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di Armando Spataro

La Stampa, 6 ottobre 2023

Inaccettabili le insinuazioni e i sospetti sulla terzietà della giudice Apostolico. Sono legittime le critiche ai provvedimenti, ma non la tracimazione negli insulti. Improvvisamente la questione del giudice Apostolico di Catania che non ha convalidato il trattenimento di tre immigrati irregolari tunisini disposto dal Questore di Ragusa e che ha disposto il loro immediato rilascio ha assunto nuovi caratteri: non più quelli della violenta aggressione politica ed istituzionale nei confronti del giudice per il suo decreto, ma quelli dell’insinuazione e della diffusione di sospetti sulla sua terzietà e serenità di giudicante, attraverso allusioni alla sua vita privata e diffusione di un filmato sulla sua partecipazione ad una manifestazione in difesa dei diritti umani dei migranti.

Sul merito del sacrosanto provvedimento, pur nel rispetto della probabile futura decisione della Cassazione sul ricorso preannunciato dal Governo, si sono già pronunciati molti giuristi esperti che hanno richiamato normative e principi nazionali e sovranazionali, insuperabili a parere di chi scrive. Tutti hanno comunque osservato che le critiche ai provvedimenti dei giudici sono assolutamente legittime, ma che è cosa ben diversa la tracimazione nelle offese, come è avvenuto. E sorprende che il Ministro della Giustizia, nel dichiararsi d’accordo con le tesi della Presidente del Consiglio, abbia dichiarato che la reazione dei magistrati ha il sapore di una guerra al potere politico senza però spendere una sola parola in relazione alle accuse di eversione e mancato rispetto delle leggi mosse nei loro confronti.

Ma improvvisamente sono state messe in campo altre questioni che riguardano la vita privata del giudice di Catania, cioè quella fuori dai palazzi di giustizia: non è possibile - purtroppo per gli aggressori - ricorrere al consueto ritornello dell’appartenenza del giudice ad una corrente associativa di sinistra che dimostrerebbe la parzialità di chi ne fa parte e spiegherebbe certe decisioni, politicamente orientate: la dr.ssa Apostolico, infatti, non sembra iscritta ad alcuna corrente e non è comunque conosciuta come “militante”. Pazienza! Ma allora bisogna pensare ad altro. A cosa? Intanto al suo coniuge che è “classificato” come un estremista politico per la sua qualità di esponente di un partito. Ma non si comprende se - conseguentemente - la giudice avrebbe dovuto astenersi dallo sposarlo (il che, assicuro, non è previsto dalle regole disciplinari neppure per i potenziali coniugi di destra) o cambiare mestiere.

Battute a parte, a rafforzare l’accusa di mancanza di terzietà, specialmente nel settore della giustizia che riguarda la immigrazione, arriva però un’altra accusa, supportata da un filmato circolante sul web: la dr.ssa Apostolico, il 25 agosto del 2018, aveva partecipato ad una manifestazione nel porto di Catania a sostegno della richiesta di far sbarcare i migranti dalla nave Diciotti della Guardia Costiera italiana, cosa resa impossibile dal blocco disposto dal Ministro Salvini (a suo dire per scelta condivisa del Governo). Salvini, per questo fu sottoposto a procedimento penale con l’accusa di sequestro aggravato di 177 migranti tenuti a bordo della nave approdata a Catania dal 20 agosto fino alla tarda serata del 25 agosto, momento in cui venne finalmente autorizzato lo sbarco. In data 20 marzo 2019 il Senato negò a maggioranza assoluta dei suoi componenti, l’autorizzazione a procedere in giudizio nei confronti del Ministro. richiesta dal Tribunale dei ministri di Catania.

Cosa avvenne nel corso di quella manifestazione cui partecipò il giudice? Intanto, va subito detto che non era certo stata organizzata da gruppi eversivi o estremisti, ma da molte associazioni note per il loro impegno a favore dei diritti fondamentali delle persone. Dal filmato diffuso, però, emerge che ad un certo punto alcuni manifestanti iniziarono imprevedibilmente ad inveire con atteggiamenti minacciosi ed insulti nei confronti delle forze dell’ordine, ma si vede pure che la dr.ssa Apostolico, unitamente ad altre persone che mantennero atteggiamento serio e corretto, senza dire una parola, si interpose tra quei manifestanti e la polizia, arrivando a fungere da utile sbarramento.

