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La Repubblica, 1 settembre 2023

I detenuti di El Turi hanno preso in ostaggio un numero imprecisato di agenti di custodia e poliziotti. Ormai hanno il controllo della prigione i detenuti del carcere ecuadoriano di El Turi, a Cuenca, che ieri hanno iniziato una rivolta in risposta alla decisione del governo di perquisire le celle del centro di Cotopaxi. Hanno preso in ostaggio un numero imprecisato di agenti di custodia e poliziotti, mentre sono 300 i soldati all’esterno dell’edificio che non riescono a entrare.

Anche nella prigione di Azogues, nella provincia di Cañar, si sono registrati dei disordini: in segno di protesta i detenuti sono saliti sul tetto dell’edificio, presto circondato da uomini della polizia. L’escalation ha le sue radici nella decisione del presidente Guillermo Lasso, di avviare un’operazione speciale all’interno del centro di detenzione di Cotopaxi, con l’obiettivo di requisire armi ed esplosivi ai criminali violenti al suo interno. Contrariamente a quanto sperato, il risultato della misura è un’ulteriore impennata di caos. Le forze dell’ordine hanno attivato “il protocollo di contenimento e isolamento” per risolvere l’emergenza nel carcere di El Turi, ma anziché rientrare la situazione sembra stare precipitando.

Nel centro-nord della capitale Quito due automezzi sono saltati in aria, causando danni ma nessuna vittima, in operazioni che sembrano essere legate alle proteste in corso nelle tre prigioni. Lo scoppio di un’automobile, e poi di un furgone, riferisce il portale di notizie Primicias, sarebbe stato causato da bombole di gas collegate ad esplosivo attivato con una miccia a lenta combustione. Gli attentati, si è inoltre appreso, sono avvenuti a poca distanza dalla sede centrale del Servizio nazionale di assistenza agli adulti privati della libertà (Snai), che gestisce la rete dei centri di reclusione ecuadoriani. La situazione fuori controllo del sistema carcerario dell’Ecuador fa da cartina di tornasole delle condizioni in cui versa il Paese: nelle prigioni comandano da anni le bande criminali legate al traffico di droga e a nulla valgono gli sforzi delle autorità di risolvere il problema.

I detenuti di El Turi, secondo il quotidiano El Mercurio, hanno sfidato l’esercito ad entrare, identificandosi come membri della banda Los Lobos. La stessa che ha rivendicato in un video l’uccisione del candidato presidenziale Fernando Villavicencio, avvenuta lo scorso nove agosto, 11 giorni prima del voto elettorale. L’omicidio del candidato è stato solo il primo di una serie di attentati politici che hanno caratterizzato il periodo precedente alle elezioni del 20 agosto: la settimana successiva Estefany Puente, candidata all’Assemblea nazionale ha subito un attacco armato, restando però illesa. Fortuna non toccata a Pedro Briones, politico del partito di sinistra Revolución Ciudadana, ucciso da dei colpi di arma da fuoco al confine con la Colombia.

Per conoscere i risultati di quelle che sono state generalmente definite “le elezioni più insanguinate di sempre”, l’Ecuador dovrà aspettare il 15 ottobre quando Luisa González, fedelissima dell’ex presidente progressista Rafael Correa, e Daniel Noboa, 35 anni, figlio di uno degli imprenditori più ricchi del Paese si sfideranno al secondo turno. A segnalare l’insofferenza della popolazione verso il clima di tensione e violenza perpetrato dalle gang è il grado di affluenza alle urne, all’82%: la storica partecipazione al voto dimostra il desiderio che lo Stato ripristini l’ordine recuperando il controllo della sicurezza del Paese.