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di Giulia Mentasti

sistemapenale.it, 17 ottobre 2023

Il 5 ottobre 2023 il Dipartimento per la Giustizia minorile e di Comunità presso il Ministero della Giustizia ha diffuso una circolare - che può leggersi in allegato - in materia di esecuzione penale esterna e probation. La circolare, firmata dal Capo Dipartimento dott. Antonio Sangermano, muove dalla constatazione che il 2 ottobre 2023 hanno preso servizio presso gli Uffici territoriali di esecuzione penale esterna 29 dirigenti penitenziari e che ciò rappresenta la “più consistente iniezione di funzionari apicali da molti decenni a questa parte”.

A fronte di questo nuovo assetto, si tracciano, dunque, nuove linee operative - rivolte agli Uffici interdistrettuali, distrettuali e locali di esecuzione penale esterna - volte a realizzare anche in Italia una moderna ed efficace agenzia di probation. Sulla spinta delle recenti modifiche normative in materia penale, le linee guida ministeriali si propongono di razionalizzare e organizzare i servizi dell’esecuzione penale esterna e i suoi ambiti di intervento.

A tal fine la circolare individua quattro direttrici lungo le quali si snoderanno le attività (e le nuove metodologie) della Giustizia di Comunità.  Un primo ambito di intervento del sistema di esecuzione penale esterna è sicuramente quello relativo al cd. ‘studio di fattibilità’, vale a dire la raccolta di tutti gli elementi che serviranno all’autorità giudiziaria per decidere in merito alla concedibilità delle misure e sanzioni di comunità.

Quanto alle fonti di questa fase istruttoria, la circolare indica, in primis, la rilettura congiunta (dell’operatore insieme alla persona condannata) della “storia del fatto-reato rintracciabile nella motivazione del provvedimento giudiziario”; a questo dovrà, però, affiancarsi la conoscenza diretta della persona condannata, indispensabile per la valutazione prognostica in materia di recidiva, mediante (inedite) metodologie di risk assessment ricavate dai più recenti approdi delle scienze criminologiche; ancora, accanto ai tradizionali strumenti dell’istruttoria socio-familiare, dovrà trovare spazio la consultazione di “ogni fonte di informazione online liberamente disponibile” come profili pubblici dei social network e banche dati.

Secondo la circolare, le informazioni raccolte in questa prima fase serviranno, oltre che per la decisione del giudice, anche per tracciare una scala di priorità e di consistenza degli interventi trattamentali da compiere, parametrati al rischio di recidiva stimato, alla gravità dei fatti di reato, alle caratteristiche individuali e ai fattori di rischio e di protezione del contesto familiare.

Un secondo ambito di intervento viene individuato nella concreta progettazione di percorsi penali per le persone prese in carico, mirati stimolare e sostenere la acquisizione di consapevolezza rispetto al fatto-reato e, al contempo, a proporre occasioni e opportunità di riparazione.

Sul punto la circolare sottolinea la ‘radicale innovatività’ rispetto al passato e la “valenza intrinsecamente (e potentemente) rieducativa dell’incontro della persona in esecuzione penale con la quotidiana normalità, pur con tutte le precauzioni e accortezze che un progetto educativo ben strutturato può e deve contenere”. Si mira, in altri termini, a superare il mero rapporto diadico tipico del colloquio tra operatore e utente in vista della costruzione di una “rete di occasioni, attività, incontri, restituzioni” tra il condannato e la comunità.

La costruzione di vere e proprie ‘reti territoriali’ metterà a disposizione degli operatori ‘cataloghi di opportunità trattamentali’ fruibili nella comunità alle quali il condannato verrà indirizzato mediante un attento matching tra bisogni individuali, obiettivi e strumenti sanzionatori e trattamentali.

Un terzo ambito di intervento ricomprende i compiti di verifica, controllo e sostegno nello svolgimento dei programmi di trattamento, con particolare attenzione alle esigenze di ricalibrazione dei contenuti.

La circolare sottolinea la necessità di adottare in questa fase efficaci strumenti di monitoraggio e controllo, in grado di rilevare in tempo reale “le tappe percorse, le battute d’arresto subite, i gradi d’avanzamento e successi riportati”.

In materia, per vero, si assiste a un radicale mutamento del contenuto del controllo: se tradizionalmente il monitoraggio riguardava obbligazioni negative (es. dovere di astenersi da azioni, frequentazioni, spazi…) ora il paradigma della giustizia di comunità introduce impegni di contenuto positivo - obbligazioni di facere - al servizio della collettività. Ne consegue che anche l'oggetto del monitoraggio e del controllo cambia: in via esemplificativa, si dovranno assumere dagli enti presso i quali le attività vengono svolte elementi ben più pregnanti della mera presenza fisica, indicativi, piuttosto, della “qualità dell’impegno, della capacità di sviluppare relazioni corrette e positive, lo sviluppo di un atteggiamento cooperante nella applicazione e nella condivisione delle regole esistenti nel luogo di inserimento”.

Infine, un quarto e ultimo settore di intervento viene individuato nella restituzione alle autorità giudiziarie competenti di una completa e accurata valutazione - resa possibile dagli strumenti sopra indicati - del percorso compiuto e del rischio di recidiva.

Se le linee operative tracciate dalla circolare chiariscono la (nuova) mission del sistema dell’esecuzione penale esterna e le sue metodologie, inevitabilmente - si legge nelle conclusioni - si renderanno necessarie “specifiche indicazioni relative al come realizzare al meglio il compito istituzionale” cui sono ora chiamati gli Uffici di esecuzione penale esterna, nonché una complessiva rivisitazione dell’operatività degli Uffici.