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volabo.it, 29 novembre 2024

Occorre sostenere la persona detenuta nel percorso di reinserimento sociale con una progettualità che inizia all’interno del carcere e prosegue all’esterno. Un obiettivo che non può essere raggiunto senza il contributo del volontariato penitenziario, vero e proprio ponte in grado di collegare il mondo esterno con la realtà interna del carcere. Una rete, quella delle associazioni di volontario, che va rafforzata e affiancata al fine di perseguire l’impegno diretto a rendere il sistema carcerario sempre più efficace nel garantire alla persona detenuta concrete possibilità di reinserimento sociale.

La linea tracciata dal Garante regionale dei detenuti Roberto Cavalieri nel report (Carcere, esecuzione penale esterna e volontariato: bisogni, idee e sfide fra presente e futuro) sulla rete del volontario carcerario in Emilia-Romagna trova consensi e sostanziale adesione degli intervenuti al convegno tenutosi nella sede dell’Assemblea legislativa regionale. Un meeting organizzato dallo stesso Garante nei locali dell’Assemblea legislativa, a Bologna, che negli ultimi due anni ha promosso numerosi incontri tra l’amministrazione penitenziaria e le realtà del volontariato attive sul territorio regionale, per fare il punto sull’attività del volontariato in carcere e aprire una riflessione sui problemi e le sfide che incontra nell’azione quotidiana al fianco della persona detenuta.

“L’emergenza carcere c’è da sempre: è un problema che va affrontato con risolutezza perché la sofferenza dei detenuti è in preoccupante aumento” evidenzia Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana davanti a circa 200 persone, tra volontari e addetti ai lavori. “Il report sul volontariato carcerario presentato oggi - aggiunge - propone soluzioni adeguate, a partire da temi che possono sembrare marginali, ma che in realtà non lo sono, come l’assenza dei prodotti per l’igiene”. “Il ruolo del volontariato - conclude l’arcivescovo - è centrale nel sistema carcerario, anche perché contribuisce a fare cultura fuori da pregiudizi e distorsioni”

“Il volontariato penitenziario rappresenta per il detenuto un supporto fondamentale per ripartire, durante la pena e al suo termine”, spiega Roberto Cavalieri. “Gli interventi a favore dei detenuti - prosegue - devono poter contare sulla collaborazione degli enti locali e dell’amministrazione penitenziaria. Dunque, serve lavorare insieme per superare le sfide che il carcere propone incessantemente”. Sul tema del lavoro in carcere, poi, il garante va contro gli stereotipi: “Non è detto che il lavoro sia l’antidoto per tutti i detenuti, anche perché non tutti possono ottenerlo. Serve, quindi, valutare percorsi diversi”. Inoltre, conclude, “i dati ci dicono che il lavoro in carcere non necessariamente è uno strumento utile a contrastare le recidive”.

Diventa quindi fondamentale rafforzare quelle reti che operano sui territori per favorire la reintegrazione del detenuto nel sistema sociale conclusa la pena. Ne è convita Denise Minotti, magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di sorveglianza di Bologna), che ribadisce l’importanza del volontariato penitenziario per il reinserimento sociale della persona condannata, in quanto i volontari attivi in carcere hanno un impatto particolarmente incisivo sugli aspetti relazionali, affettivi e sociali della persona detenuta, offrendo un prezioso collegamento con una comunità da cui spesso si trovano esclusi.

Incentrato sull’esecuzione penale esterna l’intervento di Aldo Scolozzi, dirigente penitenziario e direttore dell’Uiepe dell’Emilia-Romagna e Marche: “L’esecuzione penale esterna ha un grande peso, in Emilia-Romagna sono 10mila le persone seguite, e anche per questo ambito servirebbe un maggiore supporto del volontariato”.

Presente anche il neonominato provveditore dell’Amministrazione penitenziaria dell’Emilia-Romagna e delle Marche Silvio Di Gregorio: “Il carcere deve risolvere i problemi delle persone e la differenza la fa il mondo del volontariato, in quanto la reclusione può anche essere un’opportunità”.

Nel corso del convegno sono intervenuti anche Mauro Palma (presidente dell’European penological center dell’Università Roma Tre), Marco Bonfiglioli (direttore dell’Ufficio detenuti e trattamento del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria dell’Emilia-Romagna e delle Marche), Paola Atzei (responsabile dell’area formazione di Volabo), che ha richiamato il ruolo delle istituzioni, a partire dagli enti locali, Alvise Sbraccia (professore di sociologia del diritto e della devianza all’Università di Bologna) e Ivo Lizzola (professore di pedagogia della marginalità, del conflitto e della mediazione all’Università di Bergamo).

L’incontro è stato moderato da Riccardo Arena (giornalista di Radio Radicale, attivo sul tema carcere), che ha ricordato come le morti in carcere siano in costante aumento: “In Italia si contano più di 62mila detenuti per una capienza delle carceri di poco più di 51mila posti. La situazione è critica, tanto che quest’anno si registra il record di suicidi così come di morti per malattia: nel 2024 sono già 222 i morti in carcere”.