sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Giuseppe Benedetto*

Il Dubbio, 16 agosto 2023

Il giustizialista pone priorità agli aspetti securitari di ordine sociale. Cercherò nel breve spazio concesso da un articolo di spiegare perché sono garantista e perché un liberale non può che essere garantista. Lo farò partendo dalla etimologia del termine garantismo, ovviamente “garanzia”. Così come in contrapposizione analizzerò l’etimologia del termine giustizialismo che non può che essere “giustizia”.

Partendo da questo assunto è subito da rilevare come la garanzia non può che attenersi al singolo, al cittadino, all’individuo. Così come la giustizia non può che rivolgersi alla società nelle sue articolazioni “giustizia sociale”. Orbene per chi come me, come per chiunque si dica e sia effettivamente liberale, “la più piccola minoranza al mondo è l’individuo, chiunque neghi i diritti dell’individuo non può sostenere di essere un difensore delle minoranze” (Ayn Rand), le garanzie per l’individuo vengono prima di tutto. Anche prima delle pur comprensibili esigenze della società. Senza disturbare, sol per motivi di spazio, il maestro di tutti noi Friedrich von Hayek, a me pare che su questo aspetto tra liberali si possa essere d’accordo.

La società è un insieme di individui. Prima ancora dunque dei sacri principi del Diritto penale liberale, di Cesare Beccaria, dell’afflato verso una giustizia giusta, equilibrata, non inutilmente afflittiva, noi liberali non possiamo che dirci garantisti in quanto difensori dell’individuo, nel caso di specie di quello speciale individuo che è il cittadino.

Il giustizialista pone priorità agli aspetti securitari di ordine sociale, che possono giustificare la limitazione delle garanzie per l’individuo in nome di interessi superiori: lo Stato, la sicurezza, l’esemplarità della pena, la punizione del colpevole sino all’odiosa frase “gettare la chiave”. Appare del tutto ovvio che lo Stato etico, le dittature di destra e di sinistra, facciano del giustizialismo la loro stessa ragion d’essere.

Sarebbe ben strano dunque trovare un liberale giustizialista, una vera e propria contradictio in terminis. Sono dunque scettico, stante l’evidente posizione minoritaria di noi liberali, che questo come altri Governi, di destra o di sinistra, possano giungere a riforme della Giustizia effettive, non solo declamate, che mettano al centro innanzi tutto l’individuo. Troppo forte è in loro il richiamo della foresta, la foresta oscura del “lo vuole il popolo”, da cui “populismo”. Tutto torna.

Per questi Governi li popolo indistinto, non il cittadino, vuole pene sempre più dure (sino alla pena di morte); vuole punire e basta, poco interessa il 3° comma dell’articolo 27 della Costituzione, il quale sancisce che “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”; giustifica ogni intrusione nella vita del cittadino (sino alla sua camera da letto) in nome della superiore esigenza del bene comune.

I liberali si accontentano di vivere senza essere vessati, senza sentirsi controllati dal grande fratello. John Stuart Mill nel suo Saggio sulla libertà scriveva “lo scopo dei cittadini era di porre dei limiti al potere sulla comunità concesso al governante: e questa delimitazione era ciò che essi intendevano per libertà”. Per i liberali ancora ora questa è la Libertà.

*Fondazione Luigi Einaudi