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di Filippo Fiorini

La Stampa, 27 giugno 2023

Il figlio del fondatore di San Patrignano: “Le serie Tv trasformano i disvalori in falsi modelli di successo”. Andrea Muccioli, 59 anni, figlio di Vincenzo Muccioli, cresciuto a San Patrignano, un nome che lo lega alla prima, più importante, amata oppure odiata, comunità di recupero per tossicodipendenti in Italia, un posto per cui si è speso e da cui si è allontanato definitivamente nel 2011, non ha visto il siparietto di ieri tra Meloni e Magi a Montecitorio.

Come educatore, era “al lavoro” mentre la presidente del Consiglio annunciava una stretta nelle politiche contro gli stupefacenti dicendo “basta al lassismo” e l’onorevole di +Europa la contestava con un cartello antiproibizionista, con scritto: “Cannabis, se non ci pensa lo Stato, ci pensa la mafia”. Tuttavia, ha “sempre ben presente che il 26 giugno è la giornata mondiale contro le droghe”, si trova “fondamentalmente d’accordo” con quanto detto dalla premier, ma con un distinguo: “proibire, ok, ma anche rieducare. Sennò - spiega - è solo una foglia di fico per nascondere ciò che non vogliamo vedere”.

Giorgia Meloni ha condannato l’uso di qualsiasi droga, le serie Tv che celebrano queste e chi le spaccia, poi, ha annunciato una stretta proibizionista. È d’accordo?

“Su un piano di fondo, sì. Fare un’apologia di persone che devono il loro fascino e il loro successo al fatto di essere spacciatori, violenti o trafficanti di armi, non mi sembra un grande strumento educativo. Considerato il mondo in cui siamo, dove famiglia e scuola fanno già molta fatica ad educare, certo non per colpa dei ragazzi, ma per carenze del sistema. Dopodiché, dico anche che la proibizione non basta. Dopo una giusta sanzione, deve esserci una rieducazione, dove si viene accompagnati, instradati e motivati. Attualmente è molto carente. Sennò, il proibizionismo è solo una foglia di fico che copre ciò che non vogliamo vedere”.

Non crede che l’arte descriva la realtà, piuttosto che crearla? Cioè, è sicuro che sia la serie Tv a indurre il giovane e non il contrario?

“Non ho detto che le serie inducono il giovane, ma che non lo aiutano a rendersi conto del disvalore sociale, umano e morale dei fatti che narrano, nel momento in cui sono celebrati come qualcosa di positivo. Autori e produttori scelgono di dare un’immagine positiva dei criminali, perché sanno benissimo che il tessuto educativo della società è impalpabile, rovinato o addirittura inesistente. Da qui, i giovani sono più portati a perseguire vie di successo che abbiano come miraggio i soldi, le donne i viaggi e le belle macchine, più che a considerare il percorso necessario ad arrivarci. Il percorso è relativo ed è proprio questo relativismo morale che ci dovrebbe preoccupare”.

E se dalla fiction si passa al documentario, come nella serie Sanpa, la critica resta?

“Non solo resta, ma prende corpo e diventa sostanziale. Ho denunciato la rete e gli autori. Ora, mi aspetto giustizia nelle aule di tribunale”.

Che cosa contesta?

“Che in nessun modo, da nessuna testimonianza diretta, da nessuna prova di nessun tipo e da nessuna esperienza umana vissuta (e ho vissuto al fianco di mio padre per tutta la sua vita), risulta né che sia morto di Aids, né che sia stato omosessuale, né che fosse misogino. Certo, sono suo figlio ed è normale che ne difenda l’onorabilità e poi, certo, non c’è nulla di male nell’essere omosessuale, ma chiunque ami il giusto e il pulito, non può che indignarsi vedendolo accusato di utilizzare il suo ascendente nei confronti di ragazzi che aveva preso la responsabilità di salvare. Sarebbe criminale ed è molto grave”.

Tornando alle droghe, se fossero legali e ci fosse una buona educazione sulle conseguenze, l’uso non rientrerebbe nel libero arbitrio?

“Non è lo stesso. Se fumo 20 sigarette al giorno, non induco in me stesso un’alterazione psichica. Non mi sballo, per capirci. Se fumo una canna col 25% di Thc, tiro di coca, sniffo dell’eroina o prendo delle pasticche, mi provoco uno sballo e metto in pericolo me stesso e gli altri. Non riesco proprio a vederlo come un fatto positivo, mi dispiace”.