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di Lorenzo Rotella

La Stampa, 28 marzo 2023

I problemi cardiaci definiti “artefatti”. Lo sciopero della fame di Alfredo Cospito per i giudici del Tribunale di Sorveglianza di Milano è “strumentale” e dunque, l’anarco-insurrezionalista detenuto ad Opera in regime del carcere duro (41bis), dovrà continuare a rimanere detenuto nelle stesse condizioni che non “confliggono col senso di umanità della pena”. Ma potrà farlo rimanendo non più in cella ma nel reparto detenuti dell’Ospedale San Paolo, dove già si trova dal 4 marzo scorso.

I giudici hanno dunque rigettato l’istanza della difesa che aveva chiesto il trasferimento ai domiciliari di Cospito per gravi ragioni di salute. Anzi, hanno valutato persino che i problemi di cuore denunciati dai suoi legali il 21 marzo scorso, siano stati in realtà “artefatti” perché la tachicardia ventricolare segnalata dal monitor dell’ospedale a un ulteriore esame si è rivelata come molto meno grave.

Quindi, per i giudici, la condizione clinica dell’anarchico al 41bis “è diretta conseguenza dello sciopero della fame che sta portando avanti da ottobre”. E dato che “il rifiuto dell’alimentazione ha determinato l’attuale condizione clinica” del detenuto, la richiesta viene respinta perché “la strumentalità della condotta che ha dato corso alle patologie oggi presenti è assolutamente certa”. Analoga decisione hanno preso i giudici di Sassari, ai quali la difesa aveva chiesto un differimento della pena sempre per motivi di salute.

La difesa, ritenendo il quadro clinico “irreversibilmente compromesso” aveva richiesto il differimento dell’esecuzione della pena con gli arresti domiciliari nell’appartamento di una delle due sorelle a Viterbo, dove abita con due figli minori. L’avvocato Flavio Rossi Albertini ha sottolineato come altrimenti la condanna così scontata “sia eseguita in disprezzo al diritto alla salute e al senso di umanità”.

Nell’udienza che si è svolta nel reparto ospedaliero del San Paolo, Cospito ha nuovamente spiegato le ragioni dello sciopero della fame. Dallo scorso 25 febbraio si nutre solo di acqua, sale e zucchero perché da un lato il regime carcerario del 41 bis rappresenta “un trattamento contrario al senso di umanità”; dall’altro perché i limiti su che può leggere in detenzione “lo porterebbero a morire dentro anche se riprendesse ad alimentarsi”.

Motivazioni che però non hanno convinto le toghe. Secondo le quali, tutto ciò che sta capitando all’anarchico cinquantacinquenne è dovuto a “una forma di protesta non violenta consistente nel suo comportamento volontario”. Una condizione fisica che per i giudici può essere monitorata e tenuta sotto controllo “solo in un reparto ospedaliero”, dove attualmente si trova. “L’esito era scontato, non confidavamo in alcun modo in questa iniziativa” ha tagliato corto il legale dell’anarchico. “Il caso Cospito è paradigmatico sotto molti profili dello stato di civiltà giuridica del nostro Paese. Chissà cosa ne direbbe Voltaire se fosse ancora vivo”. L’avvocato ha inoltre ribadito che il detenuto “continuerà la sua protesta”. Aggiungendo a suo nome che “la cosa che lo fa più arrabbiare è la consegna dei libri: sono tre settimane che ha chiesto un volume di Borges e ancora non glielo hanno dato. Al 41 bis la cosa che è meno salvaguardata è il diritto allo studio, alla lettura, alla crescita morale e culturale del detenuto”. Un regime carcerario che per l’ex magistrato Gian Carlo Caselli, invece, “è essenziale” per la gestione della criminalità organizzata. Concorda il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro delle Vedove, che commenta così il doppio rigetto a Cospito: “La partita è chiusa. Nella piena cornice della legittimità, lo Stato ha riaffermato che non si piega a condotte strumentali, peraltro volte a revocare il 41 bis a decine e decine di mafiosi”.