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di Valter Vecellio*

Il Dubbio, 29 dicembre 2023

Lettera aperta al cardinale Zuppi per richiamare l’attenzione della politica sulle condizioni in cui versano i nostri penitenziari, dove soltanto nel 2022 si sono tolti la vita 84 detenuti. Eminenza, o come preferisci esser chiamato, Caro Matteo, ti chiedo qualche minuto di attenzione; in qualche occasione l’ho fatto privatamente, ora mi rivolgo a te pubblicamente: non più, non solo a “Matteo”, ma al Presidente della Conferenza Episcopale dei Vescovi italiani: a una personalità autorevole che fa dell’ascolto e del dialogo ragion d’essere e fare.

Sono ormai trascorsi dieci anni da quando l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano decideva di avvalersi di una sua prerogativa costituzionale: l’invio di messaggi, nella forma più solenne, al Parlamento. Il messaggio di Napolitano a senatori e deputati riguardava le carceri: le condizioni di vita di detenuti, agenti di custodia, dell’intera comunità penitenziaria.

Nel messaggio si ricorda che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ripetutamente condanna e sanziona l’Italia; sollecitato anche dalle iniziative e dai digiuni di Marco Pannella e di altri dirigenti e militanti del Partito Radicale richiama l’attenzione sulla “mortificante conferma della perdurante incapacità del nostro Stato a garantire i diritti elementari dei reclusi in attesa di giudizio e in esecuzione di pena e nello stesso tempo una sollecitazione pressante da parte della Corte a imboccare una strada efficace per il superamento di tale ingiustificabile stato di cose”.

Un appello accorato che indica “la stringente necessità di cambiare profondamente la condizione delle carceri in Italia costituisce non solo un imperativo giuridico e politico, bensì in pari tempo un imperativo morale”. La realtà carceraria “rappresenta un’emergenza assillante, dalle imprevedibili e al limite ingovernabili ricadute, che va affrontata senza trascurare i rimedi già prospettati e in parte messi in atto, ma esaminando ancora con la massima attenzione ogni altro possibile intervento e non escludendo pregiudizialmente nessuna ipotesi che possa rendersi necessaria”.

Il presidente si fa anche carico di suggerire una possibile strada da percorrere: far ricorso a quelli che definisce “rimedi straordinari”, come indulto e amnistia, per adempiere “a precisi obblighi di natura costituzionale e all’imperativo morale e giuridico di assicurare un civile stato di governo della realtà carceraria”.

Già nel luglio 2011, sempre Napolitano aveva detto che quella delle carceri era “un tema di prepotente urgenza”. Da allora molto poco è cambiato. La situazione ha superato ogni possibile e tollerabile livello di guardia. Secondo gli ultimi rapporti di Antigone i penitenziari italiani prevedono una capienza di poco più di 51mila posti, ma ben 3.646 per vari motivi non sono disponibili. Al 30 aprile risultavano detenute 56.674 persone: il 26,6 per cento in attesa di sentenza definitiva. Il rapporto 2023 Caritas-Migrantes segnala un consistente aumento degli ingressi di minori in carcere: erano 1.016 nel 2022 (520 gli stranieri). Il Garante dei detenuti avverte che la popolazione negli istituti minorili è destinata ad aumentare del 20 per cento, in strutture già ora sature.

Crisi anche per quello che riguarda il corpo della polizia penitenziaria. Sempre Antigone, sulla base di dati ufficiali del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, fa sapere che l’organico è di 37.181 unità; gli operativi tuttavia scendono a 32.545, una carenza di organico del 12,5 per cento. I picchi maggiori si registrano in Sardegna e Calabria: 20 per cento. Nel 2022 si sono censiti ben 84 detenuti suicidi ufficiali; altri 87 i morti per “altre cause”: malattia, overdose, omicidio, non meglio specificate “cause da accertare”. In media ogni giorno tre detenuti cercano di uccidersi, bloccati dagli agenti.

Anche quest’anno le carceri italiane hanno vissuto un’epidemia di suicidi, con una settantina di detenuti che si sono tolti la vita. “Evasioni”, definitive: detenuti che “lasciano” la cella impiccandosi, avvelenandosi con il gas, stringendosi al collo un sacchetto di plastica; ora “riposano” in altrettante bare.

Per il presidente dell’Unione delle Camere Penali Francesco Petrelli “la terribile sequenza di suicidi di detenuti costituisce non solo un richiamo alla responsabilità delle istituzioni e del Governo, ma anche una denuncia del fallimento delle politiche carcerocentriche”.

Il Presidente di Antigone, Patrizio Gonnella ricorda: “Ci stiamo avvicinando al numero dei suicidi del 2022 quando ci fu il massimo storico. È il segno del dissesto del nostro sistema penitenziario, non così si costruisce sicurezza. Così si negano i diritti e si nega quella funzione della pena che è in Costituzione”.

Don David Maria Riboldi la realtà delle celle la vive tutti i giorni, cappellano del carcere di Busto Arsizio, fondatore della cooperativa sociale “La Valle di Ezechiele”. A chi propone di costruire nuove carceri oppone una ragionevole contestazione: “Le sigle sindacali lamentano sempre e non senza ragioni la grave carenza di organico già allo stato attuale nella gestione dei penitenziari. Non si riesce ad avere personale per le carceri che già abbiamo: come possiamo immaginare di crearne di nuove?”. Racconta che nella sua cooperativa in due anni hanno accolto una dozzina di persone: “Nessuna di loro ha commesso nuovi reati. Forse la soluzione non è costruire nuove carceri, ma favorire misure alternative alla detenzione”.

Si chiama, in termine tecnico-giuridico “giustizia riparativa”: misure alternative al carcere e percorsi di studio e professionalizzanti che offrono ai detenuti un’alternativa fatta di lavoro e di normalità, alla tentazione di ritornare alla “malavita”. È quello che da anni sostiene don Ettore Cannavera, alle spalle una lunga esperienza di cappellano carcerario, fondatore e animatore de “La Collina” (comunità che strappa, letteralmente, detenuti minorenni dal carcere e li reinserisce nella società): “Il carcere è strutturalmente inidoneo a questo percorso di recupero e quindi ecco trovarci, paradossalmente, più malavitosi formatisi nelle nostre carceri a spese della collettività”. Cannavera propone una diversa impostazione: trasformare le carceri, soprattutto quelle minorili, in “comunità educanti”.

Anche quest’anno, come ogni anno, il Partito Radicale, con i suoi dirigenti e militanti organizza il Natale e il Capodanno in carcere. Il partito laico per eccellenza fa suo e dà corpo al precetto contenuto nel vangelo di Matteo: “...io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.... ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me...”.

Caro Matteo: sono più che certo che tutte queste cose le conosci, ne soffri: compassione, pena, inquietudine per quello che accade i sentimenti che la agitano. Allora perché dirle proprio a te? Semplice: perché puoi levare, come in passato, la tua autorevole voce e aiutarci a spezzare il muro di silenzio, di indifferenza, di incomprensione. Non è certo a te che va ricordato il significato del paolino “Spes contra spem” da Pannella assunto a stella polare. Ma è giunto il tempo di ricordarlo alla nostra classe politica, di governo e di opposizione, agire di conseguenza. Buon Nuovo Anno.

*Direttore di Proposta Radicale