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di Dacia Maraini

Corriere della Sera, 26 settembre 2023

Cosa fare per prevenire questi eccidi? È una domanda che si fanno in molti. Il racconto purtroppo è sempre lo stesso: un uomo e una donna si incontrano, si amano, si sposano o convivono facendo spesso dei figli. Dopo qualche anno, se lei non mostra una totale passività, lui comincia a smaniare. Vorrei non dovere intervenire ogni minuto per esprimere l’indignazione di tante donne che si sentono trattate come fossero una etnia minoritaria, prese di mira da uomini rabbiosi e fatte fuori come nemiche da cancellare.

Il silenzio diventa complicità ed è giusto parlarne, anche se suona ripetitivo. Ma ripetitivi sono i fatti. In gennaio le donne uccise dai loro mariti e amanti sono: Giulia Donato, Martina Scialdone, Oriana Brunelli, Teresa Di tondo, Alina Cristina Cozac. In febbraio: Yana Malayko, Melina Marino, Santa Castorina. In marzo: Julia Astafieva, Maria Buttò, Zenepe Uruci. In aprile: Sara Ruschi, Brunetta Ridolfi. In maggio: Daniela Neza, Jessica Malaj. In giugno: Giulia Tramontano, Pierpaola Romano, Maria Brigida Pesacane, Floriana Floris, Svetlana Ghenciu, Margherita Ceschin, Maria Causo. In luglio: Mariella Marino, Angela Gioiello; Sofia Castelli.

In agosto: Celina Frei Matzohl, Anna Scala, Vera Schiopu. In settembre: Rossella Nappini, Marisa Leo, Maria Rosa Troisi. Cosa fare per prevenire questi eccidi? È una domanda che si fanno in molti. Il racconto purtroppo è sempre lo stesso: un uomo e una donna si incontrano, si amano, si sposano o convivono facendo spesso dei figli.

Dopo qualche anno, se lei non mostra una totale passività, lui comincia a smaniare. La gelosia diventa invadente, oppressiva, e spesso sfocia violenze psicologiche e fisiche. La donna, soprattutto se ha figli e non lavora, alla ennesima violenza va a denunciare. Atto coraggioso che non tutte riescono a fare perché isolate e impaurite. Ma pure, anche quando l’uomo viene condannato a stare lontano, trova un modo per stanarla con l’inganno e ammazzarla.

Compiuto il delitto, in genere scappa, spesso si suicida. Quando un uomo identifica la sua virilità col possesso di una donna che considera roba sua, ogni moto di indipendenza di lei diventa un attentato alla sua virilità, ovvero alla sua esistenza maschile. E questo lo stravolge a tal punto da sentire il bisogno di ucciderla per mostrare a se stesso che la sua virilità è viva e vincente, anche a costo di darsi poi la morte. Che fare? Intanto ampliare e finanziare le case rifugio che da ultimo sono state private di mezzi. Poi cominciare una campagna di responsabilizzazione dei media che smettano di mostrare le donne come corpi in offerta, quindi agire sulle scuole per insegnare il rispetto dell’altro.