sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Emma Bonino

Il Riformista, 21 luglio 2023

Certamente la liberazione di Zaki non è dovuta al buon cuore del generale Al-Sisi. È il risultato di una serie di pressioni diplomatiche, della politica, dell’opinione pubblica. E non va dimenticata l’insistente presenza dell’Università di Bologna. La Farnesina si è mossa con il suo peso, ma lasciatemi dire che non saremmo arrivati allo straordinario risultato della liberazione di Patrick senza un gioco di squadra che ha visto in campo tanti soggetti diversi, dalle associazioni dei ricercatori alla stessa Giorgia Meloni, che credo abbia avuto un ruolo diretto. E la presidente Meloni ha fatto bene a ringraziare il generale Al-Sisi. Perché va preso nota di un passetto. Ma ci sono altri che sono stati liberati, insieme a Zaki? Mi sembra di no. E allora che cosa vogliamo chiudere qui? Il caso Egitto è drammaticamente aperto. Non si chiude qui il caso Regeni, che temo non arriverà mai a una soluzione. Ma in Egitto ci sono non so quante centinaia, se non migliaia, di cosiddetti “avversari politici” in carcere. Centinaia, se non migliaia, di persone di cui le famiglie non sanno più niente. E per i quali non sono noti i capi di imputazione. Ci sono blogger, influencer, persone che postavano sui social network la loro posizione critica, il loro punto di vista. E che per questo spariscono in carcere, o in una segreta sottoterra. Bene dunque il passetto, ma il caso Egitto rimane aperto.

L’Italia non ha mai voluto portare in Europa il caso Egitto, che è il caso Regeni ma non solo. Io lo dico da anni: la questione andava posta ai livelli più alti, ma neanche il commissario Gentiloni mi ha voluto dare retta. Il caso Egitto esiste, anche se ce ne occupiamo poco. Studenti, attivisti, blogger scompaiono nel vuoto, oggi, al Cairo. E non ne sappiamo quasi nulla. Sappiamo però qualcosa del generale Sisi: che è una delle persone più impenetrabili, per quanto mi dicono. Con una mente strategica che lo porta a muoversi con disinvoltura quando serve e all’occorrenza, all’opposto, con grande attenzione diplomatica. Niente mi toglie dalla mente che nei giorni scorsi può aver chiesto alla Corte penale del Cairo di applicare una condanna forte con l’intento di calare subito dopo l’asso della grazia. Un colpo di teatro studiato nella sua dinamica. D’altronde, non ce lo nascondiamo: l’Egitto è un Paese importante. Una potenza regionale fatta di ottanta milioni di abitanti. E purtroppo in difficoltà economiche: una potenziale bomba sulla sponda sud del Mediterraneo. Quali siano i rapporti commerciali attuali non saprei dirlo, ma c’è un problema aperto di diritti umani e di democrazia. Come è normale, ci occupiamo dei Paesi senza democrazia quando c’è implicato qualche italiano. Chi si occupa di diritti in quell’area ce lo rimprovera: “Vi muovete solo se c’è un italiano a rischio”. In parte hanno ragione. Dobbiamo invece ragionare sui problemi in modo più aperto, a prescindere dalle questioni di casa nostra. Ne cito una: quella dei migranti. Sembra che il problema numero uno del nostro Paese sia quello. E dall’Egitto potrebbero arrivarne tanti. Allora ecco che, come si è fatto in Tunisia, come si vorrebbe fare con la Libia, l’Egitto diventa un partner con il quale vanno messi in sicurezza i rapporti. Giorgia Meloni dopo anni in cui urlava l’urgenza di un blocco navale armato si è trasformata nella paladina dei partenariati con il Nord Africa.

So che la Presidente Meloni ha convocato una conferenza sul Mediterraneo, nei prossimi giorni. Oltre ai migranti vorrei capire se qualcuno accenna anche alla questione dei diritti civili. E vorrei sapere se la Conferenza dei ministri degli Esteri europei, convocata a Bruxelles, vuole mettere il tema dei diritti in agenda. Per concludere: no, la grazia a Patrick Zaki non basta. Anzi, non solo non basta. Non è neanche un inizio.

+Europa