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di Gaetano Silvestri*

La Stampa, 19 gennaio 2023

Come cittadino fedele alla Repubblica ed osservante delle sue leggi ho salutato con soddisfazione l’arresto di un capo-mafia ricercato da trent’anni e ritenuto responsabile di orrendi delitti oltre che di un continuo inquinamento della vita economica e istituzionale della Nazione. Risponderà dei suoi atti nei termini stabiliti dalle norme vigenti e pagherà il suo debito con la collettività, scontando le pene che si è meritato. Anch’io, come tutti i cittadini, sono grato ai magistrati e alle forze di polizia che hanno conseguito questo importante risultato, che segna una netta riaffermazione della legalità contro il crimine.

Proprio perché sono convinto che l’arresto di Matteo Messina Denaro sia una battaglia vinta contro la mafia e perché sono altresì persuaso che la guerra invece continua sino ad un esito definitivo che certamente ci sarà (anche se non possiamo prevedere in quanto tempo) penso che oggi più che mai dobbiamo mantenere saldo il nostro senso della legalità, a cominciare da quella costituzionale. Dispiace sentire oggi, come anche in passato, tirare in ballo la Carta costituzionale per auspicarne modifiche congiunturali, allo scopo di additare soluzioni per problemi esistenti. In tutti momenti cruciali della nostra storia repubblicana si ripresenta quella che potremmo definire “fallacia normativistica”, quasi che fenomeni negativi, purtroppo radicati in estese realtà economico-sociali, possano essere eliminati con leggi-manifesto o proclami in favore di un irrigidimento autoritario delle istituzioni.

Si tratta di un grosso equivoco. Se come cittadino, come studioso e come servitore dello Stato posso vantare con legittimo orgoglio la mia superiorità nei confronti di mafiosi, corrotti e loro complici è perché sto dalla parte della Costituzione e della legge. I mafiosi sono nemici della libertà perché assoggettano al loro dominio violento interi territori; chi li combatte, anche con le armi della repressione, è al servizio della stessa libertà. Il fine “rieducativo” della pena, indicato dall’art. 27, terzo comma, della Costituzione non è stato introdotto dai nostri Padri costituenti per pietismo o per pura ostentazione di buoni sentimenti, ma per tracciare la strada della ricomposizione della società, lacerata dal crimine, mediante il reinserimento del reo nel tessuto sociale. Lo scontro tra Stato e mafia non si riduce ad un conflitto generico tra potenze ostili, ma è il confronto, anche sanguinoso purtroppo, tra civiltà e barbarie.

La prima deve prevalere con i suoi metodi, altrimenti si priva di valore il sacrificio di tante donne e uomini che hanno anteposto la difesa della legalità alla loro stessa vita. Né dovremmo dimenticare, in questa specifica occasione, che Messina Denaro ha continuato la sua dorata latitanza per anni in pieno regime di ergastolo ostativo. Non saranno le parole di soggetti contigui alle cosche che ci possono far cambiare idea sui nostri princìpi.

Mi ha colpito anche il rinnovato risorgere del tema delle intercettazioni telefoniche. Fermo restando che le stesse devono sempre essere effettuata con il pieno rispetto delle regole e con la razionalità che si pretende dalla giurisdizione, lontana dalle velleità di pretesi giustizieri, per i cui eventuali eccessi esistono rimedi processuali e disciplinari, occorre rammentare che la criminalità mafiosa si occulta molto spesso nell’illegalità “ordinaria” e che, perseguendo quest’ultima, si può risalire all’inquinamento mafioso dell’economia e delle istituzioni.

Mi sembra opportuno ripetere che la mafia si sconfigge con una “straordinaria ordinarietà”, con la rigorosa osservanza della legge tutti i giorni e in tutti rapporti civili, economici e politici. Per questo motivo, rimangono necessarie le intercettazioni per tutti reati gravi collegati alle attività quotidiane, anche non apparentemente di tipo mafioso, poste in essere dalla criminalità organizzata. Le vittorie, come quella di questi giorni, si ottengono con un lavoro silenzioso e ininterrotto, che rifugge dai clamori, ma punta ai risultati concreti.

Mi piace pensare che oggi, assieme agli artefici della cattura di Messina Denaro ha vinto pure la Costituzione della Repubblica, che essi hanno giurato di osservare fedelmente. Diamo loro, oltre il meritato plauso, anche i mezzi per continuare la loro battaglia nel segno della legalità e della libertà.

*Presidente emerito della Corte Costituzionale