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di Paola Rossi

Il Sole 24 Ore, 17 febbraio 2024

Lo sconto derivante dal rito ha natura sostanziale e il giudice non può procedere al calcolo partendo dall’ergastolo astrattamente comminato, ma applicato nella misura dei 30 anni. Per l’applicazione della disciplina della continuazione da parte del giudice dell’esecuzione va considerata come violazione più grave quella per la quale è stata “inflitta” la pena più grave, anche quando per alcuni reati si è proceduto con giudizio abbreviato. L’interpretazione normativa prevede, quindi, che quando per uno dei reati posti in continuazione a seguito dello sconto di pena derivante da giudizio abbreviato siano stati comminati trenta anni di reclusione al posto dell’ergastolo il giudice dell’esecuzione è tenuto a stabilire la pena conclusiva - in relazione a quelle relative a più fatti oggetto di condanna - fondando il calcolo aritmetico sulla base della pena scontata per poi procedere agli aumenti. Viene quindi escluso che il calcolo possa fondarsi sulle pene comminate “al lordo dello sconto” per il rito abbreviato per poi procedre alla riduzione di un terzo sulla somma di quelle che sarebbero state astrattamente comminate senza le riduzioni. Ciò deriva dalla natura sostanziale - e non meramente processuale - delle conseguenze per chi accede ai riti diversi da quello ordinario da cui derivino trattamenti sanzionatori più mitigati in termini di libertà personale. Il quadro di tali chiarimenti deriva dalla sentenza n. 7029/2024 depositata dalla Sezioni Unite penali della Corte di cassazione.

In sintesi, il massimo consesso nomofilattico della Suprema Corte ha affermato che:

- ai sensi dell’articolo 187 delle Disposizioni di attuazione del Codice di procedura penale, il giudice dell’esecuzione deve considerare come “pena più grave inflitta”, che identifica la “violazione più grave”, quella concretamente irrogata dal giudice della cognizione come indicata nel dispositivo di sentenza;

- ai sensi degli articoli 671 del Codice di procedura penale e 187 delle Disposizioni di attuazione del Codice di procedura penale, in caso di riconoscimento della continuazione tra reati giudicati separatamente con rito abbreviato, fra cui sia compreso un delitto punito con la pena dell’ergastolo per il quale il giudice della cognizione abbia applicato la pena di anni trenta di reclusione per effetto della diminuente di un terzo ex articolo 442, comma 2, terzo periodo, del Cpp (nel testo vigente sino al 19 aprile 2019), il giudice dell’esecuzione deve considerare come “pena più grave inflitta” che identifica la “violazione più grave” quella conseguente alla riduzione per il giudizio abbreviato.

Infine, in applicazione della regola secondo cui in caso di reati giudicati separatamente con rito abbreviato tra i quali sia compreso uno punito con la pena dell’ergastolo, ma in sede di cognizione sia stata inflitta in concreto la pena di trenta anni di reclusione il riconoscimento della continuazione resta contenuto nel limite dei trent’anni. In effetti, nel caso concreto risolto dalle sezioni Unite il calcolo ora annullato operato dal giudice dell’esecuzione che applicava lo sconto di pena di un terzo sulla somma delle condanne astrattamente inflitte aveva comportato il superamento del limite dei trenta anni.