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di Alessio Ribaudo

Corriere della Sera, 17 gennaio 2024

Ecco perché il 2024 potrebbe essere l’anno record. A Poggioreale l’ultimo decesso, quello di un 38enne. Se continua questo trend potrebbero essere 91 i suicidi fra le sbarre: sarebbe il dato peggiore dal 1992. Dal sovraffollamento alla necessità di più supporto psicologico: viaggio fra le problematiche dei 60mila detenuti in Italia (9mila in più della capienza).

Quattro suicidi nelle prime due settimane dell’anno. Senza considerare altri 14 morti per cause diverse, alcune delle quali in corso di accertamento. Il 2024 è iniziato in modo preoccupante nelle carceri italiane. Se questa triste media fosse rispettata, a fine anno, il bilancio sarebbe quello di 91 detenuti che avrebbero scelto di togliersi la vita dietro le sbarre. Una stima che potrebbe anche essere per difetto visto che, negli ultimi mesi, la popolazione carceraria è aumentata notevolmente. Facendo le debite proporzioni fra popolazione carceraria e quella italiana “libera” si tratta di un tasso 20 volte superiore alla media del nostro Paese.

I suicidi - Non si tratta di ergastolani che davanti al fine pena mai non hanno retto psicologicamente. Tutt’altro. Il primo a togliersi la vita quest’anno era entrato in carcere da pochi mesi: prima a Fermo e, poi, ad Ancona da pochi mesi. Era stato condannato a quattro anni ma aveva già scontato gran parte della pena una misura alternativa ai domiciliari e avrebbe saldato il suo debito con la Giustizia ad agosto di quest’anno ma è stato ritrovato cadavere nel bagno della sua cella di isolamento a “Montacuto”. L’autopsia ha stabilito che la causa è stata “un’asfissia meccanica violenta”. Subito dopo la tragedia, la madre ha sporto denuncia ai carabinieri: “Voglio sapere come è morto mio figlio”.

Si è impiccato anche l’ultimo suicida in ordine di tempo: un 38enne straniero che ha scelto di farla finita all’interno della sua cella a Napoli-Poggioreale. Prima aveva aveva utilizzato lo stesso metodo un 40enne campano con problemi psichiatrici. “Non possiamo continuare ad assistere inermi a questa carneficina - ha commentato Aldo Di Giacomo, segretario del sindacato di polizia penitenziaria - perché sono sempre i detenuti con fragilità a essere destinati a una brutta fine. Queste persone sono abbandonate a se stesse e il governo deve intervenire”. Anche ad Agrigento un 59enne si è impiccato lo scorso 12 gennaio ma a togliersi la vita non sono solo uomini: il 10 gennaio una detenuta nella Casa circondariale di Cuneo è stata ritrovata senza vita. Era in cella da appena 13 giorni. C’è anche chi sceglie di lasciarsi morire per protesta. Un 65enne è morto dopo un lungo sciopero della fame nel carcere di Rieti. Era in attesa di giudizio ed è spirato nel reparto di medicina protetta dell’ospedale “Belcolle” di Viterbo dove era stato ricoverato coattivamente.

La preoccupazione - La fotografia scattata a inizi 2024 preoccupa anche il garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale: “È il preannuncio di un andamento molto simile a quello del 2022 quando si sono contati 85 suicidi nel corso dell’anno: 8 nel mese di gennaio, esattamente 5 nei primi 14 giorni”. Anche il 2023 è stato pessimo: con 68 suicidi è stato il secondo anno peggiore di sempre dal 1992 a oggi. Nell’85,3 per cento dei casi, i detenuti si sono suicidati per impiccamento, nel 5,9 per cento per asfissia con bombola da gas e nel 4,4% per sciopero fame. L’età media è stata di 40 anni ma in 15 non avevano più di 30 anni. A queste triste percentuali si aggiungono che i tentati suicidi, gli atti di autolesionismo. “Gli istituti in cui si sono registrati più suicidi sono Torino, Terni, Regina Coeli a Roma e San Vittore a Milano dove si sono uccise quattro persone a istituto - spiegano dall’associazione Antigone - ma se ne sono uccise tre a carcere anche a Verona, Venezia, Taranto, Santa Maria Capua Vetere, Pescara e Milano Opera”.

Le cause - Il fenomeno non è affatto facile da affrontare perché è figlio di numerosi problemi che si sommano. Dalla paura della “nuova” vita fra le sbarre al fine pena mai passando per le droghe o problemi psichiatrici. Proprio il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi, David Lazzari, ha sollevato il problema del supporto psicologico e ha inviato una lettera al capo dipartimento del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) per sottolineare come sia “cruciale l’inserimento degli psicologi in maniera stabile e strutturale in pianta organica nelle carceri”. Poi ha aggiunto: “la complessità del suicidio rende necessario un lavoro di staff che male si fa con chi è presente poco in termini di ore e di visibilità e, inoltre, per provare a incidere sulle molteplici cause di fatti così gravi è necessario a nostro avviso saper leggere il contesto per agire anche con e sull’organizzazione”.

