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di Federico Capurso

La Stampa, 10 ottobre 2023

L’ex ministra degli Esteri: “Hamas è una organizzazione terroristica ma da vecchia amica di Israele dico no all’escalation di Tel Aviv”. La telefonata con Emma Bonino si apre con un messaggio di “auguri”. Il tumore sembra essere scomparso: “Manca solo l’ultima Tac. Come diceva Napolitano, la cosa peggiore della malattia è la noia, a partire dalla noia delle visite mediche”. Ma l’ex ministra degli Esteri non ha mai smesso di occuparsi di politica. E si mostra sicura sulla scelta di campo: “Hamas è un’organizzazione terroristica, lo è da tempo, e io mi considero una vecchia amica di Israele”, dice. La controffensiva ai danni di Hamas “era prevedibile, ce l’aspettavamo tutti”, eppure, nonostante questo, “mi ha sorpreso che l’escalation da parte dell’esercito di Tel Aviv si sia evoluta in questo modo”. Il modo, spiega Bonino, è “il peggiore di tutti”, perché il governo israeliano in queste ore “nega alle popolazioni palestinesi di Gaza l’accesso ad acqua, cibo, elettricità”.

Una ritorsione ingiustificata?

“Israele sta assediando Gaza. Ne paga le conseguenze anche la popolazione civile. Lì ci sono anziani, donne e bambini: non è tollerabile. Questi si chiamano crimini di guerra e Netanyahu dovrà risponderne”.

Quali conseguenze avrà?

“La prima cosa da osservare, in Palestina, sarà la reazione di Al Fatah. È un’organizzazione che ha sempre avuto un atteggiamento più moderato rispetto ai terroristi di Hamas. Se scende in piazza e si mobilita, la protesta rischia di contagiare tutto il mondo arabo, che a quel punto si compatterebbe contro Israele. Esattamente ciò che vuole Hamas”.

Teme che da qui si possa allargare il conflitto?

“Questo non saprei dirlo, ma è senza dubbio un elemento che non aiuta la de-escalation. Sono giorni in cui aspetto soprattutto di sapere cosa deciderà di fare il Libano, dove Hamas conta sull’alleanza con Hezbollah e dove l’Italia ha un contingente Unifil di 1300 militari”.

Hezbollah sostiene di non essere coinvolto in alcuna operazione contro Israele. Vuole starne fuori?

“Ci sono piccole schermaglie dimostrative nelle zone contese, ma mi sembra che non abbiano preso ancora una decisione. Il Libano non vorrebbe entrare in guerra, è in una situazione di grande fragilità, ma se ci fosse una scintilla, un errore militare israeliano, allora tutto tornerebbe in bilico. E il nostro contingente sarebbe chiamato a compiti di interposizione”.

Gli ostaggi, da una parte e dall’altra, possono essere la chiave di una mediazione?

“Quello degli ostaggi è di certo uno strumento di pressione, sia per gli israeliani sia per Hamas. Sarà il punto di partenza di qualunque mediazione, ammesso che le due parti chiedano di essere aiutate al tavolo negoziale. Il dialogo può essere solo un auspicio, per ora”.

Esiste il pericolo di una nuova ondata di radicalizzazione islamica in Europa?

“Temo che ricominceranno ad esserci attacchi spontanei. È un pericolo di cui si dovrà tenere conto. Se Hamas ha una rete di terroristi in giro per il mondo, dubito che la notte andranno solo a dormire. In Italia non abbiamo mai subito attentati. Negli anni della Prima Repubblica si era dimostrata una certa sensibilità per la questione palestinese, ma da diverso tempo ormai, con i terroristi di Hamas, non è possibile avere alcun tipo di rapporto”.

Gli accordi di Abramo, che avevano avvicinato Israele al mondo arabo, sono definitivamente morti?

“Stanno naufragando, nonostante i molti piccoli passi compiuti in quella regione negli ultimi anni. Si stava andando verso una normalizzazione dei rapporti tra Israele e paesi come Arabia Saudita, Marocco, Emirati Arabi. Se non si tornerà a camminare in quella direzione, avrà vinto Hamas”.

L’Europa che ruolo gioca?

“L’Europa ha abbandonato da tempo Israele e tutto il Medioriente. Avrà un ruolo limitato, ma non è la sola. Tutti gli organismi di cooperazione internazionale per la gestione dei conflitti non funzionano. L’altra sera sono rimasta sveglia fino a tardi perché volevo sentire i risultati del Consiglio di sicurezza dell’Onu: non sono stati neppure in grado di fare una dichiarazione congiunta”.