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skuola.net, 11 agosto 2022

Se sei ricco o di buona (culturalmente parlando) famiglia, hai meno probabilità di essere bocciato. Al contrario se la tua famiglia è povera (in solido o culturalmente), hai più probabilità di essere bocciato e, infine, di abbandonare la scuola prima di raggiungere il diploma di Maturità. Questo si legge tra le righe - ma non troppo - dei dati diffusi dal Ministero dell’Istruzione sugli esiti degli scrutini dell’ultimo anno scolastico.

Ci sono tanti indicatori che si potrebbero citare a sostegno di questa regola, che come tutti gli enunciati di questo tipo ammette eccezioni. L’autore lo fa presente a titolo di avvertimento per i leoni da tastiera o per gli inguaribili romantici innamorati dell’idea di una scuola pubblica motore primo di quell’ascensore sociale che oggi funziona poco e male.

A partire dalle elementari o primarie come si chiamano al giorno d’oggi. Qui la bocciatura praticamente non esiste e attiene a casi limite: i migliori e peggiori pascono insieme serenamente. Ma già si cominciano a vedere gli effetti del reddito familiare: nei test INVALSI al termine del ciclo scolastico, gli studenti di Sicilia, Sardegna, Campania e Calabria sono quelli che portano a casa i risultati peggiori in italiano, matematica e lingua inglese. Posizionandosi ben al di sotto della media nazionale. Le stesse regioni, guarda un po’, occupano anche le ultime posizioni nella classifica regionale del PIL pro capite, insieme a Molise e Puglia che da un punto di vista di risultati alle prove INVALSI se la passano un po’ meglio.

Alle medie, oggi note come secondarie di primo grado, ritorna l’antica pratica della bocciatura per gli studenti meno talentuosi o più latitanti, in termini di frequenza scolastica. Qui la pazienza del sistema inizia a finire e circa l’1,5% degli studenti viene bocciato: gli alunni che restano indietro cominciano ad essere respinti nonché etichettati attraverso un giudizio finale di non ammissione all’anno successivo.

Ma la vera “mattanza” inizia alle secondarie di secondo grado: a giugno il 6,2% degli studenti delle superiori è stato bocciato, percentuale che sale addirittura all’8,1% se consideriamo il primo anno del ciclo. Praticamente finite le scuole medie, termina anche la clemenza e si inizia a fare sul serio. Soprattutto con i più deboli, quelli che, non sostenuti da un contesto familiare e sociale sufficientemente robusto, tendono a mollare gli studi senza conseguire un diploma o una qualifica professionale.

Se andiamo a guardare bene le tabelle del Ministero, la bocciatura colpisce principalmente gli studenti delle regioni e degli indirizzi di studio in cui è più alto il tasso di dispersione scolastica, come gli istituti professionali e alcune regioni del Sud Italia. Infatti i più alti tassi di bocciatura, in assoluto, si registrano negli istituti professionali di Sardegna (15,5%), Campania (14,7%) e Calabria (13,5%).

Collegare la frequenza degli istituti tecnici e professionali al censo delle famiglie di origine può sembrare un discorso classista. Ma i dati per fortuna sono abbastanza scevri da queste considerazioni. L’ultimo rapporto Alma Diploma, relativo ai diplomati 2021, parla chiaro: ai licei c’è maggiore probabilità di trovare studenti provenienti da famiglie con livelli più elevati di istruzione e reddito, ai professionali avviene l’esatto contrario. Basta guardare (si invita a farlo, pagina 8 e 9) e si scopre che al liceo il 41,3% dei diplomati ha almeno un genitore laureato e il 30,5% proviene da una classe sociale elevata. Ai professionali i diplomati di tale rango familiare sono rispettivamente il 9,8% e il 10,9%. Ai tecnici va leggermente meglio in termini di mix sociale e culturale, ma non troppo.

Di nuovo la bocciatura, e più in generale le scarse performance scolastiche, entrano in correlazione con il contesto familiare di origine. Infatti, tornando agli esiti degli scrutini 2022, il citato dato del 6,2% di studenti bocciati alle superiori si articola come segue: 3,4% ai licei, 8,9% ai tecnici e 10,9% ai professionali. Insomma ai professionali si boccia tre volte di più che ai licei, che nell’immaginario collettivo dovrebbero essere gli indirizzi di studio più selettivi.

Se due indizi non fanno una prova, tre sicuramente ci si avvicinano. Infatti anche l’INVALSI, che quando sottopone uno studente ad una prova gli pone anche delle domande sul contesto familiare d’origine, certifica purtroppo queste disuguaglianze. Nell’ultimo rapporto rapporto si legge testualmente che “La scuola non riesce a ridurre lo svantaggio medio nei risultati degli studenti provenienti da famiglie in cui il titolo di studio più alto posseduto è la licenza media rispetto a quelle in cui almeno un genitore è laureato”. E rincara la dose: “Anche considerando solo il 2022, gli allievi eccellenti sono presenti con una percentuale più che doppia tra i ragazzi provenienti da famiglie più avvantaggiate rispetto a quelle meno favorite e di quasi dieci volte tanto rispetto a quelle di cui non abbiamo informazioni circa il background”. E stesso dicasi per la dispersione implicita, ovvero quegli studenti che prendono il diploma ma in realtà hanno competenze di base da terza media: “In termini di punti percentuali la dispersione implicita è più che doppia per gli allievi che provengono da famiglie meno avvantaggiate e quasi quadrupla per gli allievi di cui non sono disponibili i dati di background”.

Insomma urge chiamare un tecnico, ma di quelli bravi, per riparare quell’ascensore sociale di cui la scuola dovrebbe essere promotrice. Perché purtroppo oggi è sempre più vera questa affermazione: se sei bravo e vai bene a scuola, è molto merito della tua famiglia e poco della tua scuola.