Il sovraffollamento - A partire da quello grave di sovraffollamento. Al 31 dicembre 2023 nei 189 istituti penitenziari italiani, stando ai dati forniti dal Ministero di grazia e giustizia , a fronte di una capienza da 51.179 detenuti ne risultavano 60.166 fra cui 2.541 donne (con 20 figli in cella con loro). Solo negli ultimi tre mesi - dal 14 ottobre al 14 gennaio - l’aumento è stato di 1.196 presenze, quindi, quasi 400 al mese. Stando ai dati del Garante nazionale l’indice attuale dell’affollamento delle carceri - alla data del 14 gennaio 2024 - è addirittura del 127,54 per cento “con punte di sovraffollamento del 232,1% nella Casa circondariale di San Vittore a Milano, del 204,9% nella Casa circondariale di Canton Mombello a Brescia, del 204,4% in quella di Lodi, 195,3 in quella di Foggia”. Una tendenza che da mesi preoccupa. “È senza battute d’arresto ed è fenomeno in atto da un anno, con una progressione preoccupante rispetto ai precedenti - chiosa il Garante - perché se alla fine del 2022 la popolazione detenuta era aumentata di circa 2.000 unità rispetto a dicembre del 2021, l’aumento registrato al 30 dicembre 2023 è esattamente del doppio, con circa 4mila persone detenute in più”. C’è di più. In 15mila sono in carcere ma non scontano una condanna definitiva. Addirittura 9.259 sono in attesa del primo giudizio. Custodia cautelare che spesso si trascorre in strutture vetuste o passibili di ricorsi per lo scarso spazio per detenuto.

Le struttura - Per Antigone “sulle oltre 100 visite compiute negli ultimi 12 mesi dall’Osservatorio sulle condizioni di detenzione dell’associazione, in 25 istituti, il 33%, c’erano celle in cui non erano garantiti 3 metri quadri calpestabili per ogni persona detenuta”. Ecco perché “il numero di ricorsi da parte di persone che lamentavano di essere state detenute in condizioni degradanti è in costante aumento dalla fine della pandemia”. Secondo un report dell’associazione i ricorsi accolti sono stati infatti 3.382 nel 2020, 4.212 nel 2021 e 4.514 nel 2022. C’è anche una questione strutturale. “Preoccupa lo stato fatiscente di molti istituti perché il 31,4 % delle carceri visitate è stato costruito prima del 1950, la maggior parte di questi addirittura prima del 1900 mentre nel 10,5% non tutte le celle erano riscaldate e nel 60,5% c’erano celle dove non era garantita l’acqua calda per tutto il giorno e in ogni periodo dell’anno o nel 53,9% celle senza doccia (benché il termine ultimo per dotare ogni cella di doccia fosse stato posto a settembre 2005). Ci auguriamo quindi che il 2024 riapra una grande discussione nel paese sul carcere e sulle finalità della pena e si capisca che abbiamo bisogno di più misure alternative, di prendere in carico le persone - soprattutto quelle con dipendenza o disagio psichico - all’esterno, evitando che il carcere diventi un luogo di raccolta di marginalità e emarginazione”.

Le proposte - Quella del ricorso alle misure alternative al carcere per chi ha ricevuto condanne sotto i due anni di reclusione riguarderebbe oggi più di 4mila detenuti. “Tali misure - concorda il Garante - potrebbero ricondurre il sistema al rispetto della dignità della vita delle persone detenute e della finalità risocializzante della pena, anche nella prospettiva di prevenire quel disagio che è molto spesso dietro gli atti di suicidio in carcere”. Meno percorribile sempre, sul breve, la costruzione di nuove carceri. “Lo stato di sovraffollamento degli Istituti penitenziari italiani non può attendere i tempi di progetti edilizi di diverso genere - spiega - e non è colmato dalla realizzazione dei nuovi otto padiglioni inseriti dal precedente Governo nel Pnrr, poiché essi potranno ospitare non più di 640 persone: una goccia rispetto all’eccedenza attuale di 13mila detenuti rispetto ai posti disponibili”. Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, lancia “oggi l’allarme sul sistema penitenziario italiano, prima che si arrivi a condizioni di detenzione inumane, degradanti e la politica ponga il tema del carcere al centro della propria agenda e accetti di discuterlo senza preconcetti ideologici o visioni di parte. Andando avanti di questo passo, tra 12 mesi, l’Italia sarà nuovamente ai livelli di sovraffollamento che costarono la condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione dell’articolo 3 della Convenzione Edu”.