Bisogna porsi a questo punto alcune domande. La prima: è vietato disciplinarmente per i magistrati partecipare a manifestazioni di quel tipo, regolarmente autorizzate? Assolutamente no, a meno che non le si voglia sfruttare per conseguire vantaggi personali. La seconda: ma è opportuno, pur in assenza di divieti, che il magistrato partecipi a manifestazioni pubbliche e “scenda in piazza”?

La risposta può variare a seconda del tipo di manifestazione e dei comportamenti dei magistrati. E’ non solo permesso, ma ad avviso di chi scrive anche doveroso, impegnarsi pubblicamente in difesa dei diritti fondamentali delle persone, specie di chi fugge dalla propria patria solo per una speranza di vita dignitosa. Ed ogni impegno civile è comunque possibile, purché caratterizzato da sobrietà e serietà, come lo è stato il comportamento del giudice catanese in occasione della manifestazione. A maggior ragione l’impegno è possibile se - come in questo caso - collegato ai temi propri della Giustizia, un “bene comune” che può affermarsi solo con l’impegno quotidiano di una collettività sensibile, qualunque sia il lavoro ed il sistema di vita di quanti la compongono.

Di qui lo schierarsi di tanti magistrati negli ultimi decenni a tutela dei diritti fondamentali delle persone ed a difesa dei principi costituzionali su cui si regge ogni democrazia. Rammento gli incontri in scuole, università, quartieri cittadini, fabbriche per discutere di legalità e diffondere la conoscenza della perversa ideologia terroristica e della necessità di contrastare la logica mafiosa e la corruzione. Ed ancora le manifestazioni contro le leggi-vergogna, quelle contro i plurimi referendum abrogativi di pezzi importanti della Costituzione, una Carta che sventolammo nel 2005 nei palazzi di giustizia in occasione della inaugurazione dell’anno giudiziario, come bisognerebbe continuare a fare, specie nell’epoca che stiamo vivendo, in cui si vuole la magistratura ordine servente.

Tornando al giudice di Catania, altra affermazione offensiva circolante è quella secondo cui, avendo partecipato a quella manifestazione, avrebbe dovuto astenersi dal valutare il caso dei tre tunisini di cui ha ordinato il rilascio. Facile rispondere: quell’evento risale ad oltre cinque anni fa ed allora la dr.ssa Apostolico non si occupava affatto di immigrazione. Dunque, non vi era allora ragione di astenersi dal parteciparvi, né oggi ve n’è alcuna per cui non dovrebbe far parte della sezione del Tribunale competente su istanze e status degli immigrati. Affermare che la sua decisione è frutto di pregiudizio politico è un insulto inaccettabile, pur se sono certo che non ha intaccato la serenità di quel giudice.

Vale certamente per lei quanto inciso su una lapide in marmo, a Napoli, in una piazzetta tagliata, manco a farlo apposta, da via dei Tribunali: “Excellentium virorum est improborum negligere contumeliam a quibus etiam laudari turpe” (È degli uomini migliori - ma, aggiunge chi scrive, anche delle “donne migliori” - non curarsi degli insulti degli improbi, giacché persino essere lodati da costoro è motivo di vergogna). E su un’altra lapide vicina si legge: “Audendo agendo Respublica crescit non iis consiliis quae timidi cauta appellant” (La cosa pubblica cresce con coraggio e con l’azione, non con le decisioni che i pavidi chiamano caute).

Molto altro si potrebbe dire sull’impegno civile dei magistrati ai quali non si può imporre o chiedere di parlare e scrivere solo con sentenze ed atti giudiziari, anche perché c’è qualcuno che per questo li vorrebbe sottoposti ad azioni disciplinari. Il modello di magistrato che auspico per il futuro è proprio quello caratterizzato da un impegno civile che sia perfettamente compatibile con la professione: ancora - per questo - ringrazio la dr.ssa Apostolico.