagine, le ragazze e i ragazzi esprimessero competenza, capacità di lettura, messa in campo di conoscenze e attivazione personale, unite ad un giudizio (a dir poco) insufficiente e non adeguato della risposta del mondo degli adulti al tema delle sostanze.

Alla prima domanda, ovvero dove apprendono i giovani quello che sanno sulle droghe, le risposte si riferiscono in primis all’ambiente dei pari, giudicato veritiero, in quanto rispettoso del principio dell’”esperto per esperienza”, poi alla famiglia, nei casi dove questi argomenti si trattano in maniera aperta, poi all’interno degli ambienti digitali e grazie ai materiali informativi (soprattutto digitali) dei progetti di “Prossimità”, e quindi con un approccio legato all’interesse e all’autoattivazione nell’approfondimento personale. Infine nell’ambiente scolastico, citato per ultimo anche per un giudizio di “merito”. Sulla validità delle proposte formative in ambito educativo formale, infatti il giudizio è impietoso.

I ragazzi riportano un ambiente interessato esclusivamente a stigmatizzare il comportamento legato al consumo di sostanze, la totale mancanza di percorsi strutturati, il rifiuto da parte delle figure educative di un confronto aperto e laico, fino alla messa in campo di una postura giudicata disinformativa e ricca di pregiudizio.

Alcuni di loro riferiscono come tentativo di contrasto a questa impostazione l’auto attivazione nella proposta di contenuti per portare il proprio contributo e un po’ di oggettività in merito all’argomento. Rispetto invece a cosa pensano del fenomeno legato al consumo di sostanze le risposte indicano come, evidentemente senza l’aiuto del mondo adulto, le ragazze e i ragazzi intervistati siano orientati ad un comportamento consapevole. Intendono il consumo di sostanze come esperienza sociale, distinguono le sostanze “leggere” da quelle “pesanti”, introducono il principio della scelta e della consapevolezza nel consumo di sostanze riconducendolo ad un principio di necessità legata alla ricerca del piacere, del divertimento e dell’evasione.

Da ultimo il rischio legato al consumo. Viene considerato come l’illegalità delle sostanze “leggere” faciliti il contatto con ambienti sicuramente più pericolosi di quelli che esisterebbero se fosse legale. È letto in maniera chiara il pericolo droga-correlato, nella sua accezione sanitaria, in quella legata ai meccanismi di “dipendenza”, nella consapevolezza del limite, nella valutazione del proprio stato psicofisico e nella responsabilità di una scelta personale connessa alla possibilità di arrecare danni ad altri.

Possiamo quindi riconoscere che le consapevolezze restituiteci abbiano un valore molto alto in termini di competenza e spingerci a creare alleanze sempre più aperte con il mondo giovanile, mettendoci, da adulti, in una posizione di ascolto.