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di Antonietta Bonanno

Corriere del Mezzogiorno, 13 giugno 2022

La speranza prende vita nell’orto sociale della casa di reclusione di Eboli. Grazie al progetto di agricoltura sociale Orto Condiviso, nato dalla collaborazione tra il penitenziario, la Coldiretti Salerno e l’associazione di volontariato Gramigna di Pago Veiano (Benevento), i detenuti lavorano nello spazio interno della cinta muraria del Castello Colonna, in collaborazione con i volontari. Diverse le fasi del progetto che prevedono la pulizia dello spazio assegnato, la preparazione del terreno, la concimazione e la preparazione dei solchi per la dimora delle piantine e delle sementi.

Si tratta di persone coinvolte di età compresa tra i 19 e 45 anni che l’Icatt di Eboli accoglie, tossicodipendenti e/ o alcoldipendenti provenienti dalla provincia di Salerno o dal territorio della Regione Campania, nella struttura collocata all’interno del Castello medievale di Eboli coinvolgendole in iniziative trattamentali e socio-rieducative.

Una bella iniziativa sociale che vede Coldiretti Salerno impegnata da anni. “Come Coldiretti abbiamo fornito piantine e diversi tipi di prodotti. - spiega il segretario di zona Coldiretti, Paolo Farace. - L’idea è anche quella di fare una sorta di commercializzazione di quello che producono, metteremo i prodotti in vendita nei mercati di Campagna Amica. Il progetto è stato fatto con l’intero carcere ma poi hanno deciso loro chi potesse partecipare. Quando siamo stati contattati dal penitenziario eravamo contentissimi perché per loro l’impegno di coltivare ed arrivare all’obiettivo è un traguardo”.

Concetta Felaco è stata direttrice dell’Icatt di Eboli fino a pochi giorni fa. Ora è alla guida della casa circondariale di Avellino al posto di Paolo Pastena insediatosi alla casa di reclusione di Eboli zione - L’idea del progetto è nata due anni fa quando ho fatto un corso come manutentore del verde ad Eboli ed è nato un bel rapporto con l’ex direttore del carcere”. Il progetto è stato condiviso anche da Concetta Felaco, ex direttrice del carcere ebolitano, da pochi giorni insediatasi nella casa circondariale di Avellino prendendo il posto di Paolo Pastena che l’avvicenda ad Eboli.

“È un progetto di speranza - aggiunge Meoli - seguono il corso i detenuti con art.21, quelli cioè che possono uscire fuori dalle sbarre per intenderci, sono nove i ragazzi coinvolti, che devono scontare pene non lunghe. “Orto sociale” è un corso di volontariato sociale di durata di tre anni, è iniziato a febbraio scorso e prevede lezioni teoriche, studio attrezzi della terra, per poi passare a quelle che sono lezioni pratiche, piantiamo ortaggi, dai pomodori alle melanzane, peperoncino, meloni, angurie, patate, odori, fino alle erbe officinali. Tutti prodotti biologici che al momento producono e consumano, abbiamo piantato migliaia di pomodori e c’è l’intenzione di fare anche delle passate. I ragazzi sono fortemente entusiasmati e tanti di loro scommettono sul futuro. Coltivare un orto è come coltivarsi, è questo il valore aggiunto per l’orto sociale. L’orto ha l’attesa come la detenzione, saper coltivare significa anche saper aspettare, bisogna paragonarsi ad una piantina che ha bisogno di tempo per crescere e raccogliere i suoi frutti”.

Attualmente no riscontrati solo a livello sociale. Gli orti urbani di Legambiente è la campagna storica da anni portata avanti per rafforzare la rete di orti sociali (o di città) con l’obiettivo di restituire alla cittadinanza aree verdi e spazi di condivisione sociale. Grazie agli orti urbani, veri spazi pubblici condivisi, le persone coinvolte producono con metodi sostenibili ma l’idea di curare l’orto ha anche uno scopo terapeutico per soggetti con disabilità fisiche o psichiche, ambientale, per combattere l’inquinamento delle città ed il calore e finanche uno scopo didattico, attraverso laboratori di sensibilizzazione dedicati alle scuole oltre a creare la possibilità di scambio di esperienze, percorsi di formazione anche per cittadini.

“Ho fatto la tesi sull’aspetto sociale degli orti qualche anno fa alla triennale di Sociologia dell’Università degli Studi di Salerno”, dice Martina Mancini, 28 anni, volontaria del Circolo Occhi Verdi Legambiente di Pontecagnano e Legambiente Campania. E aggiunge: “E ho scelto di fare la tesi sugli orti proprio perché in quel periodo stavo facendo il servizio civile presso il Parco eco- archeologico di Pontecagnano Faiano dove sono presenti gli orti urbani ormai da vent’anni. Il circolo di Legambiente Pontecagnano è nato nel 1998 e poi i volontari storici hanno pensato di portare gli orti urbani, i primi erano dieci, ciascun affidato ad un piccolo gruppo di persone, prima solo pensionati oggi anche di altre età. E ci sono orti didattici in cui ospitiamo le scolaresche, quelli per anziani sono di 100 metri quadri e quelli di non pensionati sono la metà, di 50 metri quadri. Io all’epoca della tesi di laurea mi sono concentrata sulla parte sociale e la costruzione di una comunità intorno all’orto. - conclude Martina Alcune persone però stanno facendo lavori nell’orto per uscire dalla depressione e c’è chi ha benefici alimentari mangiando con cibo a km0. Alla fine anche gli orti non strettamente sociali ma definiti urbani hanno una valenza sociale”.