di Mattia Feltri
La Stampa, 19 gennaio 2023
Ricordo quand’ero bambino e nell’acqua della Pianura Padana c’era in eccesso non so più quale sostanza nociva. Allora si cambiò la legge, si innalzarono i limiti di tolleranza e la stessa acqua, all’indomani, era diventata potabile. Non so se il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, si sia ispirato a quell’estroso legislatore quando - nell’intervista di ieri alla Stampa - progetta di cambiare la Costituzione per reintrodurre l’ergastolo ostativo nelle stesse forme che erano state dichiarate incostituzionali.
Per chi non fosse al corrente, l’ergastolo si dice ostativo quando annulla anche la speranza di poter uscire, un giorno per quanto lontano, e in Italia lo si applicava a chiunque rifiutasse di collaborare con la giustizia, magari per evitare che gli ammazzassero i parenti.
La Corte costituzionale ha spiegato che così nega il principio del fine rieducativo della pena affermato nell’articolo 27. Sicché il governo Meloni è stato costretto a mettere mano alla legge. Intendiamoci: sfuggire all’ergastolo ostativo in assenza di pentimento resta quasi impossibile, ma perché non ci siano dubbi l’idea è di tornare alla vecchia formulazione. Ma come fare se la vecchia formulazione è incostituzionale? Facile, si cambia la Costituzione. Così la vecchia formulazione per magia diventa costituzionale.
E pazienza se per farlo bisogna toccare un principio fondante (“significherebbe decostituzionalizzare la Costituzione”, è stato saggiamente detto). Una volta Gabriele D’Annunzio disse che “se il destino è contro di noi, peggio per lui”. Più modestamente, per Piantedosi “se la Costituzione è contro di noi, peggio per lei”.