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di Paolo Lepri

Corriere della Sera, 28 gennaio 2023

L’uomo che ha svelato ad un mondo distratto che quel conflitto è stato uno dei più sanguinosi del ventunesimo secolo, provocando la morte di circa 600.000 civili. È un professore belga di geografia, Jan Nyssen, l’uomo che con le ricerche del suo team ha svelato ad un mondo distratto che il conflitto in Etiopia - due anni di combattimenti tra l’esercito di Addis Abeba, affiancato dalle milizie amhara e da reparti militari eritrei, e il Fronte di liberazione del Tigray - è stato uno dei più sanguinosi del ventunesimo secolo, provocando la morte di circa 600.000 civili. Di questo incredibile numero di vittime, che supera in una atroce classifica dell’orrore quanto è avvenuto in Siria e nello Yemen, hanno parlato, dopo di lui, anche l’Alto rappresentante europeo per la politica estera Josep Borrell e il mediatore dell’Unione africana per il Corno d’Africa, l’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo. “È stata usata la fame come arma di guerra”, ha detto a El País il docente dell’università di Gand, che da tempo dedica i suoi studi a quest’area di crisi di un continente instabile.

Le ricerche di Nyssen - che ha sessantacinque anni, è nato a Voeren, nella provincia fiamminga del Limburgo, e ha fatto il postino a Liegi mentre si manteneva agli studi - si sono basate, come ha spiegato al quotidiano spagnolo, sulle vittime di bombardamenti e massacri, i morti per mancanza di assistenza medica dovuta alla chiusura o allo smantellamento delle strutture sanitarie e le persone che hanno perso la vita per carenza di alimenti. Il blocco degli aiuti umanitari - cui è stato impedito di arrivare a destinazione - ha aggravato la situazione in modo irreparabile. Secondo i calcoli dell’équipe belga varie centinaia di persone sono state uccise ogni giorno dalla denutrizione.

Nel novembre scorso è stata raggiunta una fragile pace, che lascia aperti enormi interrogativi sul futuro, il primo dei quali riguarda il ritorno dei profughi. Rimane aperta, naturalmente, la questione delle responsabilità. A essere chiamati in causa sono soprattutto il premier etiope Abiy Ahmed Ali (paradossalmente insignito nel 2019 del premio Nobel per la pace) e il dittatore eritreo Isaias Afewerki. “Si è voluto - ha affermato Nyssen - convertire il Tigray in un nuovo Biafra. Privare la popolazione civile del cibo è un crimine di guerra, ma sembra che nessuno ne risponderà”. Una profezia, questa, destinata purtroppo ad avverarsi.