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di Simona Musco

Il Dubbio, 6 novembre 2023

La battaglia di Ebru Timtik è durata 238 giorni. Giorni in cui ha scelto di non mangiare, usando il suo corpo come arma contro la giustizia turca, che di diritti non vuol sentir parlare. È morta così, dopo esser stata arrestata insieme a altri 18 colleghi per il suo impegno nella difesa dei diritti civili in Turchia. Il 14 agosto 2020, la Corte costituzionale turca aveva respinto la richiesta di rilascio a scopo precauzionale sia per lei sia per il collega Aytaç Ünsal (ora di nuovo in carcere), entrambi in sciopero della fame, nonostante le loro condizioni di salute fossero già molto critiche. Per la Corte, però, non c’erano “informazioni o reperti disponibili in merito all’emergere di un pericolo critico per la loro vita o la loro integrità morale e materiale con il rigetto della richiesta per il loro rilascio”.

Ebru Timtik e Aytaç Ünsal avevano avviato lo sciopero della fame a febbraio 2020 e non sono stati rilasciati nonostante siano stati dichiarati non idonei alla reclusione dall’Istituto di medicina legale. Nemmeno una denuncia alla Corte costituzionale turca di Ankara ha avuto successo. I due avvocati, trasferiti sotto osservazione contro la loro volontà in diversi ospedali di Istanbul, avevano deciso così di trasformare lo sciopero in un “digiuno mortale” il 5 aprile - la “Giornata degli avvocati” in Turchia. Nel complesso dei procedimenti contro presunti membri del Dhkp-C, gli avvocati sono stati condannati a lunghe pene detentive in base alle leggi sul terrorismo, a causa delle dichiarazioni contraddittorie di un testimone chiave. Con la loro protesta, i due avvocati invocavano un processo equo. Timtik è la quarta vittima del processo Dhkp-C: Helin Bölek, solista del gruppo musicale Grup Yorum, è morta il 3 aprile 2020. Si era rifiutata di mangiare per 288 giorni in segno di protesta contro l’imprigionamento di altri membri della band e il divieto di concerti per i Grup Yorum. Il 7 maggio, il bassista della band, Ibrahim Gökçek, è morto dopo uno sciopero della fame durato 323 giorni. In precedenza, il prigioniero politico Mustafa Koçak era morto il 24 aprile a causa di un digiuno di 296 giorni. Sezgin Tanrikulu, il principale deputato all’opposizione del Partito popolare repubblicano (Chp), ha criticato la magistratura per non aver rilasciato Timtik. “È impossibile non ribellarsi a questo. Fino a quando assisteremo a queste morti? Avevamo implorato la Corte costituzionale di occuparci di questo fascicolo”, ha detto Tanrikulu in un programma in onda su Halk Tv. I presidenti di diversi ordini degli avvocati hanno criticato le autorità statali per aver ignorato il caso di Timtik e Ünsal.

“Non l’hanno sentita gridare per mesi chiedendo un processo equo. Coloro che hanno fatto orecchie da mercante e hanno voltato le spalle hanno massacrato la giustizia e la coscienza”, ha detto il presidente dell’Associazione degli avvocati di Ankara, Erinç Sagkan. Il presidente dell’Ordine degli avvocati di Antalya, Polat Balkan, ha descritto la morte di Timtik come un “omicidio giudiziario”, mentre il presidente dell’Associazione degli avvocati di Mersin, Bilgin Yesilbogaz, ha sottolineato che “l’ingiustizia uccide”. La colpa degli avvocati quella di aver difeso gli oppositori politici di Erdogan, ma non solo: tra loro ci sono anche i difensori delle famiglie espropriate delle loro case a Istanbul, abbattute per far posto ai grattacieli, o di donne che sono state picchiate dai mariti perché rifiutavano di portare il velo.

Tra i volti più noti della protesta Selcuk Kozagacli, (presidente del Chd), condannato a un totale di 13 anni per aver fondato e gestito un’organizzazione internazionale di matrice terroristica, mentre gli altri (tra i quali Barkin Timtik, sorella di Ebru, condannata a 20 anni e sei mesi) per averne fatto parte. Il capo di imputazione si regge sull’aver suggerito ai propri clienti di avvalersi della facoltà di non rispondere, con una percentuale statistica considerata superiore al dato nazionale, ma anche a colloqui con le famiglie troppo lunghi e frequenti.

La storia è iniziata con le purghe contro gli accademici, messa in atto da Erdogan dopo il mancato golpe, tra i quali Nuriye Gulmen e Semih Ozakca, imputati per “terrorismo” per presunti legami con il gruppo di estrema sinistra Dhkp. L’arresto di tutti e venti gli avvocati del collegio difensivo è avvenuto due giorni prima dell’inizio del processo a loro carico, diventato di colpo un processo politico per contrastare l’opposizione. Solo sei mesi dopo l’arresto, a marzo 2018, agli avvocati è stato concesso di prendere visione dei capi d’imputazione, secondo i quali l’associazione degli avvocati progressisti costituirebbe una branca del partito rivoluzionario messo fuori legge da Erdogan. La riforma costituzionale ha poi segnato in via ufficiale una vera e propria fusione tra potere governativo e sistema giudiziario: con la legge antiterrorismo del 25 luglio 2018 è stata infatti istituita una costola del potere che monitora gli istituti pubblici e che ha pieno e completo accesso a tutti gli elementi sensibili di tutti gli ordini degli avvocati della Turchia.

Ma nemmeno le carceri-lager del Sultano sono riuscite a zittire Timtil e Ünsal. “Abbiamo fatto della nostra vita uno strumento di difesa - ha sottolineato dal carcere quest’ultimo, ricordando il prezzo pagato da Timtik -. Stiamo ancora resistendo con le nostre vite e i nostri denti. Difendiamo le nostre vite tra le macerie. Facciamo la guardia alle prove sotto il cemento. Seguiremo le cause che difenderanno le vite che costruiremo insieme alla nostra gente, che sta lottando per questo”.