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di Liana Milella

La Repubblica, 28 agosto 2022

Il vice presidente del Csm: “Purtroppo sulla giustizia si è investito sempre troppo poco. Negli ultimi decenni l’efficienza non è stata la priorità. E adesso se ne paga il prezzo”.

“Siamo a corto di giudici e lo saremo fino al 2024, quindi prepariamoci ad affrontare un’emergenza grave che chiama tutti al senso di responsabilità. Anche chi, in questa campagna elettorale, sventola solo bandierine che centrano poco i veri problemi”. Il vice presidente del Csm David Ermini lascia da parte il savoir faire e affronta a brutto muso il caso giustizia.

Fondi del Pnrr (2,3 miliardi), concorsi per le toghe (oltre 800), assunzioni di cancellieri (2.700 nel 2021), ma da Roma, e non solo, l’allarme per i processi bloccati proprio perché mancano i giudici è fortissimo. Di chi è la colpa?

“Purtroppo sulla giustizia si è investito sempre troppo poco. E negli ultimi decenni l’efficienza non è stata la priorità. E adesso se ne paga il prezzo. Sulle assunzioni il Csm non ha alcuna competenza, però siamo coinvolti lo stesso. Gli ultimi governi hanno tentato di recuperare sul fronte della mancanza sia del personale che dei magistrati. Ma purtroppo, vuoi per la lentezza delle procedure, vuoi per la necessità di assicurare una selezione accurata, il numero delle toghe in servizio è in perenne discesa”.

Non mi dica che i concorsi in itinere da 310 e 500 posti non risolveranno la situazione...

“Dico soltanto che da qui al 2024 non potranno entrare in ruolo i nuovi giudici....”.

Non è possibile, così si va verso la catastrofe...

“Purtroppo tutti voi non sapete come funzionano questi concorsi. Adesso glielo spiego. Quello da 310 posti del 2020 è stato falcidiato allo scritto, sono rimasti in lizza 200 candidati che stanno ancora sostenendo le prove orali. Anche ammesso che la gran parte venga promossa, poi dovranno affrontare il tirocinio, e poi chiedere la sede. Quindi fino al 2024 non se ne parla. Quello da 500 posti è ancora fermo alla correzione degli scritti”.

Incredibile, ma così, con i prossimi pensionamenti, i tribunali chiuderanno...

“Sono soprattutto preoccupato degli effetti che ciò produrrà sulla funzionalità delle corti d’appello chiamate ad applicare la regola dell’improcedibilità. Qui si rischia la falcidia dei processi”.

E che fa adesso? Attacca anche lei la ministra Cartabia proprio sulla norma più contestata delle sue leggi, quella sull’improcedibilità?

“Ho sempre espresso un giudizio positivo sull’insieme delle riforme, ma ho pure detto che senza un adeguato numero di magistrati, che pure vantano un eccellente tasso di produttività, il rischio era di finire nei guai. Ma qui non posso nascondere la verità: perché la politica non ha affrontato il problema dei concorsi? È chiaro che così come sono adesso non vanno perché ci vogliono 4 anni tra il bando e la presa di possesso della nuova toga. Un tempo assolutamente inaccettabile. Sarebbe necessario, almeno in questa fase emergenziale, ridurre i tempi del tirocinio”.

Un attimo, lo sa che così verrà accusato dal centrodestra di voler mandare in aula giudici impreparati?

“Questa sarebbe una critica incomprensibile oltre che del tutto infondata nel merito; è necessario porre mano a riforme che accelerino le procedure selettive senza però ridurre né il rigore delle prove né la completezza e l’approfondimento che è proprio del periodo di tirocinio”.

Una via non potrebbe essere quella, come chiede proprio la destra, di bloccare i magistrati fuori ruolo?

“Si può arrivare a una razionalizzazione, ma non a eliminare l’istituto. Oggi sono circa 200. E spesso é la politica che li richiede non solo fuori ruolo ma anche a tempo parziale che comunque sottraggono tempo al lavoro ordinario”.

Allora ha ragione il presidente del tribunale di Roma Reali a bloccare le udienze collegiali per sei mesi?

“Innanzitutto ho preso atto di questa misura organizzativa esclusivamente dalla stampa. Al Csm non è ancora arrivata alcuna comunicazione. E comunque ho già allertato la settima commissione e faremo di tutto per evitare il blocco dei processi a Roma”.

E come? Ci anticipa la soluzione?

“Nel caso di Roma la percentuale di scopertura, pari al 14,5%, non risulta allarmante ma è in linea con quella di molti altri tribunali nei quali non sono state adottate analoghe misure draconiane. Parliamo però di un ufficio gigantesco, qui sta il suo unicum, la cui gestione è difficilissima, se non addirittura impossibile. Quando si è messo mano alla revisione della geografia giudiziaria bisognava pensare a creare due differenti cittadelle della giustizia. Ma purtroppo, come sappiamo bene, questi argomenti sono intoccabili per la politica perché quando si parla di modificare la geografia giudiziaria tende a prevalere la tutela del proprio collegio”.

L’indagine di Repubblica rivela che molti tribunali sono in affanno, anche se Cartabia insiste sul cambio di passo. Lei da che parte sta?

“Io so quanto Marta Cartabia ha lavorato, ne sono un buon testimone, e il Csm ha condiviso tanti passaggi difficili, ma qui la coperta è corta da sempre. E sappiamo bene che tanti tribunali vanno avanti grazie al lavoro dei magistrati onorari. La strada riformista, dal ministro Orlando in poi, è stata imboccata, ma se la politica, come vedo anche adesso, non mette da parte le bandierine che servono solo in campagna elettorale, e non s’impegna su assunzioni ed edilizia giudiziaria il bubbone non sarà mai sanato”.

Ancora oggi Berlusconi chiede di separare le carriere, Nordio vuole il sorteggio per il Csm, la Bongiorno la responsabilità civile diretta dei giudici...

“Ognuno ha la sua bandiera da sventolare, ma poi non ci si lamenti se i processi durano anni e quindi, già per ciò solo, sono ingiusti, e sono una pena”.