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di Errico Novi

Il Dubbio, 21 febbraio 2024

Dietro la proposta di Colosimo, presidente meloniana della commissione Antimafia, di considerare “impresentabile” chi ha un lontano cugino condannato per 416 bis, ci sono le revisioni garantiste che a breve la stessa Bicamerale dovrà introdurre nei criteri per la formulazione di queste black list: Meloni e i suoi vogliono “espiare” così la colpa di tutte le riforme liberali. Un dato c’è: la commissione Antimafia, di “black list”, ne ha già indicata una. Riguarda, com’è noto, le elezioni in Sardegna di domenica prossima. Meno noto è che, tra i 7 candidati “segnalati” dalla Bicamerale, solo uno ha già subito almeno una condanna in primo grado.

Gli altri 6 sono stati solo rinviati a giudizio. In alcuni di questi casi il dibattimento non è neppure è iniziato. Siamo cioè in presenza della più conclamata violazione di un principio costituzionale: la presunzione di non colpevolezza. Che in realtà dovrebbe valere anche per quell’unico destinatario, un candidato di una lista progressista (di cui qui si omette volutamente il nome), già riconosciuto colpevole, ma solo in primo grado, per traffico di droga, e in ogni caso in attesa di vedersi riconosciuto innocente dalla Corte d’appello di Cagliari, dinanzi alla quale ha fatto ricorso. Tanto per essere chiari, il quadro delle black list, in concreto, è quello descritto un attimo fa.

Il resto sono ipotesi, di cui a Palazzo San Macuto di cui si discute in vista sia dell’election day di giugno (quando si celebreranno le Europee e le Comunali) sia delle Regionali programmate, per la primavera, in Abruzzo, Basilicata, Piemonte e Umbria. Certo pesa la prospettiva avanzata dalla presidente dell’Antimafia Chiara Colosimo, di FdI, nell’ultimo ufficio di presidenza: estendere l’ignominia, lo stigma della “impresentabilità” (che ovviamente non implica un’automatica decadenza dalle liste ma certo compromette in modo irreparabile l’immagine del segnalato) anche a chi non ha mai commesso lo straccio di un reato, né è stato mai neppure sfiorato da un’indagine, ma che ha sulle proprie spalle la più assurda, per non dire vergognosa, delle aberrazioni prodotte dalla retorica e dallo stesso codice antimafia: il “reato di parentela”.

In pratica, come ha chiarito La Stampa, Colosimo ha proposto - per ora, come detto, non all’intera commissione bicamerale ma al solo ufficio di presidenza - di applicare le norme sugli impresentabili anche a chi ha parenti condannati in via definitiva per reati di criminalità organizzata. Parenti fino al quarto grado, che significa, per dire, anche cugini alla lontana.

Come ampiamente ricordato in queste stesse pagine dal deputato azzurro e vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, Forza Italia è quanto meno perplessa. La stessa Lega attende di leggere una formulazione definitiva della proposta Colosimo. Va ricordato che, tecnicamente, il discorso riguarda il cosiddetto “codice di autoregolamentazione dei partiti”, cioè il criterio con cui le forze politiche dovrebbero preventivamente escludere certi candidati, criterio al quale poi la commissione Antimafia si attiene nell’additare, a liste ufficializzate, quei nomi proposti all’elettorato “a dispetto” del suddetto codice.

Già oggi, insomma, anche grazie alle “strette” volute nella scorsa legislatura dal predecessore di Colosimo, Nicola Morra, le “violazioni” alla “autoregolamentazione” rappresentano un prodigio di incostituzionalità: pur prive di effetti giuridici, provengono comunque da un’articolazione importantissima del Parlamento. Ed è incredibile che il potere legislativo violi, con un proprio atto, l’articolo 27 della Costituzione. Non a caso, anche alla luce della ghigliottina inflitta ai 7 presunti innocenti impallinati dieci giorni fa, dalla commissione Antimafia, in vista delle Regionali sarde, la vera urgenza della Bicamerale di piazza San Macuto sarebbe quella di rivedere alcuni aspetti delle “norme” su queste black list di “impresentabili”, in modo da renderle meno offensive dell’articolo 27 e anche del 24, che garantisce il diritto di difesa, guarda un po’, anche a chi sia stato condannato in primo e secondo grado.

Ecco, in vista delle modifiche, non è escluso che Fratelli d’Italia, e Colosimo innanzitutto, abbiano voluto bilanciare in via preventiva le future “attenuazioni” delle norme di Nicola Morra. Come ipotizzano fonti della stessa alleanza di governo, i meloniani vorrebbero tentare di “espiare” pregresse e future “colpe garantiste” proprie e dell’intera maggioranza (8”compresa l’abolizione dell’abuso d’ufficio...”) con una stretta in quel campo, la lotta alla mafia, in cui già oggi le stesse leggi dello Stato, in effetti, sfidano la Costituzione.

Basti pensare alle misure patrimoniali di prevenzione inflitte, anche sotto forma di confische, quindi in modo irreversibile, persino a chi è stato assolto in via definitiva, per quegli stessi reati, in un processo penale. È il noto caso dei fratelli Cavallotti, che ora “rischiano” di ottenere giustizia dalla Corte europea dei Diritti dell’uomo. Ma nonostante la probabile sanzione che arriverà per l’Italia da Strasburgo, una parte della maggioranza, Fratelli d’Italia in particolare, insiste nel voler fare dell’antimafia la materia che bilanci qualsiasi apertura in senso garantista. Dall’abolizione dell’abuso d’ufficio alle correzioni che, appunto, andranno praticate a breve, dalla stessa commissione Antimafia, sul nodo “impresentabili”.